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martedì 29 novembre 2011

Sulla ricezione dei convertiti nella Chiesa Ortodossa

Dell’Archimandrita Amvrosij (Pogodin)

Un lungo (la materia è estremamente delicata e complessa) ma molto interessante saggio che traccia una panoramica esauriente su una materia estremamente dibattuta. Pubblicato in origine in Vestnik Russkogo Khristianskogo Dvizheniya (Messaggero del movimento cristiano russo) Parigi-New York-Mosca, n. 173 (I-1996) e 174 (II-1996/I-1997).

Nota storica

Questo saggio cerca di passare in rassegna il problema di come le persone provenienti da altre confessioni cristiane debbano essere ricevute in seno alla Chiesa Ortodossa. Può il battesimo degli eterodossi, conferito loro dalle proprie chiese, essere accettato se è fatto nello stesso spirito e comprensione con cui è conferito nella Chiesa Ortodossa (ovvero, per tripla immersione nel nome del Padre, del Figlio e del Santo Spirito)? Possono tali persone essere ricevute nella Chiesa Ortodossa mediante la rinuncia a tutte le eresie, la confessione della Fede ortodossa, e cresima per completare ciò che era mancante prima dell'accettazione della Fede ortodossa? Oppure, in altri casi, si dovrebbero ricevere le persone sulla base della rinuncia all'eresia, penitenza e confessione della Fede ortodossa? Oppure l'efficacia del mistero battesimale compiuto in tutte le chiese eterodosse dovrebbe essere rifiutata come carente di grazia? In tal caso, si dovrebbe ricevere tali persone nella Chiesa Ortodossa esclusivamente battezzandole e cresimandole?

Tale questione è sempre stata un problema significativo nella storia della Chiesa. Fu considerata dalla Chiesa antica (1), dai Santi Padri, dai canoni degli antichi Concili locali e dai Concili ecumenici, da decisioni posteriori di singoli Concili di Chiese locali, e in certi casi, da editti di sovrani ortodossi. Per noi, che viviamo all'estero tra gli eterodossi, questo problema non è tanto accademico quanto pratico, parrocchiale e pastorale. Nelle nostre parrocchie incontriamo costantemente, in misura più o meno ampia, un influsso di eterodossi, alcuni dei quali in seguito entrano a far parte della Chiesa Ortodossa come chierici e laici. I matrimoni misti sono avvenimenti comuni nella nostra parrocchia, e offrono occasioni di accogliere nuovi convertiti nella Chiesa Ortodossa.

Nei tempi attuali, tale questione è tuttora all'ordine del giorno. Le regole promulgate dalla Chiesa devono guidare e assistere saggiamente il parroco in questa situazione missionaria. È essenziale che tali regole, quando queste appaiono sotto nuove forme in connessione con le circostanze e condizioni correnti del mondo, riflettano sia la stabilità e la tradizione della Fede ortodossa, sia la sapienza e l'amore della Madre Chiesa. Nell'ottavo secolo, San Giovanni Damasceno scrisse che la legislazione della Chiesa deve respirare con uno spirito di amore e di condiscendenza. (2) Tanto più ce lo dovremmo aspettare oggi, in questi tempi difficili per la Chiesa Ortodossa e per tutto il cristianesimo; tempi in cui "...il mistero dell'iniquità e già all'opera" (3), come testimoniato dall'ateismo, dall'abbandono della Chiesa, dall'indifferenza e da molti altri mali spirituali. La Chiesa ortodossa, pur evitando ogni tipo di compromesso, deve soprattutto mostrarsi come una madre amorevole rispetto a quegli eterodossi che, con fede e amore, vengono a lei da altre confessioni cristiane.

Se mantenute in questa prospettiva, le regole della Chiesa saranno vitali e condurranno alla diffusione dell'Ortodossia nel mondo. La storia è una meravigliosa maestra di vita. Presenteremo qui la storia di come si sia risolto il problema della ricezione degli eterodossi nell'Ortodossia: 1) nella Chiesa universale, 2) nella Chiesa russa, 3) nella Chiesa greca del XVIII secolo, e infine, 4) come tale questione è vista dalle Chiese ortodosse nel tempo presente. (4)

La ricezione dei convertiti nella Chiesa antica

Dato che faremo riferimento ai canoni della Chiesa, ovvero alle sue leggi e decisioni, è opportuno notare che ogni canonista, prima di applicare un qualsiasi canone, deve tener conto di quando e in quali circostanze il canone è stato scritto e a chi si riferisce. Quindi deve vedere se il canone particolare esprime una posizione fondamentale come principio stesso della Chiesa, oppure se riflette meramente un tempo particolare, ed è stato emendato da successive legislazioni della Chiesa, (5) e come la legislazione decisionale della Chiesa considera ciò che fu promulgato durante i successivi Concili Ecumenici. I canoni sono cambiati poiché sono mutate le circostanze stesse della vita della Chiesa. L'insegnamento dogmatico della Chiesa è divenuto più preciso; antiche eresie si sono perse per strada e altre nuove hanno preso il loro posto. Anche la struttura esterna del governo della Chiesa è cambiata e nuove condizioni sono sorte nella vita della Chiesa. I canoni della Chiesa sono riflessi dell'organismo vivente della Chiesa, e pertanto, nel considerare questo o quel canone, dobbiamo fare un'indagine completa nel suo spirito, tenendo conto delle circostanze sopra elencate.

Il battesimo è il sacramento fondamentale della Chiesa cristiana. È stato comandato dal nostro Signore Gesù Cristo e compiuto dai santi apostoli, (6) dai vescovi e dai presbiteri che essi incaricarono e dai loro successori. I primi Santi Padri e i canoni della Chiesa parlano del sacramento del battesimo. (7) La santa Chiesa amministrava il battesimo come proprio sacramento di base. Così l'Apostolo Paolo scrive, "...Un solo Signore, una sola fede, un solo battesimo." (8) In considerazione del significato eccezionale di questo sacramento, la santa Chiesa intraprese ogni sforzo per assicurarsi che nessuno dei suoi membri, per qualsiasi ragione, fosse lasciato senza battesimo, e, d'altro canto, per assicurarsi che nessuno fosse battezzato più di una volta, in quanto questo sacramento - per analogia con la nascita naturale, come reale nascita di una persona in Cristo per la vita eterna, - non si può ripetere, cosa che è rimasta impressa negli antichi simboli della fede, e che si trova nel nostro stesso Credo. Questi due elementi: la preoccupazione di assicurarsi che nessun membro della Chiesa resti senza un vero battesimo e la non-ripetizione del battesimo valido, si possono trovare espressi anche nella legislazione ecclesiastica successiva. (9) Lo vediamo dapprima nei Canoni Apostolici 46 e 47: il primo vieta strettamente al vescovo o al presbitero di riconoscere il battesimo eretico come valido; (10) nel secondo, al vescovo o presbitero è strettamente vietato ripetere un battesimo di qualcuno che già ha un battesimo valido. (11)

Così, il Canone Apostolico 46 parla dell'inammissibilità del battesimo eretico. Subito dopo il testo di tale canone vi è questa spiegazione nell'edizione fatta dal Santo Sinodo [russo]:

"Questo Canone Apostolico si riferisce agli eretici ai tempi degli apostoli, che offendevano i principali dogmi di Dio il Padre, Figlio e santo Spirito, e dell'Incarnazione del Figlio di Dio. I seguenti canoni sono diretti ad altri tipi di eresie: I Concilio Ecumenico 19, Laodicea 7 e 8, VI Concilio Ecumenico 95, e Basilio il Grande. 47."(12)

Così, questo Canone Apostolico si riferisce agli eretici le cui eresie non solo distorcevano gli insegnamenti della Santa Chiesa, ma che ben difficilmente potevano essere chiamate "cristiane". Esse consistevano in un miscuglio fantasioso di giudaismo e cristianesimo, o di una filosofia pagana con una colorazione superficiale di cristianesimo, che somigliava ai misteri orientali frammisti di elementi fantastici. Il Prof. Posnov nel descrivere queste eresie conclude: "Le distorsioni giudeo-cristiane e pagano-cristiane non erano eresie cristiane in un senso reale." (13) Riguardo alle eresie che apparvero al termine del secondo e terzo secolo su suolo cristiano, queste consistevano in complete assurdità in senso dogmatico. La "Lettera circolare dei Patriarchi orientali" del 1848 definisce rettamente queste eresie "mostruosità" e "patetiche immaginazioni e fantasie di persone misere." (14) Anche un'eresia come il montanismo, più vicina alla struttura della Santa Chiesa, era molto distante dall'autentico insegnamento della Chiesa, e introduceva una nuova rivelazione che sarebbe stata data a Montano, e sulla cui base si fondava la visione del mondo della setta. (15) Anche se il loro battesimo si faceva nel nome della Santa Trinità, l'aggiunta della formula "e nel nome dello spirito di Montano" invalidava tutti i battesimi.

Così, i Canoni Apostolici hanno in vista eretici specifici e si riferiscono a quei tempi antichi. (16) È chiaro che la Chiesa non avrebbe potuto accettare in alcun modo tali eretici come cristiani. Tuttavia, tutte queste eresie avevano le loro abluzioni sacre o "battesimi." Un "battesimo" in una forma o in un'altra è comune a tutte le religioni. I cosiddetti "Rotoli del Mar Morto" ci mostrano che gli esseni, in aggiunta alla circoncisione, e a pari rango con essa, praticavano un battesimo. (17) Queste abluzioni sacre o "battesimi" degli eretici del II secolo non avevano nulla in comune con il battesimo compiuto nella Chiesa. Il battesimo nella Chiesa comprendeva due elementi: un insegnamento esplicito sulla Santa Trinità, e sull'Incarnazione del Figlio di Dio. Il battesimo eretico mancava di entrambi, e perciò non poteva essere accettato come equivalente del battesimo compiuto nella santa Chiesa. Il Canone 46 dei Canoni Apostolici fu scritto per evitare ogni incomprensione. Queste persone avevano bisogno di essere battezzate nella Chiesa poiché esse, nel giudizio della Chiesa, non erano battezzate. Ma come abbiamo fatto notare, il canone successivo, il 47, vietava la ripetizione di quel battesimo che era stato validamente compiuto.

Il cristianesimo vide un numero non piccolo di eresie durante il III e IV secolo, e all'origine di tali eresie c'erano vescovi o presbiteri eminenti. Come trattare quanti giungevano all'Ortodossia da tali eresie? Con quale metodo dovevano essere ricevuti? All'interno della Chiesa Ortodossa vi fu un'immediata differenza di vedute su questo problema. Alcuni insistevano che fossero ricevuti solo tramite il battesimo, ovvero senza riconoscere come valido il primo battesimo anche se era corretto nella forma (vale a dire, corrispondente al battesimo amministrato nella Chiesa Ortodossa). Altri mantenevano un punto di vista più tollerante, accettando come valido il battesimo compiuto da alcuni eretici, poiché era stato compiuto nel nome della Santa Trinità, e non richiedevano a quanti rientravano nell'Ortodossia dall'eresia di essere ribattezzati. Una linea più rigida fu presa da Tertulliano (egli stesso un montanista), San Cipriano di Cartagine, Firmiliano di Cesarea, ed Elano di Tarso. San Cipriano, avvocato della linea rigorosa, convocò due concili a proposito (255-256) e insistette che gli eretici non venissero ricevuti in altro modo che con il battesimo. Santo Stefano, Papa di Roma (253-257) si poteva considerare un sostenitore della linea più tollerante, e la sua posizione, secondo il famoso Hefele, fu sostenuta dai vescovi orientali. Allo stesso tempo in cui San Cipriano con un concilio di 71 vescovi insisteva che gli eretici mancano di ogni grazia, e che per questa ragione i loro atti sacri sono invalidi, Santo Stefano riceveva gli eretici penitenti con l'imposizione della mano del vescovo sul loro capo. Questo era fatto secondo la pratica tollerante, che era sostenuta da altri vescovi occidentali. Leggiamo in un antico decreto del Concilio di Arles (Canone 8):

"Se qualcuno viene alla Chiesa dall'eresia, gli si chieda di recitare il Credo; e se si vedrà che è stato battezzato nel Padre, nel Figlio e nel Santo Spirito [in Patre et Filio et Spiritu Sancto esse baptizatum] gli si imporranno soltanto le mani affinché possa ricevere lo Spirito Santo. Ma se non è stato battezzato nel nome della Santa Trinità, che sia battezzato." (18)

Avendo saputo del decreto del Concilio di Cartagine sotto la presidenza di San Cipriano, che imponeva il ri-battesimo degli eretici che entravano nella Chiesa, dapprima il Papa Santo Stefano chiese l'abrogazione di tale decreto, minacciando la scomunica e, dato che l'abrogazione non ebbe luogo, scomunicò in seguito San Cipriano. (19)

È interessante notare che i canonisti orientali trattano in modo critico le decisioni dei concili di Cartagine. Così Zonaras, commentando il Canone 7 del Secondo Concilio Ecumenico, che prescrive la ricezione di certi tipi di eretici senza ribattezzarli, nota il decreto di San Cipriano, del quale dice:

"Così, le opinioni dei Padri riuniti in concilio con il grande Cipriano non si riferiscono a tutti gli eretici e a tutti gli scismatici. Dato che il Secondo Concilio Ecumenico, come abbiamo appena fatto notare, fa un'eccezione per certi eretici e accorda sanzioni per la loro ricezione senza ripetere il battesimo, richiedendo solo la loro unzione con il Santo Crisma, e la rinuncia alle loro eresie e a tutte le altre eresie."

Balsamone definisce il decreto del Concilio di Cartagine "non vincolante, e come tale senza effetto." (20)

Con questi elementi di prova, la nostra analisi mostra che nel III e nella prima parte del IV secolo vi erano due pratiche differenti per la ricezione degli eretici e degli scismatici nella Chiesa Ortodossa: una attraverso il ri-battesimo e l'altra attraverso la penitenza. Tuttavia, la Chiesa Ortodossa, essendo sempre misericordiosa, tendeva verso la visione meno rigorosa.

Anche se il Primo Concilio Ecumenico non diede regole definitive in materia, i suoi tre canoni, 8, 11 e 19, si ispirano alla misericordia verso quanti sono caduti nei tempi di persecuzioni, o a quanti sono fuoriusciti dall'Ortodossia durante lo scisma dei novazioni (21) o nell'eresia di Paolo di Samosata (22). I novaziani, che si definivano "puri e migliori," dovevano essere ricevuti attraverso la penitenza. I paulianisti si dovevano ricevere con il battesimo, poiché il loro insegnamento dogmatico era una distorsione di quello ortodosso, e in seguito i loro chierici potevano essere ricevuti [per ordinazione, N.d.T.] nel clero della Chiesa Ortodossa.

Troviamo un certo numero di principali eresie cristologiche nel IV secolo, quali l'arianesimo, l'apollinarismo e le loro diramazioni, come pure altre eresie relative al dogma della Santa Trinità e dell'ipostasi del Santo Spirito (macedoniani). Quanto alla ricezione di questi e altri eretici e scismatici nella Chiesa Ortodossa, possiamo vedere che la Santa Chiesa non aveva ancora formulato a quel tempo decreti decisivi, e che la loro ricezione era governata dalle due pratiche parallele che abbiamo notato in precedenza. Tuttavia, come abbiamo fatto notare, la Chiesa seguiva il sentiero della misericordia e della condiscendenza. San Basilio ne è testimone nel suo Canone 1, in cui dice che la Chiesa può accettare solo quel battesimo che non differisce in alcun modo dal battesimo compiuto nella Chiesa Ortodossa. Un'eresia è definita come "una chiara differenza nella stessa fede in Dio." Pertanto, quegli eretici che appartengono a eresie che distorcono completamente l'insegnamento cristiano dovrebbero essere trattati come privi del battesimo che si compie nella Chiesa, e dovrebbero essere battezzati quando entrano nella Chiesa. Quanto agli scismatici, ovvero quelli che si sono staccati dalla Chiesa sulla base di "dispute ecclesiastiche," essi possono essere ricevuti mediante la penitenza. Inoltre San Basilio si lamenta che talvolta i montanisti vengano ricevuti nell'Ortodossia senza il ri-battesimo, ovvero che il loro battesimo sia accettato come valido. Poiché tale battesimo era fatto "nel Padre, nel Figlio e in Montano o Priscilla," non corrisponde al battesimo compiuto nel nome della Trinità dagli ortodossi. Quindi San Basilio presenta il punto di vista di San Cipriano di Cartagine secondo il quale tutti gli eretici e tutti gli scismatici devono essere ribattezzati quando entrano nella chiesa ortodossa poiché eretici e scismatici sono completamente privi di Grazia. Come risultato di tutto questo dice, "Ma poiché altri in Asia hanno determinato altrimenti, per l'edificazione dei più, si convalidi il loro battesimo." In questo modo San Basilio espresse la propria autorità non con una risoluzione rigorosa del problema ma con una risoluzione misericordiosa e accondiscendente, che serviva al beneficio della Chiesa.

La seguente interpretazione delle parole di San Basilio il Grande è stata data dal Concilio della Chiesa Russa all'Estero, alla sua sessione del 15/28 Settembre 1971:

"Così, San Basilio il Grande, e per bocca sua il Concilio Ecumenico, confermando il principio che non vi è un battesimo genuino al di fuori della Santa Chiesa Ortodossa, permette per condiscendenza pastorale, che è detta economia, l'accettazione di certi eretici e scismatici senza un nuovo battesimo."

Nel periodo tra il Primo e il Secondo Concilio Ecumenico vi fu un Concilio locale a Laodicea (c. 363) che decretò, nel suo Canone 7: "Le persone convertite dalle eresie, vale a dire, quelle dei novaziani, fotiniani, e quartodecimani: ...saranno ricevute per mezzo della rinuncia all'eresia e della cresima." Perciò, vediamo anche qui che la visione tollerante ha prevalso su quella più rigida. Tuttavia, i canoni di San Basilio il Grande e quelli di Laodicea, per quanto autorevoli, non erano ancora legge per tutta la Chiesa universale. C'era bisogno di una decisione di un Concilio Ecumenico. (23) Più tardi, il Sesto Concilio Ecumenico decretò (Canone 2) di accettare i canoni di San Basilio il Grande e i canoni di Laodicea come leggi per tutta la Chiesa. Ciò ebbe luogo più di tre secoli dopo. (24)

Bisogna riconoscere che con le parole di San Basilio il Grande e dei Padri del Concilio di Laodicea la Chiesa determinò un sentiero per la successiva legislazione ecumenica, ovvero il fatto che i decreti (o i canoni) della Chiesa devono essere motivati da uno spirito di tolleranza e tenendo in vista il bene comune della Chiesa Ortodossa. Tuttavia, nel decreto del Sesto Concilio Ecumenico (e prima di esso nei canoni di San Basilio il Grande e del concilio locale di Laodicea) è anche evidente che la Santa Chiesa accettava come genuino quel battesimo che era compiuto nel nome della Santa Trinità anche se il battesimo aveva luogo fuori della Chiesa Ortodossa, ma in tutti i sensi corrispondeva al battesimo compiuto dagli ortodossi. In tal caso viene accettato come genuino ed efficace all'atto della ricezione del convertito nella Chiesa Ortodossa per mezzo della penitenza e della cresima. Inoltre le parole di San Basilio il Grande sono ben chiare quando dice: "Le autorità antiche avevano giudicato accettabile quel battesimo che non scartava alcun punto della fede." [San Basilio, Canone 1] Nel libro dei riti per la ricezione degli eterodossi nell'Ortodossia leggiamo la seguente descrizione in uno dei riti: (25) "Officio per la ricezione nella Fede ortodossa di persone che non sono state in precedenza ortodosse, ma sono state allevate fin dall'infanzia fuori della Chiesa Ortodossa, eppure hanno ricevuto un valido battesimo nel nome del Padre e del Figlio e del santo Spirito, rifiutando tuttavia altri misteri e usanze e mantenendo visioni contrarie a quelle della Chiesa Ortodossa." (26) Se la Santa Chiesa Ortodossa avesse dubitato della genuinità di un tale battesimo non vi è dubbio che non avrebbe mai assoggettato una tale persona, che giunge nel suo seno per la salvezza della propria anima, al pericolo di restare senza il battesimo, il più grande dei sacramenti, motivata da condiscendenza pastorale verso gli eretici e gli scismatici, sulla base dell'economia (ovvero, per il benessere generale della Chiesa), vale a dire accettando un compromesso al prezzo della salvezza dell'anima che la persona affida alla Chiesa! Il battesimo è il sacramento fondamentale della Chiesa senza il quale non si può essere salvati. Se si dovesse tenere conto dei tempi successivi, e dire a buona ragione che i ministri protestanti mancano della successione apostolica e all'ingresso nella Chiesa Ortodossa sono ricevuti come laici, obietteremo facendo notare che nella Chiesa Ortodossa il battesimo può essere compiuto anche da un laico se l'esigenza lo richiede.

Ma torniamo alla lunga storia del problema di ricevere gli eterodossi nella Chiesa Ortodossa. La legislazione decisiva a questo riguardo fu promulgata al Secondo Concilio Ecumenico (A.D. 381) nel suo Canone 7:

"Quegli eretici che giungono all'Ortodossia e alla comunione dei salvati, noi li riceviamo secondo il rito e l'uso prescritto: riceviamo gli ariani, i macedoniani, i novaziani che si definiscono 'puri e migliori,' I quartodecimani, altrimenti noti come tetraditi, così come gli apollinariani, a condizione che offrano libelli (ovvero, abiure per iscritto) e rinuncino a ogni eresia che non mantenga la stessa fede della santa, cattolica e apostolica Chiesa di Dio, e quindi siano segnati con il sigillo, vale a dire, unti con il crisma sulla fronte, sulle orecchie, narici, bocca e orecchie. E mentre sono segnati con il sigillo, diciamo, 'sigillo del dono dello Spirito Santo.' Quanto però agli eunomiani, che sono battezzati con una singola immersione, ai montanisti, detti anche frigi, e ai sabelliani, che insegnano che il Padre e il Figlio sono la stessa persona, e che commettono altre cose abominevoli, e [a quanti appartengono ad] ogni altra eresia - poiché qui ve ne sono molte, soprattutto tra la gente che proviene dal paese dei Galati, - tutti quanto desiderano aderire all'Ortodossia siamo disposti a riceverli come greci [ovvero, pagani]. Di conseguenza, il primo giorno li facciamo cristiani; il secondo giorno, catecumeni; quindi, il terzo giorno, li esorcizziamo con il gesto dei tre soffi sul volto e nelle orecchie; e così li catechizziamo, facendoli aspettare un poco nella chiesa e ascoltare le scritture; e quindi li battezziamo." (27)

In questo modo la Santa Chiesa stabilì le regole su come ricevere quanti giungevano all'Ortodossia dall'eresia. Quanti hanno un battesimo corretto sono ricevuti senza ri-battesimo. Quanti non hanno un battesimo nel nome della Santa Trinità sono ricevuti per mezzo del battesimo. Si deve notare che ariani e macedoniani aderivano a un falso insegnamento sulle persone della Santa Trinità, ma l'effettiva fede nella Santa Trinità, nel Padre, Figlio e Santo Spirito, era presente, ed era sufficiente, nell'opinione della Santa Chiesa, per riconoscere la validità (sufficienza) del loro battesimo.

Con questo canone il Secondo Concilio Ecumenico diede la direzione per come agire in futuro. Hefele nota che i Santi Padri e i dottori della Chiesa, pur accettando come valido il battesimo di certi eretici, nondimeno sentirono necessario dare loro il dono dello Spirito Santo, inerente nella santa Chiesa ortodossa, attraverso la cresima. (28)

Abbiamo già mostrato il paragone tra il Canone 7 del Secondo Concilio Ecumenico con i canoni passati al concilio di Cartagine sotto San Cipriano, assieme all'opinione in materia di Zonaras e Balsamone.

La Chiesa di Cartagine, nel III secolo sotto Cipriano, manteneva una visione tanto rigida da decretare che tutti gli eretici e scismatici entrati nell'Ortodossia fossero ribattezzati senza eccezione. Ma tra il IV e l'inizio del V secolo cambiò le proprie posizioni, e decretò di accettare gli scismatici senza ri-battesimo ma per via della penitenza e del ripudio dell'eresia. Quanti erano in precedenza chierici scismatici erano ricevuti senza ri-ordinazione. 29) Quanto a eretici come gli ariani, i macedoniani e altri, tale questione non fu sollevata al concilio (o più correttamente, un certo numero di concili) a Cartagine.

Secondo la direttiva generale del Canone 7 del Secondo Concilio Ecumenico, vediamo svilupparsi nella Chiesa tre ordini per la ricezione degli eretici (e degli scismatici) nell'Ortodossia. La Kormchaya Kniga [Pedalion, o Timone] contiene la lettera di Timoteo, presbitero di Costantinopoli vissuto nel V secolo, che scrive quanto segue:

"Vi sono tre riti per l'accettazione di quanti entrano nella Santa, Divina, Cattolica e Apostolica Chiesa: Il primo rito richiede il santo battesimo, nel secondo non battezziamo ma ungiamo con il Santo Crisma, e nel terzo non battezziamo né ungiamo, ma richiediamo la rinuncia della propria e di ogni altra eresia." (30)

Così quanti sono battezzati sono eretici nel senso estremo, di cui abbiamo parlato più sopra. Quanti sono unti con il santo crisma (senza compiere su di essi un secondo battesimo) sono gli ariani, i macedoniani e quelli simili a loro. Quanti sono ricevuti con la penitenza e il ripudio degli errori, sono gli scismatici come pure certi eretici.

L'ultima parola nella legislazione della Chiesa Universale rispetto alla ricezione nell'Ortodossia di quanti giungono dall'eresia o dallo scisma è il Canone 95 del VI Concilio Ecumenico. La sua prima parte è una ripetizione parola per parola del Canone 7 del Secondo Concilio Ecumenico, e non fa altro che aggiungere una nota sulla necessità di ribattezzare i seguaci di Paolo di Samosata (in questo caso riferendosi al Canone 19 del Primo Concilio Ecumenico). La seconda parte lista le eresie sorte in seguito al Secondo Concilio Ecumenico: Manichei, Marcioniti e altre simili eresie, nelle quali quasi nulla restava che potesse essere chiamato cristiano, e i cui membri dovevano essere ricevuti tramite il battesimo. Nestoriani e monofisiti (seguaci di Eutiche, Dioscoro e Severo) dovevano essere ricevuti tramite la penitenza e il ripudio delle loro eresie, dopo di che potevano essere ammessi alla Santa Comunione.

Questa legislazione della Chiesa universale avrebbe dovuto essere sufficiente per tutti gli anni futuri di esistenza. Senza dubbio molte eresie sono morte, ma ne sono apparse delle altre. Non esisteva ancora una Chiesa Cattolica Romana a sé, poiché questi erano ancora i tempi beati in cui le chiese orientale e occidentale costituivano ancora la Chiesa unica. Il Protestantesimo con le sue diramazioni era una cosa del lontano futuro. Nuove e barbariche distorsioni della dottrina sana e salvifica non erano ancora sorte. Tuttavia, il Canone 95 del Sesto Concilio Ecumenico detta le norme per le relazioni future della Chiesa con gli scismi e le eresie emergenti, come pure per mezzo di quale rito ricevere quanti desiderano essere membri della Chiesa Ortodossa. Ribadiamo queste norme.

Coloro che hanno il minor grado di errore dogmatico vanno ricevuti per mezzo del pentimento e di un ripudio delle eresie, a condizione che la loro struttura ecclesiastica conservi la successione apostolica. Altri, il cui insegnamento dogmatico ha subito una maggiore distorsione o che non hanno conservato la successione apostolica pur essendo stati battezzati, come nella Chiesa Ortodossa, nel nome della Santa Trinità per tripla immersione, vanno ricevuti per mezzo del secondo rito, vale a dire, per mezzo del ripudio delle distorsioni eretiche e l'unzione con il santo Crisma. Il terzo gruppo, il cui battesimo non è compiuto nel nome della Santa Trinità per tripla immersione, va ricevuto per mezzo del battesimo, cosa che si applica pure a ebrei, musulmani e pagani. Gli insegnamenti di questo gruppo di eretici consiste di solito di una completa innovazione o di un miscuglio di giudaismo o di paganesimo con i principi di base del cristianesimo. Ma in nessun modo vi è in questo gruppo alcun tipo di struttura ecclesiastica o di successione apostolica, così come noi la intendiamo.

Il nono secolo ha visto la triste divisione tra le Chiese orientali e occidentali. Il Grande Scisma del 1054 creò una frattura tra le Chiese, che con il tempo si approfondì. La Chiesa occidentale si mosse non solo verso lo scisma con la Chiesa Ortodossa, ma col tempo adottò posizioni eretiche. La legislazione della chiesa ortodossa dovette formulare regole su come trattare i membri della Chiesa Cattolica Romana - come scismatici o come eretici, e decidere contemporaneamente con quale rito ricevere quei latini che volevano entrare nella Chiesa Ortodossa. Per un lunghissimo tempo non vi fu alcuna decisione in materia. Solo nel XV secolo, in connessione con il Concilio di Firenze (1459) fu presa in considerazione una legislazione.

Prima del Concilio di Firenze i greci consideravano i latini come scismatici. Allo stesso modo, i latini consideravano e chiamavano i greci "scismatici." Con una simile considerazione, i latini che entravano nell'Ortodossia erano ricevuti con il terzo rito, ovvero, con il ripudio dei loro errori e la penitenza. San Marco di Efeso, quel grande confessore e pilastro della Chiesa Ortodossa, quando parlò al Concilio di Firenze, chiamò la Chiesa di Roma "santa," (31) rivolgendosi a Papa Eugenio con le parole "santissimo Padre," (32) "beato Padre," (33) "primo tra i servi di Dio," (34) e rivolgendosi al Cardinale Cesarini come "eminente padre." (35) Egli parla con tristezza della frattura che ebbe luogo tra le chiese e chiede al Papa e ai suoi collaboratori di fare di tutto per l'unione delle chiese. In seguito, vedendo la posizione totalmente intransigente dei latini rispetto al "Filioque" e convintosi che essi aderivano a un errore di carattere dogmatico riguardo alla processione del Santo Spirito, egli inizia a parlare di loro come eretici. Ecco il punto di vista espresso da San Marco di Efeso a un incontro interno tra i greci a Firenze il 30 Marzo 1439:

"I latini non sono solo scismatici ma eretici. Tuttavia, la nostra Chiesa è rimasta in silenzio perché [i latini] sono così numerosi; ma non è questa la ragione per cui la Chiesa Ortodossa si è allontanata da loro, perché erano eretici? Non ci possiamo unire con loro a meno che non concordino di rimuovere l'aggiunta (fatta da loro) al Simbolo [Credo], e confessare il Simbolo così come noi lo confessiamo." (36)

L'Unìa firmata tra i greci e i latini a Firenze fu una terribile umiliazione per la Chiesa Ortodossa. I greci sconfessarono le loro tradizioni di fronte a tutte le pretese sulle quali insisteva il Vaticano. Al suo ritorno da Firenze San Marco - il difensore e guida nella lotta per l'Ortodossia - si appellò a tutto il popolo ortodosso con un'epistola, in cui richiamava l'attenzione dei fedeli al tradimento dell'Ortodossia a Firenze. E qui si riferiva ai latini come eretici che, in caso che alcuni di loro vogliano passare all'Ortodossia, devono essere cresimati. Egli scrive quanto segue:

"I latini, non avendo ragioni per condannarci per i nostri insegnamenti dogmatici, ci chiamano "scismatici" perché abbiamo rifiutato di umiliarci davanti a loro, cosa che immaginano sia loro dovuta. Ma esaminiamo la cosa: sarebbe giusto estendere loro tale cortesia e non accusarli di nulla riguardo alla Fede? Essi hanno portato in principio la causa della frattura. È loro l'aperta aggiunta (il Filioque nel Simbolo della Fede), che prima pronunciavano segretamente. Noi siamo stati i primi a staccarci da loro, ma è meglio dire che noi stessi li abbiamo staccati e tagliati dal comune Corpo della Chiesa. Perché? Ditemelo! Forse perché hanno la retta fede e hanno fatto la retta aggiunta (al Simbolo della Fede)? Chi direbbe una cosa del genere a meno di non avere una mente malata! Ma (ci siamo staccati da loro) perché dimostrano una posizione empia ed erronea, e perché hanno fatto l'aggiunta in modo affrettato e sconsiderato. Perciò, ci siamo allontanati da loro come da eretici e per questa ragione ci separiamo da loro. I venerabili canoni così dicono: 'È un eretico, ed è soggetto alle leggi contro gli eretici colui che - anche in poco - devia dalla fede ortodossa.' (37) Se i latini non deviano in alcun modo dalla Fede Ortodossa, allora sembrerebbe che siamo stati in errore noi a tagliarli fuori. Ma se hanno deviato completamente, per quanto riguarda la loro teologia sul Santo Spirito - un peccato che comporta il più grave dei pericoli - allora è chiaro che sono eretici, e noi li abbiamo tagliati fuori come eretici. Perché compiamo l'unzione su quanti vengono a noi? Non è chiaro: come eretici? Il Canone 7 del Secondo Concilio Ecumenico così dice: 'Quegli eretici che giungono all'Ortodossia e alla comunione dei salvati, noi li riceviamo secondo il rito e l'uso prescritto: riceviamo gli ariani, i macedoniani, i novaziani che si definiscono 'puri e migliori,' I quartodecimani, altrimenti noti come tetraditi, così come gli apollinariani, a condizione che offrano abiure per iscritto e rinuncino a ogni eresia che non mantenga la stessa fede della santa, cattolica e apostolica Chiesa di Dio, e quindi siano segnati con il sigillo, vale a dire, unti con il crisma sulla fronte, sulle orecchie, narici, bocca e orecchie. E mentre sono segnati con il sigillo, diciamo, 'sigillo del dono dello Spirito Santo.'

Non vedete come designare quanti provengono dai latini? Se tutti questi (citati nel Canone) sono eretici, allora è chiaro che essi (ovvero i latini) sono eretici. Che cosa scrisse l'erudito Patriarca di Antiochia Teodoro Balsamone in risposta a Marco, il santo Patriarca di Alessandria?

'I prigionieri latini e gli altri che giungono nelle nostre chiese cattoliche, chiedono di ricevere i Divini Misteri. Vorremmo sapere: è permesso? (Risposta) "Colui che non è con me, è contro di me, e colui che non raccoglie con me disperde" (Mt 12:30; Lc 11:23) Poiché molti anni or sono la parte prominente della Chiesa occidentale, vale a dire Roma, si è separata dalla comunione con gli altri quattro santissimi Patriarchi, poiché ha effettuato nei propri usi e dogmi cambiamenti estranei alla Chiesa Cattolica e all'Ortodossia - per questa ragione il Papa divenne indegno della comune elevazione dei nomi con i Patriarchi durante i Divini e Sacri Offici - e non è appropriato santificare la tribù dei latini attraverso i Divini e Purissimi Doni (dati) dalle mani di un sacerdote, a meno che essi (i latini) non decidano di abbandonare i dogmi e usi latini e di essere catechizzati e ammessi (per mezzo del rito prescritto) all'Ortodossia.' (38)

Non avete udito che essi hanno adottato non solo usi ma anche dogmi estranei all'Ortodossia (e ciò che è estraneo all'Ortodossia è quasi certamente un insegnamento eretico) e che secondo i canoni devono essere catechizzati e uniti all'Ortodossia? Se è necessario catechizzarli allora è chiaro che devono essere cresimati." (39)

San Marco di Efeso scrisse tali cose in un tempo in cui la Chiesa Ortodossa era sottoposta a una forte aggressione da parte dei cattolici romani - in un tempo in cui la sua stessa esistenza, in termini umani, era in questione. Questa fu una delle epoche critiche, se non la singola epoca critica, nella storia della Chiesa Ortodossa. Ma nonostante tutto questo, non udiamo San Marco dire che vi era una pratica, o che si dovesse introdurre una pratica, di ribattezzare i latini che desideravano entrare nella Chiesa Ortodossa. San Marco parla di ungerli con il santo crisma, e niente di più. La visione e la testimonianza di San Marco di Efeso furono molto importanti per la futura legislazione della Chiesa Ortodossa sul rito con cui dovevano essere ricevuti i latini che entravano nella Chiesa Ortodossa. La sua opinione fu sostenuta dal Concilio dei quattro patriarchi orientali riunito a Costantinopoli in 1484, che decretò che i latini non dovevano essere ribattezzati quando entravano nell'Ortodossia. Questa posizione di San Marco di Efeso, che i latini giunti all'Ortodossia non dovessero essere ribattezzati, fu pure sostenuta dal Grande Concilio di Mosca nel 1667. Ciò verrà discusso in dettaglio nel prossimo capitolo di questo saggio.

Al Concilio di Costantinopoli del 1484 va pure attribuita la formula del rito su come ricevere i latini all'Ortodossia. Nonostante le due unioni forzate - Lione e Firenze, nonostante le malefatte dei latini a Costantinopoli così come sul Santo Monte Athos (di cui il Paterikon dell'Athos è testimone) (40), la santa Chiesa ortodossa, attraverso le parole di San Marco di Efeso e dei padri del Concilio di Costantinopoli nel 1484, assieme con i precedenti e prominenti canonisti, riconosceva che per portare i latini (cattolici romani) nella Chiesa Ortodossa, è sufficiente per loro rinunciare ai loro punti di vista eretici, confessare la Fede ortodossa e prometterle lealtà fino alla fine delle loro vite. La loro effettiva ricezione nell'Ortodossia si compie attraverso il rito della cresima.

Abbiamo dimostrato che la Chiesa Ortodossa universale ha istituito canoni pervasi di tolleranza nei confronti di coloro che, cercando la salvezza delle proprie anime, giungevano all'Ortodossia, lasciandosi alle spalle i propri errori e rifiutandoli. La Santa Chiesa li riceveva, accettando dove possibile il loro battesimo e riconoscendolo come valido, anche se era stato compiuto in un ambiente esterno alla Chiesa Ortodossa. La Chiesa insegnava la necessità di seguire regole fondate sulla sapienza e sulla forza dell'Ortodossia espressa attraverso le parole dei Padri del IV secolo (San Basilio il Grande e i Padri del Concilio di Laodicea) (41) e coerentemente fino al termine del XV secolo attraverso le parole di San Marco di Efeso e dei quattro Patriarchi orientali riuniti in concilio a Costantinopoli nel 1484, come pure l'autorità del Secondo e del Sesto Concilio Ecumenico. (42)

La ricezione dei convertiti nella Chiesa russa

La tolleranza verso i non-russi è sempre stata una caratteristica del sistema statale russo, e ciò ha contribuito al rafforzamento del grande impero russo, composto di molte nazionalità che vivevano tutte su principi di uguaglianza. Questa stessa tolleranza era allo stesso modo una caratteristica della Chiesa Ortodossa Russa rispetto ai non ortodossi, come è stato giustamente evidenziato dagli storici russi. Il Professor A. V. Kartashev scrive: "La relativa tolleranza dei russi rispetto alle altre religioni e confessioni cristiane era un tratto distintivo del periodo pre-mongolico." (43) Il Professor N. Talberg nota correttamente: "La Chiesa russa si distingueva per la sua tolleranza dei non ortodossi." (44) Si trovavano chiese latine servite da clero latino a Kiev, Novgorod, Ladoga, Polotsk, Smolensk, Perejaslavl e in altri luoghi. Nei suoi "Lineamenti di storia della Chiesa russa" Il Prof. Kartashev fornisce interessanti elementi di prova sulle interrelazioni russe con l'Occidente. (45) Vi erano vivi contatti commerciali e politici tra il popolo russo e i popoli occidentali. Rappresentanti e mercanti stranieri di ogni parte d'Europa si potevano trovare nelle città russe. La Russia ricevette il cristianesimo prima della grande divisione delle chiese, perciò l'Occidente, in senso ecclesiastico, non era visto come un mondo ostile. Prima del battesimo della Rus' e in tutta la lunga storia della Russia vediamo che le grandi speranze del Vaticano di includere la Chiesa russa come una delle proprie. I principi russi, a partire da San Vladimiro, erano rispettosi e garbati nelle loro risposte ai papi, ma fortemente attaccati all'Ortodossia greca. Per un lungo periodo la Chiesa russa fu governata da metropoliti greci che, dopo la divisione delle chiese, mantennero una linea ostile verso i latini. Il Prof. Kartashev scrive:

"I russi, sotto l'influenza dei metropoliti greci che vedevano ogni cosa romana in una cattiva luce, e in parte motivati dalla rivalità nel controllo sulla Rus', avevano bisogno di tempo per adottare gradualmente il punto di vista estremo dei greci." (46)

È interessante notare che un certo numero di opere polemiche contro i latini sono state attribuite a questi metropoliti, ma tutte quante, come fa notare il Prof. Talberg, erano scritte in un tono calmo e benevolo nei loro confronti. (47) Tuttavia, nelle loro istruzioni ai russi essi sostenevano una estrema intolleranza verso i latini, vietando i matrimoni misti, qualunque forma di relazione sociale, la condivisione di un pasto con loro e perfino cibarsi dai loro piatti. Un piatto da cui aveva mangiato un latino doveva essere lavato in modo speciale, accompagnato da una preghiera. Il Professor Kartashev scrive:

"Tuttavia, la teoria non sopraffece immediatamente l'inerzia della pratica vivente, e in questo caso l'attitudine acquisita di relazioni pacifiche e benevole dei russi verso i popoli non ortodossi e occidentali rimase evidente per tutto il periodo pre-mongolico." (48)

I principi russi continuarono a stipulare matrimoni con tutte le corti latine, e le figlie dei principi russi ad adottare il rito occidentale al loro matrimonio, e talora perfino le figlie di sovrani stranieri continuavano a mantenere le loro funzioni latine in Russia. (49) Sotto l'influenza di legami amichevoli con l'Italia, la festa della Traslazione delle Reliquie di S. Nicola a Bari fu istituita in Russia, celebrata il 9 maggio. Le chiese di Vladimir e Suzdal riflettevano l'influenza dello stile romanico, dato che furono costruite da architetti italiani. Il "Cancello di Korsun" nella Cattedrale di Santa Sofia a Novgorod era di origine tedesca. Il Prof. Kartashev nota:

"A Novgorod il popolo viveva a così stretto contatto con gli stranieri che le donne semplici non esitavano a richiedere funzioni speciali ai preti latini, apparentemente senza paura della loro eresia, e senza trovarli nel loro aspetto esterno troppo differenti dal proprio clero." (50)

Il principe Iziaslav Yaroslavich non esitò a chiedere assistenza a Papa Gregorio VII, anche dopo la divisione delle chiese, per sbarazzarsi di un usurpatore. Anche se la richiesta non portò frutti, il principe non fu messo in questione né criticato.

Il Metropolita di Kiev Kirik (Ciriaco, o, secondo alcune fonti, Cirillo), in risposta alla richiesta di San Nifon (†1156), Vescovo di Novgorod, su come ricevere i latini che giungono all'Ortodossia, gli diede la seguente direttiva:

"Se un latino desidera sottomettersi alla legge russa, lo si faccia frequentare la nostra chiesa per sette giorni. Gli si deve dare un nuovo nome. Ogni giorno si leggono devotamente quattro preghiere in sua presenza. Quindi gli si faccia fare un bagno. Si asterrà dalla carne e dai latticini per sette giorni, e all'ottavo giorno, dopo il bagno, lo si introduca in chiesa. Si leggano su di lui le quattro preghiere, e lo si rivesta di abiti nuovi. Gli si ponga sulla testa una corona o un serto. Lo si unga con il Crisma , e gli si ponga in mano una candela di cera. Riceverà la Comunione durante la Liturgia e sarà d'ora in poi considerato un nuovo cristiano."

Con relazioni così strette tra i russi e i popoli occidentali durante il periodo pre-mongolico, è improbabile che i russi ribattezzassero quei latini che esprimevano un desiderio di accettare la Fede ortodossa. Tale ri-battesimo sarebbe stato l'equivalente di non riconoscerli come cristiani. Nelle grandi città russe che fungevano da centri commerciali e politici si poteva trovare tanto una cultura ortodossa russa quanto una latina, occidentale. I contatti tra di loro erano benefici a entrambe. In seguito, questa situazione sarebbe cambiata.

La Chiesa greca non praticava il ri-battesimo dei latini che giungevano nella Chiesa Ortodossa. I metropoliti greci erano a capo dell'antica Chiesa russa, ed è ben poco plausibile che avrebbero promosso qualcosa di estraneo alla Chiesa greca stessa. Nella direttiva sopra citata del Metropolita di Kiev Kirik (Ciriaco, o Cirillo) a Nifon di Novgorod vediamo che non vi è alcuna menzione di alcun ri-battesimo di latini che si convertono alla Fede ortodossa. Quanto ai russi, abbiamo visto che le loro relazioni con i latini erano cordiali, cosa che fu insegnata loro dai metropoliti greci che erano a capo della Chiesa russa a quel tempo.

Tra i santi russi troviamo alcuni stranieri condotti da Dio in Russia, dove operarono per la salvezza delle anime russe, servendo e salvandosi nelle terre della Chiesa Ortodossa Russa, dove Dio li glorificò come santi russi.

Ne nominerò alcuni. Sant'Antonio il Romano nacque e crebbe a Roma in un tempo in cui la Chiesa occidentale si era già separata dalla Chiesa ortodossa orientale. I suoi genitori conservarono in segreto la loro pietà, tramandandola al figlio. Nel 1106 Sant'Antonio il Romano fu portato miracolosamente dalle onde a Novgorod. Qui il Santo visse il resto della sua vita, e arricchì in molti modi fruttuosi la tradizione monastica dell'antica Russia. Si dovrebbe notare che San Niceta di Novgorod ricevette Sant'Antonio con grande onore e amore, come una persona inviata da Dio. Si potrebbe sollevare formalmente una domanda: Sant'Antonio è considerato ortodosso? Egli nacque e fu battezzato a Roma in un tempo in cui a Roma non c'erano chierici ortodossi. In quel tempo Roma era la cittadella del Papa, che era non solo il suo vescovo, ma anche il sovrano secolare a cui il territorio apparteneva. (51) La storia non sa nulla di una "Chiesa Ortodossa delle catacombe" a Roma. La Roma papale fu sempre e sotto ogni aspetto leale a tutto quanto era latino. Sant'Antonio non avrebbe potuto ricevere il battesimo e gli altri sacramenti in altri luoghi che non fossero le chiese latine di Roma, cosa comprensibile. Vi erano territori ortodossi nell'Italia del Sud, che erano soggetti a Costantinopoli, e dove gli abitanti erano greci. Sant'Antonio non era un greco ma un italiano, e viveva nel territorio appartenente al trono di Roma. La sua lingua nativa era il latino, come si evince dalla sua bibbia latina, con la quale fu sepolto a Novgorod. San Niceta di Novgorod avrebbe potuto legittimamente sollevare la questione di una ricezione pubblica nell'Ortodossia di un monaco giunto dalle terre latine, nato e battezzato a Roma. Ma come possiamo vedere dalla vita di Sant'Antonio il Romano, San Niceta ricevette il monaco romano senza la minima esitazione, come una persona a lui mandata dalla volontà di Dio. La decisione del santo potrebbe essere stata influenzata non solo dall'arrivo miracoloso di Sant'Antonio, ma da quella generale attitudine di cordialità verso i non-ortodossi che, come abbiamo visto, era così tanto in evidenza nei dintorni della Grande Novgorod, uno dei più importanti centri del commercio europeo. Tali centri di commercio, a prescindere dalla prevalenza di una particolare religione, erano tolleranti sul piano religioso, come vediamo dagli esempi di Venezia e Amburgo.

Il Beato Isidoro, Folle in Cristo e Taumaturgo di Rostov, vissuto nel XV secolo, era di nascita tedesco e latino, come si vede dalla sua Vita. Amando profondamente l'Ortodossia russa, vi dedicò la sua vita di gesta spirituali, salvandosi nel mondo della Russia e operando per la salvezza delle anime russe. Dio lo glorificò come un santo russo. Non si trova nulla nella sua estesa Vita che indichi che sia stato ri-battezzato quando accettò l'Ortodossia. (52)

Anche un altro santo di Rostov, San Giovanni il Peloso (†1591), a giudicare dal suo Salterio Latino trovato dopo la sua morte e da lui utilizzato, era uno straniero che amava l'Ortodossia e si unì alla Russia dove Dio glorificò la sua santità. Anche se la sua Vita è poco conosciuta, non c'è nulla a suo riguardo che indichi che sia stato ri-battezzato quando giunse all'Ortodossia. (53)

San Procopio di Ustiug fu l'unico santo russo di origine straniera di cui il Prologo dice che, nell'accettare l'Ortodossia nella Grande Novgorod, "fu battezzato." Vi sono un certo numero di punti non chiari nella sua Vita: l'edizione contemporanea della sua Vita dice che "egli ricevette l'Ortodossia," senza indicare con quale rito fu ricevuto nella Chiesa Ortodossa. (54)

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Non vi sono basi per presumere che la Chiesa russa ribattezzasse i latini giunti all'Ortodossia durante il periodo pre-mongolico. I metropoliti greci a capo della Chiesa russa appartenevano al Patriarcato di Costantinopoli, che a sua volta non ribattezzava i latini quando li riceveva nell'Ortodossia. Solo eventi straordinari potevano provocare le situazioni in cui le chiese di Russia e di Costantinopoli cambiarono questa pratica antica e passarono al ri-battesimo dei latini e di quei protestanti il cui battesimo era compiuto nel nome della Santa Trinità. La pratica di ri-battezzare i non ortodossi giunse tardi nella storia della Chiesa russa. Fu provocata da un certo numero di eventi, che saranno descritti in breve qui sotto.

La Chiesa russa si trovò inaspettatamente in grande pericolo dai latini giunti a imporre il latinismo nei territori russi, con il fuoco e la spada. Il popolo russo, guidato dai propri valorosi principi quali Sant'Alessandro Nevskij (†1263) e San Dovmont-Timoteo di Pskov (†1299), fu forzato a difendere con il sangue la propria fede e la propria patria dagli invasori latini. Tutto ciò non poteva non portare un cambiamento radicale nell'attitudine dei russi nei confronti dei non ortodossi. La precedente cordialità nei loro confronti fu sostituita da un senso di indignazione e disgusto. Gli umili monaci russi non potevano più vedere ordini monastici armati, corazzati di ferro e portatori di morte e desolazione, come loro fratelli in Cristo. Così come in un altro momento i crociati provocarono una frattura irreparabile e senza precedenti nelle relazioni tra la Chiesa di Roma e la Chiesa Ortodossa Greca, così i monaci teutonici portatori di spada provocarono danni irreparabili nelle relazioni tra la Chiesa di Roma e la Chiesa Ortodossa Russa.

Gli eventi successivi causarono un'ulteriore deterioramento di queste relazioni.

Il Papa Eugenio IV tentò di soggiogare la Chiesa Ortodossa Russa per mezzo del Metropolita Isidoro di Kiev. Con l'espulsione del Metropolita Isidoro, si iniziò in Russia a dirigere letteratura polemica contro i latini. In questo modo sia in pratica che in teoria il popolo russo vedeva i latini come nemici mortali dell'Ortodossia e della Russia. Le severe persecuzioni contro gli ortodossi nei territori confinanti della Russia sud-occidentale, delle quali Mosca sapeva e si lamentava, provocarono odio contro i latini.

Un successivo tentativo dei latini, con l'assistenza della Polonia cattolica e per mezzo del Falso Dimitri e di Marina Mnishek [un pretendente al trono russo e sua moglie polacca, †1614], di distruggere completamente l'Ortodossia russa nello stesso stato della Moscovia e nel sacro Cremlino fece traboccare d'ira la coppa dei popolo russo. L'amarezza del popolo fu tale che dopo l'uccisione del Falso Dimitri (17 Maggio 1606) la folla irruppe nel Cremlino e uccise tre cardinali, 4 preti latini e 26 "insegnanti stranieri." È interessante notare che durante il regno del Falso Dimitri sorse la questione dell'accettazione ufficiale dell'Ortodossia da parte di Marina Mnishek come tsarina della Russia. Il metropolita greco di Mosca, Ignazio, la ricevette nell'Ortodossia non per mezzo del battesimo ma per mezzo della cresima, cosa della quale il suo successore, il Patriarca Filarete, lo considerò degno di colpa. Il Professor Kartashev nota:

"La stretta e uniforme pratica russa del ri-battesimo fu stabilita in seguito, nel 1620, dal Patriarca Filarete. Ma anche allora una parte dell'episcopato russo si espresse contro questa pratica." (55)

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Al Concilio di Mosca del 1620, la Chiesa russa decise di ri-battezzare i non ortodossi, in questo caso i latini, che entravano nella Chiesa Ortodossa. Queste decisioni erano il risultato dell'insistenza del Patriarca Filarete. Esamineremo che cosa richiedevano queste decisioni, e come vennero messe in pratica.

Le sofferenze sperimentate dalla Chiesa russa e personalmente dal Metropolita Filarete di Rostov, futuro Patriarca di tutta la Russia, che furono causate durante il Periodo dei Torbidi dai latini determinati con mezzi leciti o illeciti a soggiogare la Chiesa russa e a portarla all'Unìa con Roma, con un totale disprezzo di tutto quanto era ortodosso e russo, non fece altro che esacerbare l'antipatia russa verso i latini che, in quei tempi preoccupanti, erano visti come nemici mortali sul piano spirituale. Nonostante tutto ciò, un certo numero di vescovi russi mantenne la posizione che nel ricevere i cattolici nella Chiesa Ortodossa era sufficiente ungerli con il Santo Crisma senza ri-battezzarli. È solo come risultato di ciò che può essere descritto come forte pressione personale da parte del Patriarca Filarete, che il Concilio di Mosca del 1620 decretò che i latini fossero ri-battezzati al momento della conversione all'Ortodossia.

Il Patriarca Filarete disse del Patriarca (o Metropolita) Ignazio, che fu deposto senza alcun processo giuridico:

"Il Patriarca Ignazio, accattivandosi i favori degli eretici di fede latina, accettò Marinka [Marina Mnishek], di fede eretica papista, nella cattedrale della Santissima Sovrana nostra Theotokos, senza compiere un santo battesimo secondo la legge cristiana, ma si limitò a ungerla con il Santo Crisma e quindi la incoronò [sposò] con quel depravato deposto, e diede a entrambi i nemici di Dio, al depravato e a Marinka, il Corpo e il Santo Sangue di Cristo. Per questa colpa egli, Ignazio, fu deposto dal proprio trono e ministero dai santi ierarchi della grande e santa Chiesa russa secondo i santi canoni, per aver violato i canoni dei santi Apostoli e dei Santi Padri." (56)

In seguito, Il Patriarca Filarete incolpò il locum tenens del trono patriarcale, il Metropolita Giona, di non ri-battezzare i latini. Il Professor Kartashev scrive:

"Giunse al Patriarca Filarete l'accusa che il Metropolita Giona non aveva permesso il ri-battesimo di due polacchi, Jan Slobodski e Matfei Sventitski, giunti all'Ortodossia, ma solo che fossero cresimati e ammessi alla comunione. Fu fatto riferimento da Giona all'antica pratica secondo le "Domande di Nifon a Kirik.' (57) Il patriarca convocò il Metropolita Giona per una spiegazione e lo rimproverò per avere introdotto un'innovazione non ordinando il ri-battesimo dei latini. Per sottomettere Giona con la propria autorità, il patriarca incluse la questione nell'ordine del giorno della successiva sessione plenaria del Concilio il 16 ottobre 1620. Filarete stesso apparve con un discorso di accusa per provare che il battesimo eretico non è un battesimo ma 'nient'altro che contaminazione.' Per questa ragione il Patriarca Ignazio era stato deposto, per aver mancato di battezzare Marinka... Tutti gli eretici sono privi di vero battesimo. Tutti gli argomenti teologici del Patriarca Filarete mostrano lo spaventoso declino del livello di conoscenza nella gerarchia russa del tempo, e specialmente quello di Filarete stesso, che era infettato da un odio passionale per i polacchi latini. Il Patriarca Filarete disse: 'I papisti latini sono i più vili e feroci tra tutti gli eretici, dato che includono nella loro legge tutte le eresie degli antichi greci, dei giudaizzanti, degli ariani e delle fedi eretiche, assieme agli adoratori degli idoli pagani, e a tutti gli eretici condannati, con tutte le loro immaginazioni e attività.' Rivolgendosi a Giona Filarete chiese: 'Come osi iniziare a introdurre qui in questa città capitale cose che sono contrarie ai canoni dei Santi Apostoli e ai santi Padri, comandando che i latini, che sono peggiori dei cani e nemici consapevoli di Dio, siano accolti non con il battesimo ma solo tramite la cresima?' Quindi il Patriarca Filarete pose una censura sul Metropolita Giona, vietandogli di celebrare. Tutte le argomentazioni e i riferimenti offerti dal Metropolita Giona furono rifiutati da Filarete." Senza tener conto di alcun dato storico o di archivio, e solo, per così dire, di sua volontà, Filarete annunciò: "Nel nostro stato di Mosca, dalla sua stessa fondazione, non è mai avvenuto che gli eretici latini e gli altri eretici non fossero battezzati." Secondo la dichiarazione del Patriarca Filarete, il latinismo è il deposito e la fonte di tutte le eresie. (58) Entro due settimane sorse la questione di come ricevere gli uniati che si accostavano all'Ortodossia, e gli altri slavi che erano infetti dallo spirito del calvinismo. Il Patriarca Filarete decretò che tutti, anche quelli che erano stati battezzati ortodossi e avevano in seguito lasciato l'Ortodossia, dovevano essere ri-battezzati. Quanti erano stati battezzati per infusione e non per immersione dovevano allo stesso modo essere ri-battezzati. Queste decisioni rigorose ebbero risultati sfortunati. Fu impedito un ritorno in massa di fratelli slavi. Nel 1630 perfino un Arcivescovo uniata, Atenogene Kryzhanovski, fu ri-battezzato. In origine aveva ordinazioni puramente ortodosse fino al rango incluso di Archimandrita. Era stato allettato ad andarsene per diventare un arcivescovo uniata. Al suo rientro e dopo il suo ri-battesimo venne ri-ordinato." (59)

Il decreto del Concilio di Mosca del 1620 sul ri-battesimo dei latini, uniati, luterani e calvinisti fu ben presto riconosciuto come un errore e fu revocato molto rapidamente. Si giunse a questo decreto solo come risultato dell'odio verso i non ortodossi a causa della persecuzione sofferta per causa loro dalla Chiesa russa, come fa notare il Metropolita Macario di Mosca, autore della monumentale storia della Chiesa russa. (60) Un altro storico della Chiesa russa, l'Arcivescovo Filarete (Gumilevskij) scrive: "La decisione è scorretta alla luce dell'insegnamento della Chiesa, ma è comprensibile a causa dei terrori di quel tempo." (61) Il Patriarca Nikon, con la sua mente brillante, non poteva non riconoscere l'errore di tale decisione, e la rescisse due volte. Durante il Concilio ecclesiastico del 1665, Il Patriarca Nikon e i padri conciliari decretarono che il ri-battesimo dei polacchi è illegale e revocarono la necessità di riceverli nell'Ortodossia per mezzo del ri-battesimo, decretando che questo avesse luogo mediante la cresima. (62) Allo stesso modo al Concilio ecclesiastico che ebbe luogo l'anno successivo (1666), presieduto dallo stesso Patriarca Nikon, lo stesso tema fu di nuovo portato alla discussione. Il Metropolita Macario scrive:

"Si sentì la necessità di dibattere ancora una volta tale questione. Tutti i vescovi russi furono invitati a questo nuovo concilio, assieme al metropolita di Kazan. Il Patriarca di Antiochia Macario insistette ancora che i latini non fossero ri-battezzati quando si convertivano all'Ortodossia, ed ebbe una calorosa discussione con la gerarchia russa. Cercò di convincerli facendo riferimento ai loro libri dei canoni. Per sostenere i suoi argomenti, presentò un estratto di un antico libro greco portato dal Monte Athos, che faceva una dettagliata analisi della questione, e in questo modo costrinse i vescovi russi, per quanto riluttanti, a sottomettersi alla verità. Questo estratto, formato da Macario, fu presentato al sovrano (lo Tsar Aleksei Mikhailovich), tradotto in russo, stampato e diffuso. Lo Tsar emanò un Ukaz che proibiva il battesimo dei polacchi e degli altri appartenenti alla stessa fede. Non soddisfatto di tutto ciò Macario, che ben presto lasciò Mosca, inviò una lettera a Nikon sullo stesso tema. Il Patriarca Macario scrisse al Patriarca Nikon che "i latini non devono essere ri-battezzati: hanno i sette sacramenti e tutti e sette i Concili, e sono tutti battezzati correttamente nel nome del Padre, Figlio e Santo Spirito con un'invocazione della Santa Trinità. Dobbiamo riconoscere il loro battesimo. Sono solo scismatici, e lo scisma non rende un uomo infedele e non battezzato. Lo separa soltanto dalla Chiesa. Lo stesso Marco di Efeso, che si oppose ai latini, non pretese mai il loro ri-battesimo e accettò il loro battesimo come corretto." (63)

La norma finale e decisiva in materia fu il decreto del Grande Concilio di Mosca del 1667. Il Patriarca Ioasaf II prese parte al Concilio, che ebbe luogo durante il regno dello stesso Aleksei Mikhailovich. Qui vi è quanto leggiamo nella "Storia della Chiesa russa" del Metropolita Macario:

"Il rito per la ricezione dei latini nella Chiesa Ortodossa fu ora completamente cambiato. È noto che, in accordo con lo Statuto Conciliare del Patriarca Filarete Nikitich, in Russia i latini venivano ri-battezzati. Anche se al tempo del Patriarca Nikon, su insistenza del Patriarca Macario di Antiochia, che era in quel tempo a Mosca, fu decretato due volte in Concilio che i Latini non sarebbero stati ri-battezzati in futuro, l'abitudine profondamente radicata di ri-battezzare rimase nella pratica. Ecco perché lo Tsar Aleksei Mikhailovich propose che il Grande Concilio discutesse la questione e prendesse una decisione. I padri conciliari rividero con cura lo statuto del Patriarca Filarete Nikitich e giunsero alla conclusione che le leggi erano state interpretate e applicate ai latini in modo scorretto. Fecero quindi riferimento ai precedenti statuti conciliari per i quali si vietava di ri-battezzare perfino gli ariani e i macedoniani nel caso del loro ingresso nell'Ortodossia, e tanto più, dissero i padri, i latini non dovevano essere ri-battezzati. Fecero riferimento al Concilio dei quattro Patriarchi Orientali tenuto a Costantinopoli nel 1484, che decretò di non ri-battezzare i latini al loro ingresso nell'Ortodossia, ma solo di ungerli con il Crisma, e che compose perfino lo stesso rito per la loro ricezione nella Chiesa. Fecero riferimento al sapiente Marco di Efeso che, nella sua epistola indirizzata a tutti gli ortodossi, offre lo stresso insegnamento, e decretarono:

'I latini non devono essere ri-battezzati, ma dopo la loro rinuncia alle proprie eresie e confessione dei peccati, devono unicamente essere unti con il crisma e ammessi ai Santi Misteri, e in tal modo portati in comunione con la santa, cattolica Chiesa Orientale, in accordo ai sacri canoni (Capitolo 6)'." (64)

Dal 1718 il Concilio Spirituale [Sinodo] decretò di non ri-battezzare i protestanti che erano stati battezzati nel nome della Santa Trinità. (65) Da quel tempo la Chiesa russa non è mai ritornata al ri-battesimo di latini, luterani, anglicani e calvinisti. In seguito la Chiesa russa decretò che i cattolici romani confermati e gli armeni cresimati fossero ricevuti per mezzo del terzo rito, ovvero attraverso la confessione e il ripudio delle eresie. Luterani, calvinisti e altri protestanti battezzati per triplice immersione (o per infusione), sarebbero stati ricevuti per mezzo del secondo rito, ovvero per mezzo della cresima e il ripudio delle eresie. Venivano cresimati in primo luogo perché non avevano un simile sacramento, e in secondo luogo perché non avevano un sacerdozio basato sulla successione apostolica. Anglicani ed episcopaliani sono parimenti ricevuti per mezzo del secondo rito perché è discutibile (come scrisse il Metropolita Filarete di Mosca) se la loro chiesa abbia mantenuto o meno la successione apostolica.

I teologi russi aderirono strettamente al principio di non ri-battezzare i latini, gli armeni e quei protestanti che nelle loro chiese d'origine sono stati battezzati nel nome della Santa Trinità. I membri della casa reale che erano in origine protestanti furono ricevuto nell'Ortodossia tramite la cresima.

Nell'opera ben nota dell'Arcivescovo Beniamino, "Novaja Skrizhal'" ["Le Nuove Tavole della Legge"] leggiamo quanto segue:

"Tutti gli eretici sono divisi in tre tipi. Al primo appartengono quelli che non credono nella Santa e Coessenziale Trinità e non compiono il battesimo per triplice immersione in acqua; questi, assieme ai pagani e ai maomettani, vanno battezzati come decreta il Canone 19 del Primo Concilio Ecumenico. Gli eretici del secondo tipo sono quelli che credono nell'Unico Dio nella Trinità e sono battezzati per triplice immersione, ma hanno le loro delusioni ed eresie, e con l'eccezione del battesimo o non riconoscono gli altri sacramenti o, nel compiere impropriamente gli altri sacramenti, rifiutano la cresima. Essi non devono essere battezzati poiché sono battezzati, ma, in seguito al ripudio delle loro eresie e alla confessione della Fede ortodossa, vanno uniti alla Chiesa per mezzo del sacramento della Cresima, come è prescritto dal Canone 7 del Secondo Concilio Ecumenico. Il terzo tipo di eretici, chiamati dissidenti, mantiene tutti e sette i sacramenti inclusa la cresima, ma, essendosi separati dall'unità della Chiesa Ortodossa, osano aggiungere alla pura confessione della fede le loro illusioni, che sono contrarie agli antichi insegnamenti degli Apostoli e dei Padri della Chiesa, e introdurre molte vedute perniciose nella Chiesa, e rifiutando gli antichi e pii riti della Chiesa, introducono nuove tradizioni, contrarie allo spirito della pietà. Questi non li battezziamo per la seconda volta né li ungiamo con il Santo Crisma. Dopo il ripudio della loro illusione e la penitenza per i loro peccati, essi confessano il Simbolo Ortodosso della Fede e sono purificati dai loro peccati per mezzo delle preghiere e dell'assoluzione ierarchica." (66)

Il libro del vescovo Partenio di Smolensk, "Sui doveri del parroco," approvato dal Sinodo per tutte le chiese, contiene regole per i riti appropriati per la ricezione nella Chiesa Ortodossa dei latini e dei protestanti che sono stati battezzati nel nome della Santa Trinità. Alcuni vanno ricevuti per mezzo del terzo rito; altri per mezzo del secondo. Quei preti che vorrebbero ri-battezzare latini e luterani sono definiti "ignoranti" (§82).

Nel 1858 In Santo Sinodo pubblicò i riti che descrivevano in dettaglio in che modo e per mezzo di quale rito vanno ricevuti i non ortodossi che entrano nella Chiesa Ortodossa. Uno di questi si intitola: "Rito per ricevere nell'Ortodossia coloro che non sono mai stati di retta fede, e sono stati cresciuti fin dall'infanzia fuori della Chiesa Ortodossa, ma che hanno un vero battesimo nel Nome del Padre, del Figlio e del Santo Spirito."

Il Metropolita Filarete di Mosca preparò un rito per ricevere un prete cattolico romano, che deve essere ricevuto per mezzo del terzo rito, senza alcuna ripetizione di battesimo, cresima oppure ordinazione. (67) Ma un tale prete può conservare il suo rango sacrale nella Chiesa Ortodossa solo nel caso che sia rimasto celibe, ovvero che non abbia violato il voto fatto al momento della sua ordinazione sposandosi. Se si è sposato prima della sua conversione all'Ortodossia, è ricevuto come un laico e non conserva il diritto al proprio rango sacerdotale. (68)

Il libro dell'Arcivescovo Sergio di Astrakhan "Regole e riti per la ricezione di cristiani non ortodossi nella Chiesa Ortodossa" (Viatka, 1894) presenta i tre riti per la ricezione di cristiani non ortodossi nella Chiesa Ortodossa sulla stessa base e con la stessa comprensione degli autori sopra citati.

Per controbattere le accuse dei Vecchi ritualisti di ogni tipo, dirette contro la Chiesa Ortodossa perché non ri-battezzava latini, luterani e calvinisti, il Metropolita Gregorio pubblicò il libro "La Veramente antica e Vera Chiesa Ortodossa di Cristo," che presenta spiegazioni apologetiche per questo modo di fare, nella Parte 2, Capitoli 33 e 34. Si vedano anche gli Atti dell'Accademia Teologica di Kiev, Giugno-Agosto 1864, "Sulla ricezione dei cristiani non ortodossi nella Chiesa Ortodossa: Analisi storica e canonica contro gli asacerdotali (Vecchi ritualisti russi detti “senza preti” – ndr)." Si veda anche l'articolo in Khristianskoje Chtenyie, Giugno 1865, "Analisi del principio in base al quale gli asacerdotali giustificano la loro pratica del ri-battesimo degli ortodossi nella loro conversione allo scisma."

I riti, sulla cui base la Chiesa Ortodossa compie la conversione all'Ortodossia di cattolici romani e protestanti, sono forniti dal "Manuale per lo studio dell'ordine [Ustav] degli offici" di P. K. Nikolskij. Il testo contiene anche un certo numero di istruzioni e direttive di autorità ecclesiastiche in materia.

Il ben noto "Libro di riferimento per ministri sacri" di S. V. Bulgakov offre una lista dettagliata di come compiere ciascuno dei tre riti con i quali gli eterodossi e i non ortodossi sono ricevuti nell'Ortodossia. Vi è pure una lista di istruzioni e direttive di autorità ecclesiastiche a riguardo. (69)

Troviamo le stesse direttive e regole in altri manuali per il clero parrocchiale e nelle collezioni di decreti ecclesiastici su vari argomenti.

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Ora elencheremo un certo numero di regolamenti della Chiesa russa sul tema della ricezione di latini e protestanti nell'Ortodossia.

Come abbiamo notato in precedenza, la legislazione ultima che proibisce il ri-battesimo dei latini alla loro conversione all'Ortodossia, è il decreto del Grande Concilio di Mosca del 1667, Capitolo 6.

La più recente legislazione che proibisce il ri-battesimo di quei protestanti il cui battesimo è compiuto per triplice immersione nel nome della Santa Trinità fu il decreto del Concilio Spirituale del 1718.

Altri decreti e direttive in seguito promulgate dalle autorità della Chiesa si basarono sui due decreti precedenti. Tali direttive si possono sistematicamente elencare come segue:

· La benedizione [permesso] del vescovo diocesano non è richiesta per ogni caso di unione alla Chiesa Ortodossa di cattolici romani, armeni, nestoriani, luterani e calvinisti. Solo in situazioni speciali e nell'evento di una conversione di massa il vescovo deve essere messo al corrente per ottenere la sua benedizione e istruzioni. (70)

· L'unione alla Chiesa Ortodossa è preceduta da istruzioni e dall'affermazione degli insegnamenti della Chiesa Ortodossa, con l'apprendimento di certe preghiere. (71)

Quanto ai malati, si fa per loro ogni accomodamento, e l'istruzione è data alla luce delle loro forze, e la loro ricezione non dovrebbe essere ritardata. (72)

· Si richiede una dichiarazione scritta da parte di quanti giungono all'Ortodossia, che essi stanno accettando l'Ortodossia di propria volontà. La loro ricezione si annota nella prima parte del registro parrocchiale di battesimo, matrimonio e morte. In alcune parti dell'Impero dove vivono ortodossi e non ortodossi, è richiesto che le autorità locali notifichino il locale prete cattolico romano o pastore luterano se un membro della loro parrocchia si converte all'Ortodossia.

· Segue quindi il rito vero e proprio con il quale la persona non ortodossa è ricevuta nella Chiesa. Anche se quanto segue è ripetitivo, sentiamo che è conveniente reiterare la legislazione della Chiesa russa in materia.

Le persone non ortodosse sono ricevute con uno dei tre riti:

· Il terzo rito - penitenza degli errori precedenti, ripudio di tali errori e una confessione della Fede ortodossa. Da usarsi per persone che si convertono dalla fede cattolica romana e dagli armeni, a condizione che i primi abbiano ricevuto la confermazione dal loro vescovo, e che i secondi siano stati cresimati dal loro clero. Se non sono stati confermati, o se c'è qualche dubbio che siano stati confermati, dovrebbero essere unto con il Santo Crisma.

· Il secondo rito - penitenza, ripudio delle eresie, confessione della Fede ortodossa e cresima. Da usarsi per la ricezione di luterani, calvinisti e anglicani (episcopaliani). Luterani e calvinisti, perché non hanno il sacramento della cresima e non hanno un clero con successione apostolica. Anglicani, perché la successione apostolica del loro clero è messa in discussione, come fu notato dal Metropolita Filarete di Mosca.

· Il primo rito - battesimo e cresima. Da usarsi per la ricezione di pagani, ebrei, musulmani e di quei membri di sette che non credono nella Santa Trinità né compiono un battesimo per triplice immersione nel nome delle persone della Santa Trinità.

Le persone in pericolo di morte che desiderano essere ricevute nell'Ortodossia vengono ricevute attraverso l'imposizione delle mani del prete e la confessione della persona morente, che in seguito può ricevere i sacri misteri. Questo ordine è appropriato nel caso di un cattolico romano o di un armeno. Luterani, calvinisti ed episcopaliani dovrebbero essere ricevuti con l'unzione del Santo Crisma sulla fronte, seguita dalla comunione ai santi misteri. Il funerale si compie secondo il rito ortodosso. (73)

Queste erano le leggi fondamentali della Chiesa russa riguardo alla ricezione dei non ortodossi nell'Ortodossia. (74)

Bulgakov riassume in modo simile i metodi per la ricezione nell'Ortodossia come segue:

Vi sono tre riti per la ricezione di quanti si convertono alla Chiesa Ortodossa: battesimo, cresima, e penitenza e comunione con i Santi Doni.

Pagani, ebrei e musulmani sono ricevuti nella Chiesa Ortodossa per mezzo del battesimo. In aggiunta, quei seguaci di sette cristiane che deviano dai dogmi fondamentali della Chiesa Ortodossa, respingono l'insegnamento ortodosso sulla Santa Trinità e l'amministrazione del sacramento del battesimo (quali gli eunomiani che rifiutavano l'uguaglianza delle Persone della Santa Trinità e compivano un battesimo con una singola immersione nella morte di Cristo, o i montanisti che compivano il battesimo nel nome del Padre, del Figlio, di Montano e Priscilla), allo stesso modo sono ricevuti per mezzo del battesimo.

Quei membri di sette che compiono il battesimo correttamente per mezzo di tre immersioni con le parole divinamente formulate: "Nel nome del Padre, del Figlio e del Santo Spirito," ma errano in particolari dogmi di fede (ariani, macedoniani e altri) sono da ricevere per mezzo della cresima.

I dissidenti dalla Chiesa che hanno una gerarchia legittima ma sono separati dalla Chiesa Ortodossa su questioni morali, rituali o disciplinari, come pure da insegnamenti dogmatici di un livello secondario (donatisti, eutichiani, nestoriani) sono da ricevere per mezzo della penitenza e del ripudio dei loro errori.

La Chiesa Ortodossa Russa si conforma alle leggi della Chiesa antica in situazioni simili. Riconoscendo che il battesimo è la condizione essenziale per entrare nei ranghi dei propri membri, essa riceve ebrei, musulmani, pagani e quei membri di sette che distorcono i dogmi fondamentali della Chiesa Ortodossa, per mezzo del battesimo. Riceve i protestanti per mezzo della cresima. Quei cattolici e armeni che non sono stati confermati o cresimati dai loro pastori, li riceve allo stesso modo per mezzo della cresima. Quei cattolici e armeni che sono stati confermati o cresimati, li riceve per mezzo del terzo rito: con la penitenza, il ripudio degli errori e la ricezione dei Santi Misteri." (76)

Riguardo ai membri della Chiesa Anglicana, Bulgakov è dell'opinione che un prete non possa assumere su di sé la responsabilità di riceverli per mezzo del terzo rito, e che debba riceverli per mezzo del secondo rito, tramite la cresima, come si faceva al tempo del Metropolita Filarete di Mosca. In caso di dubbio, il prete è obbligato a consultarsi con l'autorità diocesana. (76)

L'Arciprete Nikolskij riassume il tema della ricezione dei non ortodossi come segue:

"Il sacramento della cresima, separato dal battesimo, è compiuto sugli eterodossi che si uniscono alla Chiesa Ortodossa, ma solo su quanti, avendo ricevuto un battesimo appropriato, non sono stati cresimati, come i luterani, i calvinisti e quei cattolici romani e armeni che non sono unti con il crisma (non confermati)." (77)

Il clero cattolico romano, come sopra notato, è ricevuto nel proprio ordine, in seguito alla penitenza, al ripudio dell'eresia e alla confessione della Fede ortodossa. Il rito vero e proprio di ricezione nell'Ortodossia di un prete cattolico romano fu compilato dal Metropolita Filarete di Mosca. (78)

Riguardo alla validità degli ordini del clero anglicano, il Metropolita Filarete non li respingeva né li riconosceva e raccomandava la ri-ordinazione all'ingresso nell'Ortodossia, con l'osservanza della formula condizionale: "Se non sei ordinato." Nell'opinione di alcuni studiosi russi (p. es. il Prof. V. A. Sokolov), la Chiesa Anglicana ha conservato la successione apostolica e tutti i sacramenti della Chiesa. Nell'opinione di altri, le cose non stanno così. Non ci sono state determinazioni autorevoli da parte della Chiesa in materia. (79)

La Chiesa russa riceveva gli uniati che desideravano ritornare nel seno della Chiesa Ortodossa con grande gioia. Essi ritornavano all'Ortodossia come individui, come parrocchie e come intere diocesi. Durante il regno di Caterina la Grande, fino a due milioni di uniati si unirono alla Chiesa Ortodossa. Nel XIX secolo, gli uniati si convertirono all'Ortodossia a migliaia. Come li riceveva la Chiesa Ortodossa Russa? Li riceveva con amore. Il loro stesso desiderio di riunirsi alla Santa Chiesa ortodossa era sufficiente a proclamare che essi erano suoi figli. L'amore della Madre Chiesa faceva mettere da parte tutti gli impedimenti e tutti i riti con i quali essi avrebbero dovuto essere ricevuti nell'Ortodossia. Il Vescovo Porfirio Uspenskij, descrivendo la sua udienza con il Patriarca di Costantinopoli nel 1843 scrive di avere informato il Patriarca che nel 1841, 13.000 uniati si erano riuniti alla Chiesa Ortodossa Russa. Il Patriarca chiese: "Li avete battezzati?" Il Vescovo (allora Archimandrita) Porfirio Uspenskij diede una risposta negativa, spiegando al Patriarca che "gli uniati, per propria convinzione e fede interiore, sono sempre stati in comunione con la nostra Chiesa e non hanno alcun bisogno di essere ri-battezzati." (80) Quando gli uniati furono riuniti alla Chiesa Ortodossa nel 1916, al tempo in cui l'esercito russo occupò la Galizia, la Chiesa russa ancora una volta espresse un'eccezionale cordialità: gli uniati erano ricevuti come "nostri." Non c'era la più pallida enfasi sul fatto che stessero lasciando qualcosa e giungendo a qualcosa di nuovo. La Santa Chiesa Russa li riceveva come propri figli semplicemente in risposta al loro desiderio di essere figli della Chiesa Ortodossa. L'Imperatore Nicola Aleksandrovich era in completo accordo con questo trattamento delicato e magnanimo nei loro confronti. (81)

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Per riassumere il materiale presentato in questo capitolo, diremo che nei tempi antichi la Chiesa russa non ri-battezzava i latini che si convertivano all'Ortodossia. Il ri-battesimo fu introdotto per un breve periodo (dal 1620 al 1667) come risultato degli orrori che la Chiesa russa e il popolo russo sperimentò da parte dei latini e della Polonia cattolica durante il Periodo dei Torbidi. Dal 1667 - rispetto ai latini, e dal 1718 - rispetto ai luterani e calvinisti, la legge sul ri-battesimo fu abrogata una volta per tutte. Secondo le opinioni dei nostri prominenti teologi, la legislazione della Chiesa Ortodossa Russa ha seguito la tradizione stabilendo il rito per la ricezione dei non ortodossi nella Chiesa Ortodossa. Questi punti di vista e queste leggi si distinguevano per i principi umani e tolleranti che erano caratteristici della Chiesa russa. Dove vi è la Verità, là vi saranno forza e magnanimità. Quant'è meravigliosa la nostra grande e saggia Chiesa russa!

Il Concilio di Costantinopoli del 1756

Il Concilio di Costantinopoli del 1756, al tempo del Patriarca Cirillo, prese la decisione che è appropriato ricevere i cattolici romani e i protestanti che si convertono alla Chiesa Ortodossa esclusivamente per mezzo del battesimo. In aggiunta al Patriarca Cirillo di Costantinopoli, anche i Patriarchi Matteo di Alessandria e Partenio di Gerusalemme firmarono questa decisione. Questo decreto dice: (82)

"Tra i mezzi con i quali ci è assicurata la salvezza, il battesimo è il primo che è stato affidato da Dio ai Santi Apostoli. Quando tre anni or sono è stata sollevata la questione se sia appropriato riconoscere il battesimo degli eretici che si rivolgono a noi (con un desiderio di essere ricevuti nella nostra fede) allora - per quanto tale battesimo sia compiuto contrariamente alla tradizione dei Santi Apostoli e dei Santi Padri, e parimenti contrario alla pratica e ai decreti della Chiesa Cattolica e Apostolica - noi, cresciuti dalla misericordia di Dio nella Chiesa Ortodossa, conservando i Canoni dei Santi Apostoli e dei Divini Padri e riconoscendo la nostra Chiesa Una, Santa, Cattolica e Apostolica e i suoi misteri, tra i quali vi è il divino battesimo, e di conseguenza, considerando tutto quanto ha luogo tra gli eretici e non è compiuto nel modo comandato dallo Spirito Santo e dagli Apostoli e nel modo conforme alla Chiesa di Cristo, come contrario a tutta la tradizione apostolica e come invenzione di gente corrotta - noi, per decisione comune, scartiamo ogni battesimo eretico e così riceviamo tutti gli eretici che si volgono a noi, come se non fossero stati santificati né battezzati, e noi prima di tutti seguiamo nell'obbedienza il nostro Signore Gesù Cristo che comandò ai Suoi Apostoli di battezzare nel nome del Padre, Figlio e Santo Spirito. Seguiamo inoltre i Santi e Divini Apostoli che stabilirono la triplice immersione mentre si pronuncia ogni nome della Santa Trinità. Seguiamo inoltre il Santo e Isapostolo Dionigi (83) che dice che i catecumeni, deposte tutte le vesti, devono essere battezzati nel fonte, in acqua e olio santificati, invocando le tre ipostasi della Divinità Tuttabeata, quindi unti con il Crisma divinamente creato, quindi divengono degni della salvifica Eucaristia. Infine seguiamo i Concili Ecumenici, il Secondo e il Quinisesto, che prescrivono che quanti si volgono all'Ortodossia siano considerati come non battezzati se non sono stati battezzati per triplice immersione, in ciascuna delle quali è pronunciato il nome di una delle Ipostasi divine, ma sono stati battezzati in qualche altro modo. Aderendo a questi Santo e Divini decreti, consideriamo il battesimo eretico come degno di giudizio e di ripudio in quanto non si conforma - ma anzi la contraddice - alla formazione Apostolica e Divina e non è altro che un'inutile abluzione, secondo le parole di Sant'Ambrogio e di Sant'Atanasio il Grande, che non santifica il catecumeno né lo purifica dal peccato. Ecco perché noi riceviamo tutti gli eretici che si volgono all'Ortodossia come coloro che non sono stati battezzati appropriatamente o che non sono stati battezzati del tutto, e senza alcuna esitazione li battezziamo secondo i canoni apostolici e conciliari sui quali si regge fermamente la Santa, Cattolica e Apostolica Chiesa di Cristo, la madre comune di noi tutti. Affermiamo questa nostra unanime decisione che è in conformità con i canoni apostolici e conciliari, con un decreto sottoscritto dalle nostre firme."

Come il Vescovo Nikodim Milash fa notare: "...questa decisione sinodale non menziona per nome i cattolici romani, e non dice che il loro battesimo dovrebbe essere rifiutato e che essi dovrebbero essere battezzati alla conversione alla Chiesa Ortodossa; tuttavia, è piuttosto evidente da ciò che è detto e da come tutto è formulato nella decisione." (84)

Il "Pedalion" (Kormchaya Kniga) dichiara apertamente che questa decisione si riferisce ai cattolici romani. In una lunga discussione sulla ricezione dei non ortodossi per mezzo del battesimo leggiamo:

"Il battesimo latino è erroneamente chiamato con tale nome: non è per nulla un battesimo ma è semplicemente un'abluzione. Ecco perché non diciamo che 'ri-battezziamo' i latini, ma li 'battezziamo'. I latini non sono battezzati poiché non compiono la triplice immersione al battesimo, che è stata una tradizione nella Chiesa Ortodossa fin dai primi inizi degli apostoli." (85)

Neppure una singola Chiesa Ortodossa, eccetto quella greca, accettò questa decisione. La Chiesa Ortodossa Russa, nel ricevere i non ortodossi che si convertono all'Ortodossia, seguì i canoni adottati nel 1667 e nel 1718, che riconosceva i battesimi compiuti nelle chiese cattolica romana e luterana come validi e non li ripeteva.

Il ben noto canonista della Chiesa Ortodossa Serba, il Vescovo Nikodim Milash, spiega:

"I non ortodossi sono ricevuti nella Chiesa o: 1) con il battesimo, oppure 2) con la cresima, oppure 3) con la penitenza e la confessione della Fede ortodossa. Ciò fu stabilito fin dal V secolo, come testimonia il Presbitero Timoteo della Chiesa di Costantinopoli nella sua epistola al suo concelebrante Giovanni. La Kormchaya [Pedalion] fornisce questa epistola, in cui è scritto: "Vi sono tre riti per accettare quanto giungono alla Santa, Divina, Cattolica e Apostolica Chiesa: il primo rito richiede il santo battesimo, nel secondo noi non battezziamo, ma ungiamo con il Santo Crisma, e nel terzo non battezziamo né ungiamo, ma richiediamo la rinuncia della propria eresia e di ogni altra eresia."

La base per questa posizione è il Canone 7 del Secondo Concilio Ecumenico. Questi tre riti per la ricezione dei non ortodossi nella Chiesa rimangono oggi in piena forza nella Chiesa Ortodossa. Con il primo rito la Chiesa riceve quegli eretici che hanno insegnamenti errati sulla Santa Trinità, che non riconoscono il battesimo o non lo compiono secondo il comandamento divino. Con il secondo rito, ovvero per mezzo della cresima, quegli eretici che sono battezzati nel nome della Santa Trinità e non rifiutano la Santa Trinità, ma sono in errore su certi aspetti della fede; così come quanti non hanno una legittima gerarchia sacra né il sacramento della cresima. Questo include tutti i vari protestanti. Questo rito è pure usato nel ricevere i cattolici romani e gli armeni che non sono stati unti con il Santo Crisma dai loro vescovi o preti. Ma se questi, ovvero i cattolici romani o gli armeni, sono stati unti con il crisma nelle loro chiese, sono ricevuti nella Chiesa Ortodossa per mezzo del terzo rito in cui quanti sono ricevuti, in seguito a un certo periodo di tempo nello studio del catechismo ortodosso, quindi in un ripudio verbale o scritto delle loro precedenti credenze, confessano solennemente il Simbolo della Fede ortodossa e quindi, seguendo le preghiere prescritte da parte del vescovo o prete ortodosso, sono comunicati con i Santi Doni." (86)

Rispetto alle decisioni del Concilio di Costantinopoli del 1756 leggiamo i seguenti punti di vista dello stesso vescovo Nikodim Milash:

"La decisione che ogni cattolico romano e ogni protestante che desidera convertirsi alla Chiesa Ortodossa debba essere battezzato nuovamente fu presa dal Concilio di Costantinopoli del 1756 al tempo del Patriarca Cirillo V. Questa decisione conciliare fu motivata dal fatto che i cristiani occidentali sono battezzati per infusione e non con tre immersioni. Poiché la sola forma appropriata di battesimo è quella compiuta per mezzo di tre immersioni, ne consegue che i cristiani occidentali devono essere considerati non battezzati dato che non furono battezzati in tale maniera, e di conseguenza devono essere battezzati quando vogliono convertirsi alla Chiesa Ortodossa. Questa decisione del summenzionato Concilio di Costantinopoli fu richiesta da circostanze straordinarie, sorte nel XVIII secolo nelle relazioni tra le chiese greca e latina, e fu una reazione da parte della Chiesa greca verso l'aggressione contro la Chiesa da parte della propaganda latina. Da un punto di vista formale la motivazione per questa decisione ha una certa base, dato che i canoni della Chiesa Ortodossa richiedono che il battesimo sia fatto per triplice immersione del battezzato nell'acqua, e lo stesso termine battesimo è derivato dall'atto dell'immersione, e gli stessi canoni condannano quel battesimo farro per mezzo di una singola immersione da vari eretici dei primi secoli della Chiesa cristiana. Ma la Chiesa non ha mai condannato il battesimo fatto per infusione. Non solo, ma la Chiesa stessa permetteva una tale forma di battesimo in caso di necessità e considerava il battesimo per mezzo dell'infusione come non contrario alla tradizione apostolica. Perciò, la summenzionata decisione del Concilio di Costantinopoli non può essere considerata vincolante per l'intera Chiesa Ortodossa, dato che è contraria alla pratica della Chiesa orientale di tutti i secoli, e in particolare alla pratica della stessa Chiesa greca dal tempo della divisione delle chiese al tempo di quel Concilio di Costantinopoli." (87)

E ancora:

"Come risultato delle condizioni eccezionali che sorsero nelle relazioni tra la Chiesa greca e quella latina, il Concilio di Costantinopoli del 1756 promulgò un obbligo di battezzare nuovamente ogni cattolico romano che desiderava convertirsi alla Chiesa Ortodossa. Un obbligo simile, prodotto da una serie di circostanze simile a quelle affrontate dalla Chiesa greca, fu decretato da uno dei Concili di Mosca nel 1620. Ma questi obblighi, che deviavano da molti secoli di pratica della Chiesa orientale, erano visti come esempi estremi di rigore, inevitabilmente richiesti dalle circostanze sfavorevoli dei tempi, e non hanno, né possono avere, un significato universale." (88)

Questa dunque è l'opinione di uno dei canonisti più noti della Chiesa Ortodossa. Ripetiamo che neppure una singola Chiesa Ortodossa, con l'eccezione di quella greca, ha adottato le decisioni sul ri-battesimo di cattolici romani o luterani durante la loro conversione all'Ortodossia.

Guarderemo ora alla circostanze che spinsero alla decisione del Concilio di Costantinopoli del 1756, citato appieno più sopra. Il Professor A. P. Lebedev, nella sua "Storia della Chiesa greco-orientale sotto il dominio dei turchi" scrive quanto segue:

"Il Concilio, sotto il patriarcato di Simeone (a Costantinopoli nel 1484) richiese da parte di un rinnegato latino (ovvero, una persona che desiderava convertirsi dalla Fede cattolica romana alla Fede ortodossa) che rinunciasse soltanto ai suoi errori cattolici romani. Nell'atto della ricezione il rinnegato era unto con il Santo Crisma, come si fa durante il battesimo degli infanti. Il rito era notevole per la sua semplicità. Sotto questo aspetto la Chiesa greca del XV secolo era molto più elevata delle Chiese greche del XVIII e XIX secolo. Come è noto, la Chiesa greca nel XVIII secolo sollevò una rumorosa polemica sui mezzi di ricezione dei convertiti latini - come pure quelli protestanti - all'Ortodossia, e iniziò a inclinarsi verso l'opinione che tali rinnegati debbano essere ri-battezzati come se fossero di fatto eretici che non credono nel dogma Trinitario. Come risultato di queste polemiche, sorse nella chiesa greca una pratica contraria ai canoni, che potesse servire a raffreddare il desiderio dei rinnegati di convertirsi all'Ortodossia, con il risultato che quanti cercavano la verità ortodossa iniziarono a essere ri-battezzati."

Il Professor Lebedev scrive inoltre:

"Uno degli esempi più convincenti, che serve come prova di che grande grado di instabilità esistesse nella Chiesa di Costantinopoli, fu la storia che accompagnò le dispute sul battesimo dei latini. Nel 1751, durante il regno del Patriarca Cirillo V, nella regione di Katirli in Nicomedia apparve un certo monaco, Auxentios [Aussenzio], che era un diacono e che iniziò a predicare al popolo sugli errori dei latini. Con un'insistenza particolare prese a predicare contro la validità del battesimo latino giungendo alla conclusione che i latini (e i protestanti assieme a loro) devono essere ri-battezzati alla loro conversione alla chiesa greca orientale. Il Patriarca Cirillo, per quanto pienamente consapevole della predicazione di Auxentios, diede l'impressione di non saperne nulla, agendo così per paura di provocare l'odio di parte papista, anche se nel profondo dell'anima era in pieno accordo con il predicatore. Il numero di persone in accordo con l'insegnamento di Auxentios' crebbe di giorno in giorno, ma il Patriarca per cautela non espresse né solidarietà né mancanza di solidarietà con il profeta, così come Auxentios era considerato dal popolo. Auxentios si insinuò come profeta per mezzo di malizia e astuzia. Riuscì ad apprendere dai loro confessori i peccati di alcuni dei loro figli spirituali, e incontrandoli li accusava dei loro peccati che essi ritenevano ignoti a tutti, e li ammoniva con insistenza di astenersi in futuro dal più grande di tali peccati, minacciandoli del castigo eterna. Chi era accusato in tal modo credeva ingenuamente che Auxentios fosse un conoscitore di segreti. Per questo motivo fu percepito come profeta. Auxentios era visto come un sant'uomo, e attraeva numerosi uomini e donne che pendevano da ogni sua parola, di pentivano dei loro peccati, imploravano un'imposizione delle mani e chiedevano le sue preghiere e benedizione. Presto, nell'anno seguente del 1752, vi fu un cambiamento al patriarcato. Al posto di Cirillo, Paissio II divenne patriarca. Egli ordinò immediatamente ad Auxentios di interrompere la sua predicazione sul ri-battesimo di latini e armeni. Sì, armeni, perché il veggente di Katirli profetizzò che il battesimo armeno era invalido. Ma questi non volle ascoltare la voce del patriarca di Costantinopoli. Una o due volte Auxentios fu convocato al sinodo dove fu ammonito collettivamente, ma senza che gli venisse il pensiero di abbandonare la sua delusione. Quindi, per ammonire Auxentios di Katirli, fu inviato un didaskalos [insegnante], un certo Kritios, ma la folla, eccitata dal predicatore fanatico, poté appena essere contenuta dal fare a pezzi il didaskalos. L'eccitazione pubblica crebbe sempre di più. Auxentios non era ascoltato solo dalla gente semplice, ma anche da arconi e arconti, e gran parte di quelli che lo ascoltavano passò dalla sua parte e si unì a lui esprimendo la propria palese insoddisfazione nei confronti del Patriarca Paissio e del sinodo. Sostenuto dalla folla, Auxentios non solo non volle ascoltare le ammonizioni e gli ordini del patriarca e del sinodo, ma osò chiamarli pubblicamente eretici, dichiarando che erano devoti del papato. In opposizione a Paissio, Auxentios lodava il patriarca precedente, Cirillo V, come persona veramente ortodossa, poiché, a dire il vero, Cirillo era incline a condividere le vedute di quell'estremo e irragionevole oppositore dei latini. Il patriarca e i vescovi, in un tentativo di porre fine alla controversia e di calmare la discordia tra greci, armeni e papisti, di nuovo vietò ad Auxentios di continuare la sua predicazione illegale. Ma queste nuove pressioni da parte delle autorità della Chiesa contro Auxentios ebbero come risultato un'espressione pubblica di odio verso il patriarca e i vescovi. L'opposizione dei partigiani di Auxentios contro le autorità della Chiesa prese le caratteristiche di un tumulto. Così il governo turco fu coinvolto nell'affare, con ogni probabilità per l'insistenza del patriarca e del sinodo. Il governo affrontava i responsabili di disordini sociali a modo proprio. Comprese che un'azione diretta e aperta contro Auxentios non sarebbe stata senza pericoli, e così diede inizio a un sotterfugio. Una notte un ufficiale turco molto importante fu inviato da Auxentios a Katirli per invitare il falso profeta a Costantinopoli, presumibilmente per un'udienza distinta con il Gran Vizir. Il piano ebbe successo. L'ambizione di Auxentios era sfrenata. I suoi ammiratori, da parte loro, lo spinsero ad accettare l'invito del Vizir. Ma appena Auxentios si imbarcò e si allontanò dalla riva, come in un piano architettato in precedenza, il sobillatore fu strangolato e il suo corpo gettato nel mare (secondo un'altra versione, Auxentios e due dei suoi principali ammiratori furono impiccati). Il giorno seguente i seguaci di Auxentios arrivarono a Costantinopoli e andarono direttamente al palazzo del Gran Vizir; ma non ebbero alcuna notizia sul fato del loro capo. In seguito, la folla si mosse verso il Patriarcato, urlando e imprecando insulti contro il patriarca. Infine presero il patriarca e iniziarono a percuoterlo. La polizia del Fanar fu appena in grado di strappare il patriarca vivo dalle mani della folla inferocita. Quindi il patriarca si nascose si imbarcò. La folla non poté essere calmata. Circa 5000 persone si mossero verso la Porta e iniziarono a gridare a una voce che non volevano Paissio come patriarca e pretendevano la restaurazione di Cirillo V sul trono. La folla gridò con furia: "Non vogliamo Paissio! È un armeno! È un latino! Ecco perché rifiuta di battezzare armeni o latini! Vuole distruggere il Venerabile (Auxentios)! Non lo vogliamo!" E così Cirillo divenne patriarca. Nel salire al trono fece tutto quanto poteva per favorire il partito di Auxentios. Promulgò un documento ufficiale con il quale decretava di ri-battezzare i cattolici romani e gli armeni che si convertivano all'Ortodossia. Non tutti seguirono la determinazione del patriarca - i più anziani dei vescovi erano contrari, e una protesta particolarmente forte in difesa della verità venne dai Metropoliti Acacio di Cizico e Samuele (più tardi patriarca) di Derconio. Vi fu perfino un trattato che provava l'illegittimità del ri-battesimo. C'è un forte tentativo nel documento del patriarca di minimizzare l'effetto di quel trattato sulle menti. Leggiamo nel documento di Cirillo V: "...tre volte condanniamo l'insensata e anti-canonica composizione. Chiunque accetti ora o in futuro questa composizione, li proclamiamo scomunicati, siano essi preti o laici. I loro corpi alla loro morte non si ridurranno in povere. Pietre e ferro si consumeranno, ma le loro spoglie, mai! Il loro fato porterà loro malanni e strangolamento come a Giuda! La terra li inghiotta come Datan e Abiram! L'angelo del Signore li insegua con la sua spada fino alla fine dei loro giorni." Un erudito scrittore greco, Vendotis, pieno di un senso di indignazione riguardo alla decisione di Cirillo sul ri-battesimo, non poté trovare parole sufficienti a esprimere adeguatamente i suoi sentimenti. Fece notare: forse che non desidera proclamare Dio stesso come protettore di ogni profanazione ed eresia? Forse non vuole proclamare che la Santa e Apostolica Chiesa è capace di cadere nell'errore? Egli scrive inoltre che Cirillo fu in grado di sostenere la sua decisione solo con l'aiuto delle autorità turche. Secondo lui, il Sultano del tempo, Osman, saputo della decisione di Cirillo disse che il patriarca agì come un Mufti islamico, che aveva il diritto di definire l'insegnamento religioso islamico, e che tutti i metropoliti erano obbligati a sottomettersi al patriarca in tale decisione, e chiunque non desiderava farlo, avrebbe dovuto tornare nella sua diocesi affinché potessero cessare le dispute nella capitale.

La controversia sorta sulla questione del ri-battesimo continuò durante il tempo del successore di Cirillo, Callinico IV. Ecco ciò che accadde a questo patriarca. Quando Callinico celebrò per la prima volta nella sua nuova carica, mentre stava sulla solea per impartire la sua benedizione al popolo, udì dai presenti un grido frenetico: "Abbasso il franco, fratelli! Abbasso il franco!" Quindi la folla si avventò sul patriarca e lo trascinò fuori della chiesa, non volendo dissacrare il suolo della chiesa con il sangue. Fu a malapena possibile recuperate lo sfortunato patriarca dalle mani dei seguaci fanatici di Auxentios. Il patriarca, mezzo morto e privo delle vesti, sopravvisse a malapena grazie al coraggio dei suoi chierici. Ira popolare fu diretta al patriarca assolutamente per caso. Il suo pensiero, si diceva nelle supposizioni, era simile a quello dei latini, e questa idea era basata sul fatto che prima di diventare patriarca egli viveva nel sobborgo multinazionale di Galata, e così pensarono che egli fosse una creatura dei latini che vivevano là. Callinico rimase patriarca solo per pochi mesi. Queste dunque furono le lamentevoli circostanze che portarono all'abrogazione dell'antica pratica della Chiesa di ricevere latini e armeni convertiti alla Chiesa Ortodossa per mezzo del loro rifiuto degli errori precedenti, seguito dalla cresima." (89)

Si può aggiungere alle parole del nostro grande studioso che questa determinazione sul ri-battesimo dei latini che si convertivano all'Ortodossia era il risultato di ignoranza e malafede nella preparazione della determinazione. C'è una totale assenza di qualsiasi riferimento alle decisioni dei precedenti Concili, alle opinioni dei Santi Padri quali San Marco di Efeso e San Gennadio II (Scolario) Patriarca di Costantinopoli. Fu un risultato di demagogia e di ristretto sciovinismo. Questa determinazione non può essere in alcun modo chiamata "Ecclesiale" in quanto è qualcosa di alieno a quei grandi canoni ecclesiastici e opinioni dei Santi Padri che erano noti alla Chiesa Ortodossa Universale. Pertanto, è chiaro perché le altre Chiese Ortodosse non la accettarono come tale.

Anche se è un fatto non controverso che questa era un'espressione di odio verso i latini, non possono in alcun modo essere paragonate le circostanze di ciò che accadde in Russia al tempo del Patriarca Filarete e ciò che accadde nel Patriarcato di Costantinopoli nel XVIII secolo. L'assalto dei latini in Russia fu senza precedenti per crudeltà. Vi fu il martirio del Patriarca Ermogene e una persecuzione della Chiesa Ortodossa e dei suoi vescovi. Vi furono piani maliziosi da parte dei latini, che operavano per mezzo del Falso Dimitri, di distruggere tutti i campioni dell'Ortodossia in Russia. Nel mondo greco c'era la presenza di propaganda latina, diffusa in primo luogo dai gesuiti (pari a quella che essi diffondevano in tutti gli altri paesi). Tale propaganda ebbe un effetto minimo nelle terre greche e fu pure contenuta dal potere turco, e, si può dire, fu su scala piuttosto limitata. (90)

Come abbiamo fatto notare, lo sciovinismo greco, che sarebbe cresciuto nei secoli XVII, XVIII e XIX a dimensioni mostruose, giocò una parte non piccola nelle decisioni del Patriarca Cirillo V. Dopo che Costantinopoli fu conquistata, il grande orgoglio della potenza dell'Impero e della sua Chiesa fu rimpiazzato da un malsano sciovinismo tra i greci, e soprattutto tra la gerarchia greca. Questo sciovinismo si proiettava in un odio passionale verso i non ortodossi, un disprezzo verso gli altri popoli ortodossi e una malevolenza perfino verso la Russia, il suo popolo e la sua Chiesa, da cui la Chiesa orientale aveva ricevuto innumerevoli benefici e ricchi doni, godendo della protezione del monarca russo e della Chiesa russa. Per disprezzo verso i russi, non volevano considerare alcunché di autorevole nella legislazione della Chiesa russa, cosa che sarebbe stata loro di beneficio.

Nel suo libro "Il Carattere delle relazioni russe con l'Oriente ortodosso nei secoli XVI e XVII," Il Professor N. F. Kapterev scrive:

"Arrivando a Mosca a chiedere finanziamenti, i greci si profondevano a lodare e glorificare i russi. Erano toccati dall'incontro con la loro genuina e ferma pietà, tuttavia in questo caso parlavano frequentemente senza sincerità, senza un genuino rispetto per la pietà russa, ma con un desiderio di compiacere i russi in ogni modo, per essere amati da loro e accattivarsi i loro favori in anticipo di finanziamenti più generosi. Vedevano i russi come un popolo forte e ricco, ma allo stesso tempo rozzo e ignorante, ancora bisognoso di cure e di guida dai più maturi e istruiti greci. Va da sé che i greci non esprimevano le loro opinioni poco adulatorie mentre erano a Mosca, sotto stretta osservazione, ma quando uscivano dalla Russia non mantenevano questo riserbo." (91) "Agli occhi dei greci, il popolo russo era rozzo e ignorante, e stava sul gradino più basso della loro comprensione e vita cristiana." (92)

Il Professor Kapterev ci dà ancora diversi esempi di attitudini negative dei greci verso i russi. Ci fornisce alcune delle lamentele dei russi sull'attitudine estremista e sprezzante dei greci:

"Nel 1650 Pacomio, un chierico del monastero di Chudov, di ritorno dalla Moldavia, riportò allo Tsar: "Quei greci all'estero odiano il popolo russo da Mosca e da Kiev, e quanto vengono di là sono chiamati cani." Inoltre scrive: "E le icone che la vostra Regale Maestà ha dato come doni agli anziani greci per vari monasteri in Palestina, questi anziani le vendono e le portano al mercato come se fossero tavole grezze. Non venerano queste icone e non le pongono nelle loro chiese."

I greci bruciarono i libri di culto che lo Tsar inviò ai monasteri greci nell'Athos, cosa che sconvolse i russi all'estremo, e che fu fatta per mancanza di rispetto nei loro confronti. Il compilatore del Menologio russo notava che "..i greci sono orgogliosi e sprezzanti" verso i russi, e scherniscono la loro pietà. Un greco, in una lettera ai suoi a Costantinopoli, scrive: "Dio vuole venirmi a salvare dal popolo rozzo e barbarico di Mosca... sono a malapena cristiani ortodossi." (93) Caratteristici in modo speciale sono i dati - basati su fonti primarie - forniti dal Professor Lebedev:

"È inutile pensare che la gerarchia greca guardi benevolmente ai russi, che sperano di eliminare il trionfo della mezzaluna sulla croce nelle antiche terre dell'Ortodossia. I gerarchi greci sanno bene che non esiste minaccia maggiore per i turchi ottomani di quella che viene dalla Russia. Tuttavia, accecati dal loro filetismo, guardano la Russia dall'alto nascondendo a mala pena il proprio disprezzo. Secondo il loro pensiero, cadere sotto il dominio della Russia significherebbe soccombere alla rozzezza e al barbarismo. I greci pensano: "Che cosa c'è in comune tra la frusta russa e la nobile nazione ellenica? Tra il despotismo e la libertà? Tra le tenebre degli sciti e la Grecia nel Sud? Che cosa c'è in comune tra la radiosa e nobile Grecia e il lugubre Ahriman [lo spirito del male nello zoroastrismo.- Tr.] del Nord? I sogni sulla loro unione spirituale non sono che i frutti dell'ignoranza della folla, per la quale il rintocco delle campane vale più di quei pensieri illuminati accessibili solo ai migliori tra i greci."

I greci hanno disprezzato in questo modo i russi non solo nei tempi recenti, non solo nel XIX secolo. Lo facevano anche prima. Già a metà del XVII secolo alcuni venditori ambulanti greci, che portavano le loro mercanzie a Mosca, osarono in seguito diffondere ridicole storie sulla Russia a Costantinopoli. Per esempio, dissero che non vi erano insegnanti in Russia, e che lo stesso erede al trono fu istruito da loro, gli ambulanti, e che qualche monaco "fece un incantesimo" perché i russi non andassero mai in guerra contro i tartari, e i russi gli prestarono ascolto. Si presero gioco dello stesso Tsar russo dicendo che era così occupato a far fare un fonte d'argento per il battesimo del figlio del re (danese?), da trascurare completamente tutte le questioni più importanti. Ma il disdegno verso i russi come popolo meno colto dei greci non era la sola ragione. C'era tra il clero più anziano la paura di una possibile conquista di Costantinopoli da parte dei russi. La gerarchia temeva che se i russi avessero espulso i turchi dall'Europa, i vescovi sarebbero stati forzati a vivere e ad agire secondo i canoni della Chiesa, cosa che i vescovi non erano più abituati a fare. Un vescovo greco molto erudito, attorno al 1860, riassunse il pensiero di tutti i suoi predecessori quando disse: "Voi slavi (cioè russi) siete i nostri nemici naturali. Noi dobbiamo pertanto sostenere i turchi. Finché esiste la Turchia, si prenderà cura di noi. Il pan-slavismo per noi è pericoloso." Come risultato di tutte queste attitudini da parte dei greci e soprattutto dei vescovi, un viaggiatore russo in Medio Oriente notò che, "a partire dal più umile monaco e terminando con rappresentanti della chiesa quali il patriarca, tutti i chierici greci ci odiano istintivamente, dal profondo del cuore". Daremo alcuni esempi di questo odio che animava l'alta gerarchia della Chiesa greca. Questi fatti ci presentano una situazione moralmente difficile, e ci asterremo da ogni commento. Lasciamo che i fatti parlino da soli.

Il Vescovo Porfirio Uspenskij in una delle sue opere, dedicata allo studio della vita ecclesiale greca, riporta un incidente, una "meraviglia delle meraviglie", come la descrive. Il Patriarca Melezio di Costantinopoli (nel 1845), apparendo di fronte al Sultano Abdulla-Medjid, gli baciò il piede dicendo: "O Signore, lascia che il tuo servo se ne vada in pace, secondo la tua parola, poiché i miei occhi hanno visto la salvezza che hai preparato" (Tutto questo era rivolto al sultano). Il narratore aggiunge: quel patriarca era un amico dei turchi e un nemico dei russi, e si sostiene che abbia detto: "Fatevi avere un pezzetto della carne di un russo, e la triterò nelle particelle più minute." Lo stesso vescovo Porfirio scrive in un altro dei suoi articoli: "Nel 1854, quando infuriava la guerra nella nostra Sebastopoli, il patriarca ecumenico (naturalmente, quello di Costantinopoli, ma l'autore non fornisce il suo nome; probabilmente Antimo VI), in risposta agli ordini del Sultano Abdulla-Medjid, pubblicò una preghiera per i cristiani ortodossi, composta da lui in stile fiorito, e in cui si supplica Dio per la vittoria dei nostri nemici e per la nostra sconfitta (ovvero, per il nostro esercito amico di Cristo). La preghiera dice:

"Signore nostro Dio, Dio di Abramo, di Isacco e di Giacobbe, che tutto hai creato in sapienza... O Re della gloria, ricevi ora la preghiera dei tuoi servi umili e peccatori, che ora offriamo a nome del grande sovrano, mite e misericordiosissimo re e autocrate, Sultano Abdulla-Medjid, nostro signore. O Signore Dio di misericordia, ascolta noi tuoi umili e indegni servitori in quest'ora e con il tuo potere invincibile proteggilo, rafforza il suo esercito, accordagli ogni vittoria e bottino, distruggi i suoi nemici, che insorgono contro il suo potere, e compi tutto a suo favore, affinché possiamo vivere una vita quieta e pacifica, lodando il tuo santissimo nome, Padre, e Figlio, e Santo Spirito. Amen."

Non c'è dubbio che il patriarca di Costantinopoli e i vescovi greci non pregarono solo con una sola voce, ma anche con tutto il loro cuore. Questa preghiera, aggiunge il reverendissimo autore, fu mandata perfino all'Athos. Ma là non fu letta, né nelle chiese né nelle celle." Infine, riportiamo un episodio dall'ultima guerra russo-turca in Bulgaria. Quando i russi occuparono la Bulgaria, il comandante militare in capo, Conte Totleben, era di ritorno da Livadia, ovvero dalla stessa corte dello Tsar russo. Ad Adrianopoli incontrò il clero di tutte le denominazioni - bulgari, armeni, ebrei e perfino musulmani. Tutti andarono dal conte per dimostrare la loro gratitudine per la protezione offerta dalle autorità russe. Vennero tutti, con l'eccezione del Metropolita greco Dionysios. Le autorità militari russe conclusero da questo e da altri incidenti che "l'attitudine del clero greco verso i russi non era amichevole", e che"tentavano di dimostrarlo anche nei più piccoli dettagli." Adrianopoli passò di nuovo ai turchi. Quando vi arrivò il nuovo governatore generale turco Reut Pascià, i greci organizzarono un ricevimento solenne, e si disse in uno dei discorsi: "...per troppo tempo siamo stati prigionieri, alla fine vediamo il nostro liberatore." (94)

Nelle "Lettere dal Monte Santo" vediamo che i monasteri greci dell'Athos rifiutavano di lasciar usare le loro biblioteche agli studiosi russi sotto il pretesto che i russi rubavano i loro antichi manoscritti.

Sia che fosse il risultato del deterioramento dei rapporti tra russi e greci, sia che fosse indipendente da ciò, il Santo Sinodo nel 1721, secondo il Professor Kapterev, "...abrogò in modo solenne e ufficiale l'elevazione del nome del patriarca di Costantinopoli durante gli offici divini, cosa che fino a quel tempo era sempre stata fatta in Russia, - non desiderando vedere neppure un'ombra o una traccia di preferenza o preminenza del patriarca di Costantinopoli nella Chiesa russa." (95)

Tutte queste cose non sono state discusse per provocare una sorta di antagonismo verso il popolo greco e la loro Chiesa. Tutto è cambiato e migliorato con il tempo, ed è diventato storia passata. Oggi le relazioni tra la Chiesa greca e quelle slave sono fraterne e collegiali. Perfino le relazioni con i non ortodossi,per un certo tempo ostili, ora riflettono cordialità e un mutuo rispetto.

Abbiamo discusso tutto ciò per mostrare l'atmosfera che esisteva durante l'era in cui la Chiesa di Costantinopoli promulgò i suoi decreti sul ri-battesimo di cattolici romani e luterani che desideravano convertirsi all'Ortodossia, e in cui vi furono dibattiti di interpretazioni dei canoni nel Pedalion (Kormchaya). Ciò aveva luogo nel periodo più cupo della storia del Patriarcato di Costantinopoli, quando i decreti della Chiesa, anche se scritti in linguaggio ecclesiastico fiorito, non erano in sostanza motivati dalle vere necessità della Chiesa, ma avvennero a causa di ignoranza, demagogia ed estremo sciovinismo, e furono regressivi rispetto ai canoni della Chiesa universale, nonché un ripudio dell'esperienza benefica delle Chiesa russa e delle altre Chiese slave. La grande Chiesa russa, muovendosi sul sentiero della magnanimità, dell'ampiezza di visione e della benevolenza, così come sui principi canonici della Chiesa Universale e della propria esperienza, non solo respinse questa decisione greca sul ri-battesimo dei latini e dei luterani che si convertivano alla Chiesa Ortodossa, ma rese anche il sentiero verso l'Ortodossia più facile per i non ortodossi. Abbiamo introdotto il lettore ai saggi e oculati Canoni della Chiesa russa nel capitolo precedente del nostro saggio.

La ricezione dei convertiti negli Stati Uniti

Nei tempi contemporanei vi sono due visioni distinte di come ricevere i non ortodossi nella Chiesa Ortodossa.

Il primo metodo, che i greci chiamano "russo", consiste nel dividere i non ortodossi in tre categorie ai fini della conversione. Nella prima categoria, i convertiti sono battezzati. Nella seconda, sono cresimati. Nella terza, sono ricevuti mediante il rito della penitenza, un ripudio dell'eresia e la confessione della Fede ortodossa. Come è stato più sopra dimostrato, questa pratica è basata sui canoni dei Concili Ecumenici, sulla diretta autorità di San Marco di Efeso, del Concilio di Costantinopoli del 1484, delle decisioni dei Concili di Mosca del 1655 e soprattutto del 1667, delle decisioni del Santo Concilio del 1718 come pure delle successive decisioni e direttive del Santo Sinodo della Chiesa Ortodossa Russa. È vero che vi fu un periodo nella Chiesa russa in cui i cattolici romani (e i protestanti) erano ricevuti nell'Ortodossia per mezzo del battesimo, ma in tutta la millenaria storia della Chiesa russa ciò fu in effetto per circa 45-47 anni, dopo i quali la pratica di ricevere con il battesimo tutti non ortodossi senza distinzione fu condannata e abrogata una volta per tutte. Come risultato, si svilupparono tre forme o riti per ricevere i non ortodossi nel seno della Chiesa Ortodossa.

Nel secondo metodo, tutti i non ortodossi sono ricevuti per mezzo del battesimo seguito dalla cresima. Questo fu adottato dai greci al Concilio di Costantinopoli nel 1756, ed è descritto nel Pedalion.

Neppure una singola Chiesa Ortodossa non greca ha adottato questa pratica. Invece, le Chiese Ortodosse non greche aderiscono fermamente a quella pratica, che è designata come "russa."

In tempi recenti, il Patriarcato di Costantinopoli ha rescisso l'uso del secondo metodo, e ora riceve i non ortodossi per mezzo del rito "russo".

Tutte le giurisdizioni vecchio-calendariste greche (ve ne sono almeno sette), sia negli Stati Uniti che in Grecia, aderiscono al rito "greco" rito per la ricezione dei non-ortodossi nell'Ortodossia, ovvero, esclusivamente per mezzo del battesimo come decretato dal Concilio di Costantinopoli del 1756. Questa pratica "greca", con certe modifiche, e l'allontanamento dalla pratica "russa", è divenuta di recente la regola per la Chiesa Russa all'Estero, secondo la decisione del Concilio dei Vescovi del 15/28 Settembre 1971. Il testo completo di tale decisione sarà fornito alla fine di questo capitolo.

La Chiesa Ortodossa in America (già nota come "Metropolia Americana"), fondata dai missionari russi e in seguito costituita come diocesi della Chiesa Ortodossa Russa con centro prima a San Francisco e quindi a New York, e che per un certo tempo ebbe come suo vescovo diocesano il futuro Patriarca [San] Tikhon, ha ereditato le tradizioni della Chiesa russa rispetto al rito per la ricezione dei non ortodossi che si convertono alla Chiesa Ortodossa. La Chiesa Ortodossa in America riceve i non ortodossi per mezzo di tre riti:

· Chi si converte dal giudaismo, dal paganesimo e dall'islam, così come quanti distorcono o non accettano il dogma della Santa Trinità, o laddove il battesimo si compie per mezzo di una singola immersione, per mezzo del battesimo.

· Coloro il cui battesimo era valido ma che non hanno il sacramento della cresima oppure che mancano di una gerarchia con successione apostolica (o se quest'ultima è discutibile), per mezzo della cresima. Questo gruppo include luterani, calvinisti ed episcopaliani (anglicani).

· Coloro la cui gerarchia ha una successione apostolica e che hanno ricevuto nella propria chiesa battesimo e cresima (o confermazione), per mezzo di penitenza e ripudio dell'eresia, dopo l'istruzione nell'Ortodossia. Questo gruppo include persone delle confessioni cattolica romana e armena. Nel caso che non siano stati cresimati o confermati nelle loro chiese, o se su questo punto vi sono dei dubbi, sono unti con il santo crisma.

Esattamente le stesse regole si trovano in tutte le Chiese ortodosse non greche in America e in Canada.

Lo stesso Patriarcato di Costantinopoli si è radicalmente allontanato dallo spirito che motivò le decisioni del Concilio di Costantinopoli del 1756. Nella sua "Lettera circolare a tutte le chiese cristiane" del 1920 il Sinodo del Patriarcato di Costantinopoli si appellò a tutte le chiese cristiane con una proposta di mettere da parte la mutua diffidenza tra le chiese. Invece, devono essere rigenerati e intensificati i sentimenti di amore, in modo che le chiese non si guardino più reciprocamente come estranee o perfino come nemiche, ma vedano l'una nell'altra la propria gente e fratelli in Cristo. L'epistola propone che vi sia mutuo rispetto per i costumi e le pratiche proprie di ciascuna delle chiese che si adornano del nome di Cristo, senza più dimenticare o ignorare i suo "nuovo comandamento," il grande comandamento dell'amore reciproco. (96)

Durante l'ultima sessione del Concilio Vaticano Secondo alla fine del Dicembre 1965 vi fu un annuncio da parte del Patriarcato di Costantinopoli e del Papa di Roma e del Concilio sul mutuo sollevamento degli anatemi che furono "scambiati" tra la Chiesa di Roma e la Chiesa Ortodossa durante il tragico anno del 1054, l'anno della grande divisione tra le chiese. (97)

Nel capitolo "Sull'Ecumenismo" nella raccolta di documenti e decreti del Concilio Vaticano Secondo, si parla della Chiesa Ortodossa con eccezionale calore. Visto che ero presente al Concilio Vaticano Secondo nel ruolo di osservatore ufficiale dalla Chiesa Russa all'Estero, posso testimoniare quanto eccezionalmente cordiali fossero le attenzioni verso tutti gli osservatori delle Chiese Ortodosse da parte della Chiesa Cattolica Romana. A dire il vero, resta da valutare quanto solide siano rimaste tali attenzioni.

In seguito al Concilio Vaticano Secondo fu elaborato un accordo tra la Chiesa Ortodossa Russa e la Chiesa di Roma secondo il quale, in casi di estrema necessità e in completa assenza del proprio clero, i membri della Chiesa di Roma potessero ricevere i Santi Misteri nelle chiese russe, e allo stesso modo gli ortodossi in chiese cattoliche romane. (98) Non sappiamo se questo accordo sia stato realizzato nella pratica o se rimanga solo sulla carta. Non una singola Chiesa ortodossa, con l'eccezione della Chiesa Russa all'Estero, rimproverò il Patriarca di Mosca per questa decisione che fu causata dai tempi terribili e dalle persecuzioni di cristiani sotto regimi atei. (99) Nondimeno questa decisione non è stata rescissa neppure ora, e il catechismo recentemente stampato della Chiesa di Roma pubblicato con la benedizione di Papa Giovanni Paolo II parla del pieno riconoscimento dei sacramenti della Chiesa Ortodossa. Tuttavia, non vi è dubbio che come risultato del proselitismo tra la popolazione tradizionalmente ortodossa - da parte di cattolici romani e protestanti - al quale la Chiesa Ortodossa reagisce con grande sconforto, così come della repressione contro gli ortodossi nell'Ucraina occidentale e perfino in Polonia - non c'è più quel calore e cordialità verso gli ortodossi che vi fu durante Concilio Vaticano Secondo e per un certo tempo in seguito. Tuttavia, la domanda incisiva oggi è questa: Vi è stato qualche cambiamento nelle pratiche delle chiese cattolica romana o luterana rispetto al loro sacramento del battesimo? E la risposta è questa: Nulla è cambiato. Così, le nostre chiese (con l'eccezione della Chiesa Russa all'Estero), riconoscono come valido il sacramento del battesimo compiuto da cattolici romani e luterani.

Perciò, per tornare al nostro tema, ripetiamo che il Patriarcato di Costantinopoli e i suoi Esarcati in America e in Europa hanno adottato quella pratica per la ricezione dei non ortodossi nell'Ortodossia, che i greci chiamano "russa," e ha di fatto rigettato la decisione del Concilio di Costantinopoli del 1756 (che fu motivata dall'intolleranza) e la spiegazione nel Pedalion.

E così, nella "Guida per gli ortodossi riguardo ai contatti con le chiese non ortodosse," pubblicata nel 1966 dalla Standing Conference of Canonical Orthodox Bishops in America (SCOBA), raccomandata come indicazione dal clero delle nostre chiese ortodosse, si trova la regola seguente:

"All'ingresso nella Chiesa Ortodossa di uno che si converte di propria volontà dalla non-Ortodossia, il prete riceve il candidato per mezzo di uno dei tre riti prescritti dal Concilio Ecumenico Quinisesto: per mezzo di battesimo, cresima o confessione di fede, a seconda dei casi." (100)

Nelle "Istruzioni per le relazioni con le chiese non ortodosse," pubblicate dallo stessa Conferenza nel 1972, leggiamo le stesse regole sulla ricezione dei non ortodossi nella Chiesa Ortodossa, ovvero, "I non ortodossi che si convertono all'Ortodossia e che sono stati battezzati nelle loro chiese d'origine si possono ricevere senza ripetizione del battesimo se questo può essere accettato dagli ortodossi, ovvero per mezzo della cresima o la confessione della Fede ortodossa, secondo il rito appropriato per ogni situazione." (101)

Questo rito si trova nelle "Linee guida" dell'Arcidiocesi Greco-Ortodossa in America, pp. 53-55. Si può usare anche il rito stampato in Russia e che si trova nel Trebnik ("Libro delle necessità"): "Officio per la ricezione nella Fede ortodossa di persone che non sono state in precedenza ortodosse, ma sono state allevate fin dall'infanzia fuori della Chiesa Ortodossa, eppure hanno ricevuto un valido battesimo nel nome del Padre e del Figlio e del santo Spirito." Questo rito è stato tradotto in inglese e si può trovare nel libro pubblicato con la benedizione del Santissimo Patriarca [San] Tikhon: Isabel Florence Hapgood, "Orthodox Service Book," 1954 ed., p. 454ss.

Vediamo dalla storia della Chiesa che fu tipico delle sette dissidenti quali novaziani, montanisti e donatisti di ri-battezzare quanti si convertivano a loro. Considerandosi "puri" e "migliori" e vendendo se stessi come i soli sulla via della salvezza, aborrivano chiunque altro. Avrebbero potuto meritare rispetto per i loro alti requisiti morali, ma l'orgoglio li tradì. Si tagliarono fuori dal corpo della Chiesa in cui dimoravano la vita e la grazia, e così si estinsero completamente in un breve periodo di tempo. "Il Signore resiste gli orgogliosi, ma dà grazia agli umili" (Prov. 3:34 LXX). Anche in Russia certi dissidenti, soprattutto i vecchi ritualisti asacerdotali, compivano allo stesso modo il ri-battesimo degli ortodossi che si convertivano a loro. L'umile, mite, compassionevole, benevola e accondiscendente Chiesa Ortodossa possedeva e possiede e continuerà a possedere la grazia, e insieme con questa la vitalità e la forza di essere magnanima. Quel ri-battesimo, che gli eretici e i dissidenti compivano sugli ortodossi, albergava dentro di sé la sua debolezza interna. I forti e i giusti non hanno paura di essere magnanimi, ma i deboli e gli ingiusti non se lo possono permettere. Come abbiamo visto, nei tempi antichi (particolarmente nel terzo secolo) e dentro la Chiesa Ortodossa vi sono state tendenze a ri-battezzare i dissidenti che si convertono alla Chiesa Ortodossa. Ma la Chiesa vi si è opposta in modo decisivo, vietando, con i suoi canoni, il ri-battesimo di quanto sono stati validamente battezzati nel nome della Santa Trinità. I Concili Ecumenici, il Secondo e specialmente il Sesto, decretarono con le loro decisioni, chi dovrebbe essere ricevuto nell'Ortodossia per mezzo del battesimo, chi per mezzo della cresima e chi per mezzo della penitenza, del ripudio delle eresie e della confessione di Fede ortodossa. In questo modo si è piamente mantenuta la regola della non ripetizione di un valido battesimo, anche se compiuto al di fuori della Chiesa Ortodossa. In Russia, come abbiamo visto in seguito, fu decretato per breve tempo di ricevere tutti i non ortodossi per mezzo del battesimo. Ma questo "ri-battesimo" evocato dagli orrori di quei tempi fu rapidamente rescisso come erroneo, una volta per tutte, dai Concili e dai decreti della Santa Chiesa Russa. Infine, come abbiamo visto, il patriarcato di Costantinopoli ha di fatto respinto quel decreto radicale sul ri-battesimo di tutti i non ortodossi che si convertono all'Ortodossia, pronunciato dal Concilio di Costantinopoli del 1756.

Ciascuno dei misteri della Chiesa Ortodossa ha un aspetto dogmatico. Le forme possono cambiare e i canoni possono essere emendati, ma i loro aspetti dogmatici restano immutabili, Per esempio, le forme della Divina Liturgia sono cambiate nel corso dei secoli, ma l'essenza dogmatica della Divina Liturgia rimase e rimane immutata, vale a dire, che sotto l'aspetto del pane e del vino riceviamo il Vero Corpo e Sangue di Cristo, il cui cambiamento ha luogo attraverso l'azione sacra del vescovo o del prete. Così, nel mistero del battesimo il fondamento dogmatico o sostanza è che sia compiuto per triplice immersione (o per mezzo di un suo equivalente) (102) pronunciando il nome di ciascuna Persona della Divina Trinità, individualmente, e quindi nella non-ripetizione di questo mistero, dato che è stato la nascita spirituale del cristiano nella vita eterna in Cristo. Così come la nostra nascita nella carne avviene una volta sola, così la nostra nascita spirituale avviene una volta sola nel mistero del battesimo. Questa non-ripetizione del battesimo valido, come dogma, è sigillata per tutti i tempi nel Simbolo della Fede: "Credo ... in un solo Battesimo." Anche se il battesimo è stato compiuto in una chiesa non ortodossa, ma nella stessa forma in cui compiuto tra gli ortodossi, è accettato, secondo i canoni dei Concili Ecumenici. (103) Il Beato Agostino scrisse che il sacramento del battesimo fu istituito da nostro Signore Gesù Cristo stesso, e che anche la perversione (perversitas) degli eretici non priva tale sacramento della sua veracità e validità. Così ne consegue che il ri-battesimo viola il principio dogmatico della non-ripetizione del battesimo. (104)

Nel Settembre 1971, la Chiesa Russa all'Estero, rigettando la pratica "russa" per la ricezione dei non ortodossi, adottò la pratica "greca", ovvero, la pratica seguita dai Vecchi Calendaristi greci, basata sulle decisioni del Concilio di Costantinopoli del 1756, decretando che tutti i cristiani non ortodossi che si convertono alla Fede ortodossa devono essere ricevuti esclusivamente per mezzo del battesimo permettendo solo "per ragioni di necessità" la loro ricezione per mezzo di un altro rito, ma solo con il permesso del vescovo diocesano.

Questa decisione del Concilio dei Vescovi della Chiesa Russa all'Estero del 15/28 Settembre 1971 dice: (105)

"Sulla questione del battesimo degli eretici che accettano l'Ortodossia, è stato adottato il seguente decreto: la Santa Chiesa ha creduto da tempo immemorabile che vi può essere un solo vero battesimo, vale a dire quello che è compiuto nel suo seno: 'Un solo Signore, una sola fede, un solo battesimo.' (Ef 4:5) Anche nel Simbolo della Fede è confessato 'un solo battesimo,' e il Canone 46 dei Santi Apostoli dichiara: 'Comandiamo che un vescovo o un presbitero che abbia accettato (ovvero, che riconosca) il battesimo o il sacrificio degli eretici, sia deposto.'

"Tuttavia, quando lo zelo di alcuni eretici nella loro lotta contro la Chiesa diminuì e quando insorse la questione di conversioni di massa all'Ortodossia, la Chiesa, per facilitare la loro conversione, li ricevette nel proprio seno per mezzo di un altro rito. San Basilio il Grande nel suo Primo Canone, che fu incluso neo canoni del Sesto Concilio Ecumenico, allude all'esistenza di diverse pratiche per ricevere gli eretici in terre differenti. Egli spiega che ogni separazione dalla Chiesa ci priva della grazia e scrive a proposito dei dissidenti: 'Anche se l'allontanamento è iniziato per mezzo dello scisma, tuttavia, quanti si dipartono dalla Chiesa sono già privi della grazia del Santo Spirito. La concessione della grazia è cessata poiché la successione legittima è stata tagliata. I primi ad andarsene furono consacrati dai Padri, e attraverso l'imposizione delle loro mani avevano i doni spirituali. Ma ritornarono laici, senza alcun potere di battezzare né di ordinare, e non potevano trasmettere ad altri la grazia del Santo Spirito dalla quale essi stessi erano decaduti. Perciò, gli antichi ritennero quanti provenivano dagli scismatici alla Chiesa come se fossero stati battezzati da laici, e che dovessero essere purificati dal vero battesimo della Chiesa.' Tuttavia, 'per l'edificazione di molti' San Basilio non obietta ad altri riti per la ricezione dei dissidenti catari in Asia. Riguardo agli encratiti scrive che 'questo potrebbe essere un ostacolo al buon ordine generale' e che si potrebbe usare un rito differente, spiegandosi così: 'Ma ho paura di porre un impedimento ai salvati, sollevando in loro timori relativi al loro battesimo.'

"Così, San Basilio il Grande, e con le sue parole il Concilio Ecumenico, mentre stabiliscono il principio che al di fuori della Santa Chiesa ortodossa non esiste valido battesimo, concede per condiscendenza pastorale, chiamata economia, la ricezione di alcuni eretici e dissidenti senza un nuovo battesimo. Sulla base di questo principio i Concili Ecumenici hanno permesso la ricezione degli eretici per mezzo di differenti riti, in risposta all'indebolirsi della loro ostilità contro la Chiesa Ortodossa.

"La Kormchaya Kniga ne dà una spiegazione con le parole di Timoteo di Alessandria. Alla domanda 'Perché noi non battezziamo gli eretici che si convertono alla Chiesa Cattolica?' la sua risposta è: 'Se così fosse, una persona non si allontanerebbe rapidamente dall'eresia, non volendo provare la vergogna di ricevere un battesimo (ovvero, un secondo battesimo). Tuttavia, lo Spirito Santo scende attraverso l'imposizione delle mani e la preghiera del presbitero, come testimoniano gli Atti degli Apostoli.'

"Riguardo ai cattolici romani e a quei protestanti che sostengono di avere conservato il battesimo come sacramento (per esempio, i luterani), in Russia sin dal tempo di Pietro I fu introdotta la pratica di riceverli senza battesimo, attraverso una rinuncia delle eresie e la cresima per i protestanti e per i cattolici non confermati. Prima di Pietro, i cattolici erano battezzati in Russia. Pure in Grecia, la pratica è variata, ma dopo circa 300 anni successivi a una certa interruzione, fu reintrodotta la pratica di battezzare i convertiti dal cattolicesimo e dal protestantesimo. Quanti furono ricevuti in altri modi non sono stati (talvolta) riconosciuti in Grecia come ortodossi. In molti casi tali figli della nostra Chiesa russa non sono stati neppure ammessi alla Santa Comunione.

"Tenendo in considerazione questa circostanza e anche l'attuale crescita dell'eresia ecumenista, che cerca di cancellare completamente ogni differenza tra l'Ortodossia e ogni eresia - tanto che il Patriarcato di Mosca, nonostante i santi canoni, ha perfino promulgato un decreto che permette ai cattolici romani di ricevere (in certi casi) la comunione - il Sobor dei Vescovi riconosce la necessità di introdurre una pratica più severa, ovvero di battezzare tutti gli eretici che giungono alla Chiesa, e solo a causa di speciale necessità e con il permesso del vescovo è concesso, sotto applicazione dell'economia o condiscendenza pastorale, usare un metodo differente rispetto a certe persone, ovvero, la ricezione dei cattolici romani e dei protestanti che compiono il battesimo nel nome della Santa Trinità, per mezzo del ripudio delle eresie e della cresima" ("Church Life," Luglio-Dicembre 1971, pp. 52-54).

Poiché non appartengo più al clero della Chiesa Russa all'Estero, non mi considero in diritto di fare commenti su questa decisione.

Note

(1) Canoni Apostolici 46, 47, 49 e 50.

(2) San Giovanni Damasceno, Sui Santi Digiuni, cap. 3 P.G. 95, col. 64-76.

(3) 2 Ts 2:7.

(4) È fuori di ogni dubbio che i Santi Canoni siano promulgati dall'episcopato, e che i preti siano obbligati a metterli in pratica, ma in questo caso si presume che ai nostri tempi sia utile che l'episcopato, prima di promulgare un certo numero di regole direttamente correlate alla vita parrocchiale, solleciti il parere del clero parrocchiale. Nei tempi antichi il i vescovi erano anche pastori di parrocchie, cosa che spiega perché vi fossero così tanti vescovi e corepiscopi in territori relativamente piccoli, che a volte comprendevano centinaia di vescovi nei propri confini, e come risultato, erano ben consci delle necessità della vita parrocchiale.

Tra i Padri orientali non troviamo un concetto rigorosamente definito di autorità episcopale nella Chiesa. San Giovanni Crisostomo dice che nella Chiesa antica i termini "vescovo" e "presbitero" significavano un identico servizio e nei suoi scritti ha un'alta considerazione del servizio dei presbiteri nella Chiesa. I canoni della Chiesa orientale prescrivono l'obbedienza totale del clero verso il proprio vescovo, ma offrono anche un'opportunità per un chierico offeso di contestare il proprio vescovo di fronte al metropolita del territorio, e al metropolita è richiesto, durante le regolari sessioni del sinodo dei vescovi, di indagare con diligenza nei reclami del clero offeso. Un chierico offeso dal proprio vescovo aveva il diritto di appellarsi direttamente al patriarca del territorio.

Un concetto rigidamente definito di autorità episcopale nella Chiesa si ritrova più facilmente in Occidente, e appartiene soprattutto a San Cipriano di Cartagine (III secolo), i cui scritti riflettono i seguenti assiomi sull'autorità episcopale nella Chiesa: i vescovi sono stabiliti da Dio; la Chiesa si basa sui vescovi; Cristo ha affidato la sua Sposa, la Chiesa, ai vescovi; questi sono i successori degli Apostoli; il vescovo è nella Chiesa e la Chiesa è nel vescovo; quanti non sono con il proprio vescovo non sono con la Chiesa; senza il vescovo non vi è Chiesa. Allo stesso tempo, lo stesso san Cipriano scrive che dal principio del proprio episcopato egli è determinato a non decidere alcunché senza consultazione con il clero e il popolo (P.L. 4, col. 240. Epistola V). Chiamando i vescovi "sacerdotes" egli usa lo stesso termine usato per i presbiteri (P.L. 4, col. 333-334) e dice che i più degni tra loro sono in sessione con lui per correggere le questioni ecclesiastiche. Sant'Ambrogio scrive che vi sono degni preti attorno al vescovo, che lo aiutano e che sono pronti per un'immediata assegnazione a cattedre episcopali rimaste vuote. Scrive anche che vescovi e presbiteri sono dello stesso ordine, entrambi "sacerdoti di Dio," ma nondimeno i vescovi vengono in primo luogo: infatti il vescovo è il primo tra i presbiteri (P.L. 16, col. 496).

Il Beato Agostino scrive che al clero e ai laici si addice ricevere direttive dai propri vescovi, poiché i vescovi sono custodi e pastori, ma sottoposti essi stessi a Cristo, il primo custode e pastore. In un altro luogo egli scrive che i vescovi sono i servitori della chiesa; nelle sue lettere ai presbiteri si firma "co-presbitero", in quelle ai diaconi si firma "co-diacono."

Nella Chiesa l'autorità e il significato dell'episcopato è unico e sacro. Ma la Chiesa può anche trarre beneficio dall'esperienza benedetta dei preti di parrocchia.

I membri del Santo Sinodo russo consistevano non solo di vescovi eminenti, ma pure di eminenti preti.

(5) Come esempio possiamo indicare il Canone Apostolico 5 che vieta al vescovo di terminare il legame matrimoniale con la propria moglie. D'altro canto il Canone 6 del Sesto Concilio Ecumenico vieta al vescovo di avere moglie. Il Canone Apostolico 37 prescrive che i sinodi dei vescovi abbiano luogo due volte all'anno. In canoni successivi si prescrivono frequenze differenti. Il Canone Apostolico 85 fa una lista dei libri canonici delle Sacre Scritture. Canoni successivi riducono il numero, e altri includono l'Apocalisse di San Giovanni il Teologo. Il Canone 15 di Neocesarea prescrive che vi siano sette diaconi in ogni città a prescindere dalla sua grandezza, facendo riferimento al Capitolo 6 degli Atti degli Apostoli. Il Canone 16 del Sesto Concilio Ecumenico abroga questo canone che fu decretato dai Padri a Neocesarea. Un certo numero di canoni nella Chiesa antica prescrivono l'età minima dei candidati agli ordini di presbitero e diacono. La legislazione ecclesiastica successiva non ha tali requisiti e si attiene alla propria comprensione.

(6) Mt 28:19; At 2:38ss; At 8:12, 38; At 19:1-7ss. Secondo l'antica tradizione, tramandata da San Sofronio, Patriarca di Gerusalemme, gli Apostoli, dietro indicazione del Salvatore, si battezzarono l'un l'altro, e gli Apostoli Pietro e Giovanni battezzarono la Theotokos. P.G. n. 78/3 col. 3372.

(7) Canoni Apostolici 24, 47, 49, e 50.

(8) Ef 4:5.

(9) Canoni Apostolici 46, 47, 68; Laodicea 8; Basilio il Grande I; II Concilio Ecumenico 7; VI Concilio Ecumenico 95; Cartagine 59.

(10) Il testo dice: "Ordiniamo che un vescovo, o presbitero, che ha ammesso il battesimo o il sacrificio degli eretici sia deposto. Quale accordo esiste infatti tra Cristo e Belial, o tra un credente e un infedele?"

(11) Il testo dice: "Che un vescovo o presbitero che battezza nuovamente una persona che ha rettamente ricevuto il battesimo, o che non battezzi una persona che è stata contaminata dagli empi sia deposto, come uno che denigra la croce e la morte del Signore, e non fa distinzione tra veri e falsi preti."

(12) Ci riferiamo qui all'edizione sinodale di Mosca del 1901, p. 26. [C'è anche una nota più dettagliata in Milash che si riferisce al testo sinodale. N.d.T.].

(13) M .E. Posnov, Storia della Chiesa Cristiana [Istoriya Khristianskoy Tserkvi], Brussels, 1964, p. 146. Si veda la sua descrizione di queste eresie alle pagine 142-149. Si veda pure il Manuale per uno studio descrittivo di Ortodossia, Cattolicesimo e Protestantesimo.

(14) Lettera circolare dei Patriarchi orientali, 1848, §§ 2 e 3. Citata nel Manuale per uno studio descrittivo..., p. 729.

(15) Posnov, Op. Cit., pp. 147-148.

(16) I canonisti sono concordi nel dire che i "Canoni Apostolici" furono compilati al termine del II secolo e all'inizio del III. Alcuni dei canoni hanno un'origine ancor più recente. Si veda la discussione su questo punto in Posnov, op. cit., pp. 317-318.

(17) Si veda il termine "Baptism" nell'Encyclopedia Britannica e in Hastings, Encyclopedia of Religion and Ethics. Si veda il termine "Bapteme" nel Dictionaire de Theologie Catholique.

(18) The Seven Ecumenical Councils, Henry Percival, Oxford, 1900, p. 40.

(19) Si vedano i dettagli in Puller, The Primitive Saints and the See of Rome.

(20) Notato nel riferimento di Percival ai Concili di Cartagine.

(21) Così venivano descritti i seguaci dello scisma novaziano nel citato Libro dei Canoni pubblicato dal Santo Sinodo russo: "Quelli che si chiamavano 'puritani' erano seguaci di Novato, presbitero della Chiesa romana, che insegnava che quanti caddero nelle persecuzioni non si dovevano riaccogliere con la penitenza, né i bigami si sarebbero mai dovuti ricevere nella comunione della Chiesa, e che sostenevano la purezza della propria società per orgoglio e una totale mancanza di amore per gli altri" (p. 41). Si dovrebbe notare qui che i "catari" ("puritani"), così come i montanisti, ribattezzavano gli ortodossi che aderivano al loro scisma.

(22) L'eresia di Paolo di Samosata (A.D. 260) aveva un carattere giudaico: introduceva la circoncisione, non riconosceva la Trinità, né la divinità di Cristo in essenza, ma solo una sorta di sua elevazione di rango. L'eresia fu condannata due volte al Concilio locale di Antiochia negli anni 264 e 269. Per ulteriori dettagli si veda J.H. Blunt, Dictionary of Sects, Heresies, etc., 1874, p. 515ss.

(23) Concilio in Trullo.

(24) Il Concilio in Trullo ebbe luogo nel 691-692 A.D. San Basilio il Grande morì nel 379 A.D. Il concilio locale di Laodicea ebbe luogo nel 363 A.D.

(25) Si trova nel Grande Trebnik, edito dalla Lavra delle Grotte di Kiev, 1895, p. 408.

(26) Si veda il libro speciale pubblicato per direzione del Santo Sinodo nel 1895. Troviamo la stessa designazione nella Parte Terza del Trebnik pubblicato a Jordanville nel 1960.

(27) Questo canone si può trovare on line (in inglese) come parte della collezione Early Church Fathers. Si veda: http://www.ccel.org/fathers2/NPNF2-14/Npnf2-14-61.htm#P4014_722138.

(28) H. Percival, op. cit., pp. 405-406.

(29) Canoni 59 e 68.

(30) Non avendo accesso alla Kormchaya Kniga, che oggi è una rarità bibliografica, sto citando il testo dall'opera sul diritto canonico ortodosso scritta dal vescovo Nikodim Milash (Belgrado, 1926, p. 590.)

(31) Si veda: Archimandrite Ambrosius, St Mark of Ephesus and the Florentine Unia, Jordanville, 1963, p. 313.

(32) Ibid, pp. 40 and 41. 

(33) Ibid, p. 41. 

(34) Ibid, p. 40. 

(35) Ibid, p. 171.

(36) Ibid, p. 214.

(37) Nomocanonis, tit. XII c. 2; Pitra, Juris ecclesiastici Graecorum, t. II, p. 600.

(38) Theodori Balsamones, Responsa ad Interrogationes Marci, P.G. 138, col. 968.

(39) Citato in: Archimandrite Ambrosius, St Mark of Ephesus and the Florentine Unia, pp. 333-334. Lettera circolare di San Marco di Efeso § 4. Testo greco in Patrologia Orientalis T. XVII, p. 460-464 e in Migne, P.G. t. 160.

(40) Patericon dell'Athos, v. II, pp. 230-250 e pp. 282-283.

(41) Il Beato Agostino nota che il battesimo è un mistero, stabilito dal nostro Signore Gesù Cristo stesso, e che tale mistero non può perdere la sua validità attraverso la depravazione o la perversità (perversitas) degli eretici. De Baptismo V 2-3-4. P.L. 43.

(42) Lo spirito di tolleranza è sempre stato insito nella Chiesa Ortodossa. Come uno dei tanti esempi possiamo indicare l'officio della prima settimana della Grande Quaresima, dove si racconta come il Grande Martire San Teodoro di Tiro andò dal vescovo di Costantinopoli e lo avvisò che i cibi venduti al mercato in quel giorno erano stati profanati dal sangue offerto agli idoli per ordine dell'imperatore Giuliano l'Apostata, deciso con questo atto a fare dispetto ai cristiani (si veda il Sinassario per il primo sabato della Grande Quaresima). Per tutto questo officio, il vescovo locale è chiamato "ierarca," "capo dei pastori" che prega per tutta la notte per il suo gregge, e "patriarca." Tuttavia, al tempo in cui tutto questo aveva luogo, il vescovo di Costantinopoli era Eudossio, un ariano prominente. Costantinopoli non aveva in quel tempo un vescovo ortodosso.

(43) Prof. A. V. Kartashev, Outlines of Russian Church History, v. 1, pp. 264-265.

(44) Prof. N. Talberg, History of the Russian Church, p. 71.

(45) Kartashev, op. cit. Capitolo su La Separazione dall'Occidente, pp. 263-266.

(46) Ibid, p. 263.

(47) Talberg, op. cit., pp. 71, 73.

(48) Kartashev, op. cit., p.264.

(49) Ibid., p.264.

(50) Ibid, p.266. Un certo numero di opere è dedicato alla descrizione dei rapporti tra la Chiesa russa e l'Occidente. Uno degli esempi più significativi a proposito, a nostro umile giudizio, è l'opera in tre volumi di P. Pierling, La Russie et le Saint Siege, Paris, 1897.

(51) I papi erano sovrani rigorosi. Un papa è ricordato con gratitudine per avere reso sicure le vie di Roma per residenti e pellegrini. Lo fece ordinando di impiccare tutte le persone sospette. I papi avevano una forza di polizia efficiente e leale. Il "Sant'Uffizio" (Sacra Cancelleria) aveva una "Bocca della Verità," un'apertura nel muro dove si potevano depositare denuncie anonime, e che incuteva una grande paura ai residenti di Roma. I papi potevano avere nemici personali, ma non temevano nemici sui principi di fede. Questi ultimi a Roma erano sconosciuti.

(52) Vite dei Santi, compilate da San Dimitri, Metropolita di Rostov, per il 14 Maggio. Si veda anche I Folli in Cristo nella Chiesa orientale e russa di Ioann Kovalevskij, Mosca, 1895, pp. 238-249.

(53) Kovalevskij, op. cit., pp. 249-251.

(54) Ibid, p. 161ss.

(55) Possiamo far notare qui che gli storici russi caratterizzano la ricezione nell'Ortodossia di Marina Mnishek come un atto strettamente politico. La politica del Falso Dimitri era permeata dallo scopo di latinizzare la Chiesa russa. Si veda: Metropolita Makarij, Storia della Chiesa russa, v. X, pp. 99-122. Si veda anche Prof. Kartashev, op. cit., v. II, p. 60. Quanto alle mire del Falso Dimitri, si fa anche notare che egli, probabilmente, voleva essere un vero Tsar russo e non un lacchè di Roma e Varsavia. Il Professor Platonov nel suo libro su Boris Godunov fa correttamente notare che non c'è niente di peggio che formulare una calunnia contro una persona morta che non può controbattere.

(56) Kartashev, vol. 2, p. 98.

(57) Idem.

(58) Kartashev, pp. 96-97.

(59) Ibid, p. 99.

(60) Metropolita Makarij, Storia della Chiesa russa, v. XI, p. 232.

(61) Citato in Prof. Talberg, op. cit., p. 467.

(62) Metr. Makarij, op. cit., vol. XII, pp. 175-175.

(63) Ibid, pp. 196-197.

(64) Op. cit., p. 786. Per il testo originale si vedano gli Atti dei Concili di Mosca 1666-1667, Mosca, 1893, pp. 174-175.

(65) Nikodim Milash, op. cit., p. 592, nota II.

(66) Arcivescovo Beniamino, "Novaja Skrizhal'" 16a ed., San Pietroburgo, 1899, pp. 475-476; [si veda anche la ristampa della 17a edizione fatta a Jordanville, §79, p.506].

(67) Si trova in Nikolskij, Manuale per lo studio dell'Ordine [Ustav] degli Offici, ed. 1900, pp. 685-686.

(68) Bulgakov, Libro di riferimenti per i ministri sacri, ed. 1900, p. 947, nota 2.

(69) Ibid, p. 929 e note a p. 948.

(70) Decreti del Santo Sinodo, 1840, II, 20. 1865, VIII, 25. Statuto del Concistoro Spirituale, 22, 25.

(71) Tserkovnye Vedomosti, 1893, 28. Istruzioni Pratiche [per pastori rurali], 181ss.

(72) Tserkovnye Vedomosti, 1891, 21, p. 280.

(73) Istruzioni del Santo Sinodo, 1800, 20 febbraio, nota 4. Si vedano maggiori dettagli in Nikolskij, op.cit., p. 684.

(74) Riguardo ad alcune situazioni speciali di certi eterodossi giunti all'Ortodossia, che non sono direttamente correlate al nostro tema, si veda la Compilazione di Direttive e Note sui Problemi di Pratica Pastorale, Mosca, 1875, pp. 73-75.

(75) Bulgakov, op. cit., pp. 928-929.

(76) Ibid, p. 929, note 1.

(77) Arciprete Nikolskij, op. cit., p. 678.

(78) Nella rivista Annali della Società Imperiale di Storia e Antichità (1892, libro 3), c'è materiale che indica che i chierici che si uniscono alla Chiesa Ortodossa da un'eresia il cui battesimo e ordinazione sono fuori questione, dovrebbero essere ricevuti solo con una confessione scritta della Fede ortodossa e il ripudio della loro eresia, com'era la pratica del Settimo Concilio Ecumenico rispetto ai vescovi e altri chierici iconoclasti. Essi devono essere ricevuti in conformità al Canone 8 del Primo Concilio Ecumenico, ciascuno nel proprio rango clericale, ricoprendoli di paramenti secondo il loro rango. Si veda l'Arciprete Nikolskij, p. 686, nota I.

(79) Si veda Bulgakov, op. cit., p 948, note.

(80) Porfirij Uspenskij, Libro della mia vita, v. 1, p.173.

(81) Protopresbitero Georgij Shavelskij, Memorie dell'ultimo protopresbitero dell'esercito e della marina russa, v. II, pp. 33ss.

La Chiesa russa era tollerante verso i non ortodossi. Il libro del Prof. N. Zernov Orthodox Encounter (1961) offre materiale storico sugli incontri di teologi e ierarchi russi e teologi e ierarchi non ortodossi, soprattutto anglicani, dai quali si può apprezzare l'ampiezza di visione della Chiesa russa. Le visioni ristrette e il fanatismo confessionale le erano estranei. Vorrei aggiungere da parte mia di avere visto, quando ero all'antica Cattedrale di York,conservato in una teca di vetro con gran riverenza, un omoforio di uno ierarca russo presentato da quest'ultimo all'Arcivescovo di York. Possiamo ricordare con quale cordialità la Chiesa russa accolse il ben noto Palmer, e quanto fu aperta nei suoi confronti. Egli, da parte sua, arricchì la letteratura teologica russa con la sua notevole opera sul Patriarca Nikon.

Gli ierarchi russi nella maggior parte dei casi si sono attenuti al principio che "le divisioni tra le denominazioni cristiane non giungono fino al cielo." È ben noto con quanta tenerezza e attenzione il giusto Padre Giovanni di Kronstadt si comportava verso i non ortodossi, mantenendo con loro una corrispondenza. La Regina Vittoria, a cui fu dedicata la traduzione inglese dell'opera del Santo Padre Giovanni di Kronstadt, La mia vita in Cristo, ricevette con riverenza il libro e rifletté sul suo autore con sommo rispetto. Qui c'è un estratto dal libro del teologo anglicano Birkbeck, Due giorni a Kronstadt (1902), pp. 277-295:

"Il volto di Padre Giovanni era calmo, come al solito, e aveva un sorriso brillante. Si muoveva con difficoltà tra le file dei presenti, che lo pressavano tutti per baciargli la mano o per ricevere la sua benedizione. Tra di loro notai non solo diversi luterani tedeschi, ma anche due tartari musulmani che facevano i camerieri al ristorante e che chiesero e ricevettero pure loro la sua benedizione. La sua influenza arrivava ben al di là dei confini della popolazione ortodossa.."

Padre Giovanni di Kronstadt ebbe una conversazione con un arcivescovo anglicano, e alla sua uscita dagli alloggi degli ospiti fu di nuovo circondato dalla folla. (Come è noto, il Metropolita Anastasij partecipò alla stesura di questo libro, essendo stato studente dell'Accademia Teologica).

Le relazioni della Chiesa Ortodossa Russa con i non ortodossi erano permeate di nobiltà e cordialità. Non è plausibile che qualcuno possa accusare San Filarete, Metropolita di Mosca, o il giusto San Giovanni di Kronstadt di non avere fermezza nella loro Ortodossia! Al contrario, è precisamente questa forza - la loro e quella della Chiesa russa - che permise tale magnanimità e tolleranza di approccio verso i non-ortodossi. Dove vi è Verità - vi saranno anche libertà, e forza, e magnanimità.

(82) Dato inNikodim Milash, Canoni della Chiesa Ortodossa con Commentario, 1911, vol. I, pp. 589-590.

(83) Si fa riferimento alle opere dello Pseudo-Dionigi, che non sono dei tempi apostolici ma dei secoli successivi.

(84) Milash, supra, p. 590.

(85) Pedalion, ed. 1800. Traduzione inglese, ed. 1857, pp. 68-76, p. 402, nota 9. Le citazioni sono prese anche dal Diritto canonico ortodosso del Vescovo Nikodim, p. 591.

(86) Vescovo Nikodim Milash, Diritto canonico ortodosso, pp. 590-591.

(87) Ibid, pp. 591-592.

(88) Vescovo Nikodim Milash, Canoni della Chiesa Ortodossa... , vol. I, pp. 119-120.

(89) A. P. Lebedev, History of the Greco-Eastern Church under the Turks, 1903, pp. 270, 323-328.

(90) See Pichler, Geschichte der kirchliche Trennung, 1865, v. II, S. 107.

(91) N. F. Kapterev, The Character of Russian Relations towards the Orthodox East in the 16th and 17th Centuries, 1914, p. 427.

(92) Ibid, p. 435.

(93) Ibid, pp. 428-429. Egli dice pure che i monarchi russi, durante un periodo di due secoli, spesero grandi somme a beneficio dell'Oriente (Ibid, p. 144).

(94) Lebedev, op. cit., pp. 174-177.

(95) Kapterev, op. cit., p. 473.

(96) Guidelines for the Orthodox in Ecumenical Relations, 1966, pp. 8-13.

(97) Si veda l'Appendice 1.

(98) Si veda l'Appendice 2.

(99) Si veda l'Appendice 3.

(100) Cfr. nota 1.

(101) Ecumenical Guidelines, 1972, p. 11.

(102) Si veda l'Appendice 4.

(103) Canone 7 del Secondo Concilio Ecumenico; Canone 95 del Sesto Concilio Ecumenico.

(104) De baptismo, lib.V, cc. 2-3-4, Z.D. 43.

(105) Questo documento è stato originariamente tradotto in inglese e pubblicato su Orthodox Life, Vol. 29, No. 2, 1979, pp. 35-43. Al momento di questa pubblicazione, è disponibile in tale versione su http://orthodoxinfo.com/ecumenism/strictness.htm.

Appendici

Appendice 1

Nelle mie "Note sul Concilio Vaticano Secondo" ho fornito un certo numero di esempi che mostrano le relazioni cordiali del corso dei secoli tra i patriarchi di Costantinopoli e i papi di Roma. Durante il Concilio Vaticano Secondo queste relazioni migliorarono in modo significativo. In questa luce, il viaggio del Patriarca Atenagora a Gerusalemme per un incontro amichevole con Papa Paolo VI diviene comprensibile, come pure la seguente visita dal papa del patriarca di Costantinopoli, e la risposta del papa al patriarca, e anche il ritorno degli oggetti sacri degli ortodossi presi per sé in tempi passati dai latini: vale a dire, il ritorno del capo dell'Apostolo Andrea il Primo Chiamato, che la chiesa di Costantinopoli vanta come proprio fondatore, e il ritorno delle reliquie di San Sabba al monastero che porta il suo nome. Il ritorno di questi oggetti sacri è senza dubbio servito a creare relazioni più strette tra i greci e i cattolici romani. Un diacono e professore greco, testimone del rientro delcapo dell'Apostolo Andrea mi raccontò della grande solennità con cui ebbe luogo il trasferimento della reliquia, sacra per gli ortodossi. Il riverito capo dell'Apostolo Andrea, chiuso in una teca d'argento nella Basilica di San Pietro, fu scortato dal papa e dal clero latino e consegnato per via aerea alla città greca di Patrasso dal Cardinale Bea con la sua scorta. La popolazione della città si riunì tutta all'aeroporto. Il primo ministro, rappresentante del Re di Grecia, presentò al cardinale un'alta decorazione da parte del re. Numerose processioni religiose, clero in paramenti e fino a trenta vescovi accolsero la reliquia, il capo del Primo Chiamato tra gli Apostoli, dopo la sua assenza di 600 anni. È difficile descrivere la gioia e l'eccitazione del momento in cui l'anziano cardinale portò fuori la sacra reliquia. Preceduta dalla processione religiosa, la reliquia fu portata alla cattedrale, dove l'Arcivescovo Atenagora, capo della Chiesa ellenica, assieme all'intero episcopato greco e a un gran numero di chierici, celebrò una Divina Liturgia. Al termine della funzione l'arcivescovo prese il Cardinale Bea sotto braccio e uscì verso il popolo. Vi fu un'ovazione da parte del popolo, che chiese al cardinale di portare al papa la propria profonda gratitudine. "Piangevamo tutti," mi disse il mio interlocutore, "il popolo piangeva, i vescovi piangevano, l'anziano cardinale piangeva." La Divina Liturgia, celebrata da un vescovo, fu servita per quaranta giorni. La scorta e la ricezione dell'altro oggetto sacro - il ritorno delle reliquie di San Sabba da Venezia al suo chiostro in Gerusalemme fu altrettanto solenne e toccante. San Sabba disse ai suoi discepoli che il suo corpo incorrotto sarebbe stato rimosso dal suo monastero, e che in seguito avrebbe riposato alla Lavra da lui fondata. Egli fece notare che sarebbe ritornato al suo chiostro vicino alla fine del mondo. Una descrizione dettagliata del trasferimento della reliquia da Venezia a Gerusalemme, scritto dalla Signora V. Arturova-Kononova, è apparso sulle pagine di "Russkaja Zhizn'," No. 8793.

Durante la sessione finale del Concilio Vaticano Secondo, ebbe luogo un evento che lasciò una grande impressione su tutti i presenti. Il Patriarca Atenagora di Costantinopoli e Papa Paolo VI annunciarono simultaneamente la mutua sollevazione delle scomuniche e il proclama di inefficacia degli anatemi lanciati tra le loro sedi nel 1054. A Roma il fatto ebbe luogo nel modo seguente: Il papa sedeva sul suo trono nella Basilica di San Pietro. Il primo cardinale lesse, per conto del papa, un'epistola da lui mandata al Patriarca Atenagora, in cui esprimeva il suo rammarico per le offese alla Chiesa di Costantinopoli da parte dei legati papali. Con profondo rammarico per l'accaduto "tutte le scomuniche e gli anatemi posti dai legati sul Patriarca Michele Cerulario e sulla Santa Chiesa di Costantinopoli, le dichiariamo nulle e vuote."

Poco prima un'epistola del Patriarca Atenagora rivolta a Papa Paolo VI, in francese, fu letta a tutto il popolo: in essa la Chiesa di Costantinopoli diceva che tutte le scomuniche e gli anatemi posti sulla "nostra sorella, la Santa Chiesa di Roma, sono dichiariate nulle e vuote."

In seguito, dopo la lettura di entrambe le epistole, Il Metropolita Melitone, presidente della conferenza dei vescovi ortodossi di Rodi e primo rappresentante del Patriarca Atenagora, si avvicinò al papa. Era vestito in una mantia regale dorata, e scortato da due arcidiaconi. Quando fu letta l'epistola papale, il papa si alzò dal suo trono, srotolò la propria epistola manoscritta, abbellita in caratteri d'oro come si conviene a parole dorate, e la mostrò al popolo. Quindi la arrotolò e la diede al Metropolita Melitone. Quando il metropolita accettò il manoscritto, baciando la mano del papa, il papa abbracciò il metropolita scambiando con lui il bacio di pace. Il metropolita ci volgeva le spalle, e pertanto non fummo in grado di vedere l'espressione del suo volto. Il papa era di fronte a noi, e in quel momento il suo volto era così radioso da poter essere giustamente definito il volto di un angelo. È difficile riportare quella gioia, quell'eccitazione che in quel momento colse le migliaia di presenti. Molti piangevano, tutti applaudivano come fanno gli italiani, e alcuni, caduti in ginocchio, elevavano le mani al cielo come espressione di profonda gratitudine a Dio per un tale momento. Quando il metropolita ritornò al proprio posto, il suo percorso fu accompagnato da ovazioni che, devo dire, erano ancor più forti di quelle che accompagnavano il papa. Molti, in lacrime, si volsero a me in quanto rappresentante della Chiesa Ortodossa dicendo che se il Concilio Vaticano fosse stato convocato solo per questo singolo momento, sarebbe valso tutti gli sforzi e i mezzi spesi. Tutti sentimmo di essere stati presenti a uno dei momenti più notevoli, belli e commoventi della storia. E io notai, senza osare affermarlo, un segno speciale della benedizione di Dio. Forse fu solo un fenomeno naturale, ma era inverno, la fine di dicembre. Faceva freddo ed era molto nuvoloso. Ma nel momento stesso in cui il papa consegnò la sua epistola al Metropolitana Melitone, un brillante raggio di sole irruppe attraverso la vetrata laterale della basilica e illuminò il papa e il metropolita.

La Chiesa Russa all'Estero non riconobbe l'atto del Patriarca Atenagora, ritenendo che il patriarca dovesse essere obbligato a compiere un atto simile solo con il consenso di tutte le Chiese Ortodosse, visto che la questione dello scisma tra le chiese occidentale e orientale riguarda tutte le Chiese Ortodosse. Non è solo una relazione personale tra il papa e il patriarca di Costantinopoli. Noi, gli osservatori della Chiesa Russa all'Estero, ricevemmo una direttiva telefonica dalle nostre autorità ecclesiastiche di non presenziare alla cerimonia del mutuo sollevamento degli anatemi tra le Chiese di Costantinopoli e di Roma. Ma dopo esserci consultati tra noi, percepimmo che una simile dimostrazione sarebbe stata dannosa per la nostra Chiesa, che rappresentavamo con onore. La nostra dimostrazione non sarebbe stata notata. Che significato avrebbe avuto l'assenza di tre individui di fronte a una massa di decine di migliaia?

Tuttavia, sentimmo che il mutuo sollevamento degli anatemi, per quanto fosse un gesto bello e nobile, non aggiungeva nulla in sostanza alle relazioni tra gli ortodossi e la Chiesa di Roma, poiché anche prima del Concilio Vaticano le relazioni tra le chiese erano nettamente migliorate. Il Concilio Vaticano non fece che rafforzarle, così che mutuo sollevamento degli anatemi fu un progresso naturale di queste relazioni migliorate tra le Chiese. Se solo un simile mutuo sollevamento degli anatemi fosse accaduto nel 1054 o poco dopo, quando c'era ancora un'unità di fede e dogmi tra la chiesa occidentale e orientale, questo avrebbe portato unità nella Chiesa e, senza dubbio, il destino del mondo sarebbe stato differente.

Appendice 2

In uno dei suoi decreti il Concilio Vaticano ritenne possibile e perfino desiderabile che cattolici romani che si trovassero al di fuori della prossimità di una chiesa cattolica, potessero ricevere i santi sacramenti, inclusa la Santa Comunione, da chiese ortodosse nelle loro vicinanze. Solo il Patriarcato di Mosca rispose a tale decreto e annunciò una decisione favorevole ai cattolici, permettendo loro di ricevere la Comunione in Chiese Ortodosse dove non erano presenti chiese cattoliche romane. Questa decisione fu accettata dal Sinodo Patriarcale il 16 Dicembre 1969, e fu pure confermato in un tempo successivo. Si veda il Journal of the Moscow Patriarchate in inglese, 1983, No 4, p. 76.

Appendice 3

Poco tempo prima del Concilio Vaticano, un prete polacco che parlava bene il russo mi raccontò, con grande trasporto, la sua esperienza. Era stato esiliato in Siberia dalle autorità sovietiche. Quindi, durante la Seconda Guerra Mondiale, un contingente polacco fu organizzato come parte dell'Ottava Armata britannico. I polacchi rilasciati dai campi sovietici iniziarono a organizzare i propri offici divini. Ma non avevano paramenti, né vasi sacri. Iniziarono a fare paramenti con tela di sacco, quindi fu detto loro di parlare al vescovo ortodosso locale. Quando i preti polacchi arrivarono, il vescovo russo li accolse con calore, dicendo di essere proprio in grado di aiutarli. Diede ai cattolici romani paramenti, vasi sacri e altri oggetti ecclesiastici. Tali oggetti erano giunti al vescovo in questa maniera. Quando ebbe inizio la distruzione delle chiese nell'Unione Sovietica, il vescovo cattolico romano locale istruì il suo clero di portare tutti gli oggetti della chiesa al vescovo ortodosso locale, dicendo, "Forse la Chiesa Ortodossa riuscirà a sopravvivere, ma noi cattolici non abbiamo probabilità. Così, lasciate che il vescovo ortodosso tenga tutti i nostri oggetti, e quando ne avrà l'opportunità ce li restituirà." Il vescovo ortodosso, restituendoci tutti gli oggetti, disse di essere pieno di gioia nel vedere il giorno della restituzione ai loro proprietari. Va da sé che questo prete polacco divenne un amico della Chiesa Ortodossa.

Riporterò pure una piccola esperienza che io stesso ho avuto. Nel 1952, avevo una parrocchia in Inghilterra, a Bradford. In questa città industriale c'erano molti rifugiati che avevano le proprie chiese: russi, polacchi, ucraini e altri. C'era una folta comunità di ucraini della Galizia, che erano uniati. Mi fu detto che erano molto ostili a noi russi. Una notte, ebbi una chiamata dall'ospedale locale, che mi avvisava che una donna "della vostra religione" era in punto di morte. Prendendo i Santi Doni mi affrettai verso l'ospedale. La notte non era solo scura, ma una spessa nebbia copriva ogni cosa. Si riusciva a stento a camminare da un lampione all'altro. Giunsi all'ospedale e fui portato al reparto dove la donna seriamente malata giaceva in una tenda a ossigeno. Qui seppi che non era ortodossa, ma uniata della Galizia. Suo marito era seduto al suo fianco, e piangeva. Gli dissi che non era ortodossa, ma apparteneva alla fede cattolica romana. Era urgente che fosse chiamato un prete cattolico romano. Allo stesso tempo assicurai il marito che non avrei permesso che morisse senza Comunione, e se il prete cattolico non fosse arrivato o non fosse giunto in tempo, le avrei dato io stesso la comunione. Il prete cattolico arrivò presto. Era inglese e non conosceva il russo o l'ucraino. Offrii il mio aiuto, e chiesi alla malata se si pentiva dei propri peccati e voleva ricevere la Comunione. Ella rispose, "Sì, Padre" nel suo accento ucraino. Tradussi le parole al prete, che le diede la Comunione. Andai all'ospedale alcuni giorni più tardi, e fui molto contento di vedere che la donna stava rapidamente riprendendosi, e che era felice di vedermi. In seguito, mentre camminavo per strada di fronte a un club di galiziani, fui piacevolmente sorpreso quando tutti coloro che erano al di fuori dell'edificio si tolsero il cappello salutando me, un prete russo, con calore. Ne parlai al nostro grande ierarca, l'Arcivescovo John [Maksimovich] e gli dissi che avrei dato la Comunione alla donna morente anche se era uniata. In seguito, sarei stato disposto ad accettare qualsiasi punizione che Santa Chiesa vi avrebbe voluto dare. La risposta dell'Arcivescovo John fu degna della sua santità e amore per le persone: "Non ti sarebbe stata data alcuna punizione."

Appendice 4

Quando ero a Sydney, in Australia, nel 1956, fui chiamato al capezzale di un neonato morente. Il bimbo era in un'incubatrice. Infilai la mano nell'apertura dell'incubatrice e aspersi l'infante per tre volte con acqua santa, pronunciando la formula del battesimo. Ebbi anche il tempo di ungerlo con il Crisma. Come potremmo parlare di qualsiasi tipo di immersione?

Quando servivo come prete in uno dei villaggi di Srem, nel 1949, ebbi l'occasione di battezzare un bambino portato nella mia chiesa. L'inverno era molto severo. La chiesa non era riscaldata tutti eravamo rivestiti di cappotti e tremavamo per il freddo. Il bimbo era ben avvolto in panni, solo la testa era visibile. Come avrei dovuto battezzarlo? Il prete anziano, ex-rettore della parrocchia, mi disse di aspergerlo per tre volte con acqua santa usando un rametto di basilico, dicendo: "Il servo di Dio (....) è battezzato nel nome del Padre, del Figlio e del santo Spirito. Amen." Questo è quanto feci, ed è la sola cosa che si sarebbe potuta fare.

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