Fate ogni cosa per la gloria di Dio (1Cor. 10, 31)

Lo scopo finale della musica non deve essere altro che la gloria di Dio e il sollievo dell'anima (Johann Sebastian Bach)

venerdì 10 febbraio 2012

Enciclica dei Patriarchi Orientali, 1868

Quando l’Ortodossia non parlava ancora la “lingua diplomatica”.

Risposta dei Patriarchi Ortodossi all’enciclica del papa di Roma Pio IX “agli Orientali”.

A tutti i Vescovi ovunque, Amati nello Spirito Santo, il nostro Venerabilissimo e Carissimo gregge; ed al loro piissimo clero ed a tutti i Genuini Figli Ortodossi dell’Una, Santa, Cattolica ed Apostolica Chiesa: Saluti fraterni nello Spirito Santo ed ogni bene e salvezza da Dio.

Il santo, evangelico e divino Annunzio della Salvezza dovrebbe essere presentato in tutta la sua semplicità originale e dovrebbe essere creduto sempre di più nella sua purezza inadulterata, sempre il medesimo come fu rivelato ai suoi santi Apostoli dal nostro Salvatore che, per questa medesima ragione, pur discendendo dal seno del Padre, “annientò se stesso prendendo natura di servo.” (Filippesi 2,7); sempre il medesimo, pure, che quegli Apostoli, che furono testimoni colla vista e con l’udito, fecero risuonare, come trombe dal chiaro tono, a tutti coloro che sono sotto il sole (perché il loro suono è andato in tutte le terre e le loro parole alle estremità del mondo); e, ultimo di tutti, proprio lo stesso che i moltissimi grandi e gloriosi Padri della Chiesa Cattolica in tutte le parti della terra, che udirono quelle voci Apostoliche, sia coi loro insegnamenti sinodici che individuali consegnarono a tutti dovunque e persino a noi. Ma il Principe del Male, quel nemico spirituale della salvezza dell’uomo, come una volta nell’Eden, abilmente assumendo il pretesto del consiglio benefico, indusse l’uomo a diventare un trasgressore del comando pronunciato da Dio. Così nell’Eden spirituale, la Chiesa di Dio, egli ha di volta in volta ingannato molti e, mescolando le droghe deleterie dell’eresia con le chiare correnti della dottrina ortodossa, dà da bere della pozione a molti degli innocenti che vivono senza guardarsi, non “dando alacre attenzione alle cose che hanno udito” (Ebrei 2,10) e “interroga tuo padre e te l’annunzierà, i tuoi anziani e te lo diranno” (Deuteronomio 32,7), secondo il Vangelo ed in conformità con gli antichi Dottori; i quali, immaginando la Parola predicata e scritta di Dio e la perpetua testimonianza della sua Chiesa non sono sufficienti per la salvezza delle loro anime, cercano empiamente novità, come noi cambiamo la foggia dei nostri vestiti, abbracciando una versione non genuina della dottrina evangelica.

§2. Di qui sono sorte svariate e mostruose eresie, che la Chiesa Cattolica, prima della sua infanzia, è stata costretta a combattere “indossata l’armatura di Dio, … prendete … la spada dello Spirito, cioè la parola di Dio.” (Efesini 6,13-17). Essa sino ad oggi ha trionfato su tutte e trionferà per sempre, manifestandosi dopo ogni lotta più potente ed illustre.

§3. Di queste eresie, alcune sono già fallite interamente, altre sono in decadenza, altre si sono esaurite, alcune ancora fioriscono in un grado più o meno grande sino al tempo del loro ritorno alla Fede, mentre altre sono prodotte per compiere il loro corso dalla nascita alla distruzione. Per essere i miserabili pensieri ed i ritrovati di miserabili uomini, sia le une che le altre, colpite col fulmine dell’Anatema dei sette Concili Ecumenici, svaniranno, anche se possano durare mille anni; poiché l’ortodossia della Chiesa Cattolica ed Apostolica, colla Parola vivente di Dio, sola dura per sempre, secondo l’infallibile promessa del Signore: “le porte dell’inferno non prevarranno contro di essa” (Matteo 16, 18). Certamente le bocche d’uomini non divini ed eretici, per quanto arditi, per quanto siano plausibili e parlino bene, per quanto possano essere educate, non prevarranno sulla dottrina ortodossa che vince silenziosamente e senza rumore la sua strada. Ma, “perché la condotta degli empi prospera? (Geremia 12,1). Perché “vidi l’empio superesaltato, elevato come un cedro verdeggiante”? (Salmo 37,35), per profanare la pacifica adorazione di Dio? La ragione di ciò è misteriosa e la Chiesa, sebbene preghi giornalmente affinché questa croce, questo messaggero di Satana, si allontani da lui, persino ode dal Signore: “Ti basta la mia grazia; la mia potenza si esprime nella debolezza:” (2Corinzi 12,9). Per cui essa contenta “si gloria nelle sue debolezze, che la potenza di Cristo possa rimanere su di lei e che le cose che sono state approvate possano essere rese manifeste.”

§4. Di queste eresie diffuse, con le sofferenze che il Signore ha conosciuto, sopra una gran parte del mondo, una era anticamente l’Arianesimo ed al tempo presente è il Papismo. Questa pure, come la precedente che si è estinta, sebbene al momento presente sia nel pieno vigore, non durerà ma passerà e sarà abbattuta, ed una gran voce griderà dal cielo: “Ora si è attuata la salvezza” (Apocalisse 11,10).

§5. La nuova dottrina che lo “Spirito Santo procede dal Padre e dal Figlio” è contraria alla memorabile dichiarazione del Signore, fatta enfaticamente rispetto a ciò: “lo Spirito di verità che procede dal Padre” (Giovanni 15,26) ed è contraria alla Confessione universale della Chiesa Cattolica come testimoniata dai sette concili ecumenici, che afferma “che procede dal Padre” (Simbolo della Fede).

i. Questa opinione novella distrugge l’unicità dalla causa dell’uno e la diversa origine delle Persone della Santa Trinità, ambedue le quali sono testimoniate nel Vangelo.

ii. Persino nelle diverse Ipostasi o persone della trinità, d’uguale potenza e che devono essere ugualmente adorate, essa introduce relazioni diverse e disuguali, con una confusione o mescolamento di esse.

iii. Essa rimprovera come imperfetta, oscura e difficile da comprendere la precedente Confessione di Una, Santa, Cattolica ed Apostolica Chiesa.

iv. Essa censura i santi Padri del primo Sinodo Ecumenico di Nicea e del secondo Sinodo Ecumenico di Costantinopoli, come se avessero espresso imperfettamente ciò che relaziona il Figlio ed il Santo Spirito, come se essi fossero rimasti silenziosi rispetto alla proprietà peculiare di ogni persona della Divinità, mentre era necessario che tutte le loro proprietà divine dovessero essere espresse contro gli Ariani ed i Macedoniani.

v. Essa esprime disapprovazione per i padri del terzo, quarto, quinto, sesto e settimo Concilio Ecumenico, che hanno pubblicato nel mondo un Credo divino, perfetto e completo e che avevano proibito sotto pena di anatema e di pene non rimosse, ogni aggiunta o diminuzione o alterazione o variazione del suo più piccolo particolare, da parte loro o di chiunque altro. Tuttavia questo doveva essere rapidamente corretto ed aumentato e, conseguentemente, era soggetta a cambiamento l’intera dottrina teologica dei Padri Cattolici, come se, senza dubbio, fosse stata rivelata una nuova proprietà persino riguardo alle tre Persone della Santa Trinità.

vi. Essa ha clandestinamente trovato un ingresso dapprima nelle Chiese dell’Occidente “un lupo in veste d’agnello”, questo è, sotto il significato non di processione, secondo il significato Greco del Vangelo e del Credo, ma sotto il significato di missione, come papa Martino la spiegò a Massimo il Confessore e come Anastasio il librario lo spiegò a papa Giovanni VIII.

vii. Essa dimostra un ardire incomprensibile, agendo senza autorità e, forzatamente, pone una falsa impronta sul Credo che è l’eredità comune della Cristianità.

viii. Essa ha introdotto grandi disturbi nella pacifica Chiesa di Dio ed ha diviso le nazioni.

ix. Essa è stata pubblicamente proscritta, alla sua prima promulgazione da parte di due papi da ricordarsi sempre, Leone III e Giovanni VIII, l’ultimo dei quali, nella sua lettera al benedetto Photius, classifica insieme con Giuda coloro che per primi portarono questa interpolazione nel Credo.

x. Essa è stata condannata da molti Santi Concili dei quattro Patriarchi dell’Oriente.

xi. Essa è stata sottoposta ad anatema, come una novità ed un avvicinamento del Credo, dall’ottavo Concilio Ecumenico, riunito a Costantinopoli per la pacificazione delle Chiese Orientali ed Occidentali.

xii. Non appena essa fu introdotta nelle Chiese dell’Occidente essa portò frutti disgraziati, comportando con essa, un poco per volta, altre novità; per la maggior parte contrarie all’espresso comando del nostro Salvatore nel Vangelo, comandi che sino alla sua entrata nelle Chiese erano strutturalmente osservati. Tra queste novità può essere annoverato l'aspersione invece del battesimo, il diniego del calice divino ai laici, l’elevazione di un solo ed il medesimo pane spezzato, l’uso di wafers, di pane non formato in foglie invece di pane reale, il mancato uso della benedizione nelle liturgie, persino della sacra Invocazione dello Spirito Tutto-Santo e Consacrante, l’abbandono dei vecchi Misteri Apostolici della Chiesa, come l’unzione degli infanti battezzati od il loro non ricevere l’Eucaristia, l’esclusione dal Presbiterato degli uomini sposati, l’infallibilità del papa e la sua pretesa come vicario di Cristo ed alte cose similari. Così fu che quest’interpolazione portò a mettere da parte il vecchio sistema Apostolico di quasi tutti i misteri e tutta la dottrina, un sistema che l’antica, santa ed ortodossa Chiesa di Roma mantenne, quando era la parte più onorata della Santa, Cattolica ed Apostolica Chiesa.

xiii. Essa condusse i teologi dell’Occidente, come i suoi difensori, poiché non avevano nessun motivo sia nelle Scritture che nei Padri che confermasse gli insegnamenti eretici, non solo nelle rappresentazioni sbagliate delle Scritture, come non si sono viste in nessuno dei padri della Santa Chiesa Cattolica, ma pure in adulterazioni dei sacri e puri scritti dei Padri egualmente dell’Oriente come dell’Occidente.

xiv. Sembrava strana, inaudita e blasfema persino a quelle comunioni cristiane che, prima della sua origine erano state, per altre cause giuste, tagliate fuori dal popolo Cattolico.

xv. A partire dalle Scritture non è stata ancora difesa plausibilmente, o, con la più piccola delle ragioni, a partire dai Padri, dalle accuse portate contro di essa, nonostante ogni zelo e sforzo dei suoi sostenitori. La dottrina porta il marchio dell’errore che sorge fuori dalla sua natura e dalle sue peculiarità. Tutta l’erronea dottrina che tocca la Cattolica verità della Santa Trinità e delle origini delle persone divine e la sussistenza dello Spirito Santo, è ed è denominata eresia, e coloro che pensano così sono ritenuti eretici, secondo la sentenza di S. Damaso, papa di Roma, che dice: “Se qualsiasi persona crede rettamente riguardo il Padre ed il Figlio, tuttavia non crede rettamente riguardo allo Spirito santo, è un eretico” (confessione Cattolica di Fede che papa Damaso mandò a Paolino, vescovo di Antiochia nel 382 (D. S. 175)). Quindi l’Una, Santa, Cattolica ed Apostolica Chiesa, seguendo le orme dei santi Padri, sia Orientali che Occidentali, proclamò anticamente ai nostri progenitori e nuovamente insegna oggi sinodicalmente, che la menzionata dottrina che lo Spirito Santo procede dal Padre e dal Figlio è essenzialmente eresia e insegna che coloro che la seguono, chiunque siano, sono eretici conformemente al decreto di papa Damaso e che le loro congregazioni sono pure eretiche e che tutta la comunione spirituale in adorazione dei figli ortodossi della Chiesa Cattolica con tali congregazioni è illegale. Tale è la forza del settimo canone del terzo Concilio ecumenico.

§6. Questa eresia che ha unito a sé molte innovazioni, come è stato detto, apparve intorno alla metà del settimo secolo, dapprima segretamente, poi sotto vari mascheramenti, nelle Province Occidentali dell’Europa, finché, per gradi, muovendosi in avanti per quattro o cinque secoli, essa ottenne la precedenza sopra l’antica ortodossia di quelle regioni, grazie alla sconsideratezza dei pastori ed al disprezzo dei Principi. Un poco alla volta essa si diffuse non solo nelle sino ad allora Chiese ortodosse della Spagna, ma pure nelle Chiese Tedesche, Francesi ed Italiane, la cui ortodossia una volta fu fatta risuonare attraverso tutto il mondo, colle quali si incontravano i nostri Padri divini, come il grande Atanasio ed il celeste Basilio e la cui simpatia e comunanza con noi sino al settimo Concilio ecumenico, preservò indenne la dottrina della Chiesa Cattolica ed Apostolica. Ma nel procedere del tempo, per invidia del demonio, le novità riguardanti l’unica ed ortodossa dottrina della Spirito Santo, la blasfemia del quale non sarà perdonata agli uomini né in questo mondo né nel successivo, secondo le parole del nostro Signore (Matteo 12,32) ed altre che seguirono riguardo ai divini misteri, particolarmente quella del Battesimo che salva il mondo e la santa Comunione ed il Presbiterato come nascite prodigiose, si sparsero persino nell’Antica Roma; così sorse, per l’assunzione di speciali distinzioni nella Chiesa, come insegna e titolo, il Papato. Alcuni dei Vescovi, designati papi, per esempio Leone III e Giovanni VIII, denunciarono veramente, come è stato detto, l’innovazione e la resero pubblica al mondo, il primo per mezzo di quelle piastre d’argento, il secondo per mezzo della sua lettera al santo Fozio all’ottavo Concilio Ecumenico e di un’altra lettera a Sphendopulcrus, per mezzo delle mani di Metodio, Vescovo di Moravia. La maggior parte, ad ogni modo, dei loro successori, i Papi di Roma, spinti dai privilegi antisinodici offerti loro per l’oppressione delle Chiese di Dio e trovando in essi molto vantaggio mondano e “molto guadagno” e concependo una Monarchia nella Chiesa Cattolica ed un monopolio dei doni dello Spirito Santo, cambiò a volontà l’antica formula d’adorazione, separandosi per mezzo di novità dall’organizzazione ecclesiastica ricevuta in antico. Né essi cessarono i loro tentativi, per mezzo di progetti illegali (come ci assicura la storia), di attirare gli altri quattro Patriarcati nella loro apostasia dall’Ortodossia e così sottomettere la Chiesa Cattolica agli arbitri ed agli ordini degli uomini.

§7. I nostri illustri predecessori e padri che unirono fatica e saggezza, vedendo che la dottrina evangelica ricevuta dai Padri era tolta di sotto i piedi e che il vestito del nostro Salvatore veniva tessuto dall’alto per essere fatto a pezzi da mani impazzite e stimolati da amore paterno e fraterno, piansero per la desolazione di così numerosi Cristiani per i quali Cristo era morto. Essi esercitarono molto zelo ed ardore, sia sinodalmente sia individualmente, affinché la dottrina ortodossa della Santa Chiesa Cattolica fosse preservata ed essi potessero, per quanto erano capaci, ricomporre ciò che era stato fatto a pezzi; e, come medici diplomati, essi si consultarono per la sicurezza del membro sofferente, sopportando molte tribolazioni e moto disprezzo e persecuzioni, se, forse, si poteva evitare di dividere il corpo di Cristo o di rendere inefficaci le definizioni dei divini ed augusti Sinodi. Ma la storia veritiera ci ha trasmesso la perseveranza Occidentale nell’errore. Questi uomini illustri provarono veramente su questo punto la verità delle parole del nostro santo Padre Basilio il sublime, quando egli disse, a partire dall’esperienza, riguardo ai vescovi dell’Occidente e, in particolare del Papa: “Essi né conoscono la verità né sopportano di impararla, lottando contro coloro che dicono la verità e rafforzandosi nella loro eresia.” (Ad Eusebio di Samosata). Così, dopo una prima ed una seconda ammonizione fraterna, conoscendo la loro mancanza di pentimento, scuotendoseli di dosso ed evitandoli, essi li rimettono alla loro reproba opinione: “La guerra è meglio della pace lontani da Dio“, come dice il nostro santo padre Gregorio, riguardo gli Ariani. Da allora non c’è più stata nessuna comunione spirituale tra noi e loro; poiché colle loro stesse mani essi hanno scavato ancora più profondo il fossato tra sé e l’Ortodossia.

§9. Tuttavia il Papato non ha, a questo proposito, smesso di dare fastidio alla pacifica Chiesa di Dio, ma mandando dovunque cosiddetti missionari, uomini di mentalità reproba, essi attraversarono terra e mare per fare un solo proselita, per ingannare uno degli Ortodossi, per corrompere la dottrina del nostro Signore, per adulterare, in aggiunta, il divino Credo della nostra santa fede, per provare superfluo il Battesimo che Dio ci ha dato, la comunione del Calice vuota d’efficacia sacra ed un migliaio d’altre cose che il demone della novità ha dettato agli Scolastici Medioevali pronti ad osare tutto ed ai Vescovi dell’antica Roma, che intraprendevano tutte le cose per brama di potere. I nostri benedetti predecessori e padri, nella loro pietà, sebbene sottoposti a giudizio e perseguitati in molti modi e con molti mezzi, all’interno ed all’esterno, direttamente ed indirettamente, “tuttavia riponenti confidenza nel Signore” furono capaci di salvare e di trasmetterci questa inestimabile eredità dei nostri padri, che noi pure, con l’aiuto di Dio, trasmetteremo, come un ricco tesoro, alle generazioni a venire, sino alla fine del mondo. Ma, nonostante questo, i Papisti non cessarono sino a questo giorno, né cesseranno, secondo il costume, di attaccare l’Ortodossia, - un giornaliero vivente rimprovero ciò che essi hanno davanti ai loro occhi, poiché hanno disertato dalla fede dei loro padri. Potrebbe essere che essi fecero queste aggressioni contro l’eresia che si è diffusa ed ha dominato l’Occidente. Perché chi dubita che se il loro zelo per il rovesciamento dell’Ortodossia fosse stato impiegato per il rovesciamento dell’eresia e delle novità, come gradito ai consigli amanti di Dio di Leone III e di Giovanni VIII, quegli ultimi gloriosi Papi Ortodossi, non una traccia di esso, molto tempo fa, si ricorderebbe sotto il sole, ed ora noi diremmo le medesime cose, conformemente alla promessa apostolica. Ma lo zelo di coloro che li seguirono non era rivolto alla protezione della Fede Ortodossa, ed in conformità con lo zelo degno d’ogni ricordo che era in Leone II, ora tra i santi.

§9. In una misura le aggressioni dei papi posteriori nelle loro proprie persone sono cessate e furono eseguite solamente per mezzo di missionari. Ma ultimamente, Pio IX, diventando vescovo di Roma e proclamato papa nel 1846, pubblicò il 6 gennaio di quest’anno una Lettera Enciclica indirizzata agli Orientali, consistente, nella versione Greca, di dodici pagine, che il suo emissario ha disseminato, come una piaga proveniente dall’esterno, entro il nostro mondo ortodosso. In questa Enciclica, egli si rivolge a coloro che in tempi differenti sono andati da differenti Comunioni Cristiane ad abbracciare il papato e che gli sono naturalmente favorevoli, estendendo i suoi argomenti pure agli Ortodossi, sia in particolare sia senza nominarli; e, citando i nostri divini e santi Padri (pg 3, 1. 14-18; pg 4, 1-19; pg 9, 1-6 e ppg 17, 23), manifestamente calunnia loro e noi i loro successori e discendenti; loro, come se omettessero prontamente i comandi Papali ed i rescritti senza questione perché provenienti dai Papi come indubitati arbitri della Chiesa Cattolica; noi, in quanto non fedeli ai loro esempi (perché così egli possa sul gregge affidatoci da Dio), in quanto separati dai nostri Padri, in quanto senza cura di affidamenti sacri e della salvezza delle anime dei nostri figli spirituali. Usurpando, come se fosse il suo possesso personale la Cattolica Chiesa di Cristo, coll’occupare, come egli pretende, il Trono Episcopale di S. Pietro, egli desidera indurre con l’inganno i più semplici ad apostatare dall’Ortodossia, scegliendo per base di ogni istruzione teologica queste parole paradossali (pg 10, 1-29): “Né c’è una qualsiasi ragione per cui voi rifiutate un ritorno alla vera Chiesa ed una Comunione con questo mio sacro Trono.”

§10. Ognuno nel nostro gregge e nei nostri figli in Cristo che sia stato piamente allevato ed istruito, saggiamente riguardando la sapienza data a lui da Dio, deciderà che le parole del presente arcivescovo di Roma, come quelle dei suoi scismatici predecessori, non sono parole di pace, come egli afferma (pg 7. 1-8) e di benevolenza, ma parole d’inganno e tradimento, tendenti all’autoingrandimento, che vogliono aderire alla pratica dei suoi predecessori antisinodali. Non siamo quindi sicuri, che come prima, così susseguentemente gli Ortodossi non saranno ingannati. Poiché la parola del nostro Signore è sicura “Non seguiranno affatto un estraneo, ma fuggiranno lontano da lui, perché non conoscono la voce degli estranei.” (Giovanni 10, 5)

§11. Per tutte queste cose abbiamo stimato nostro compito paterno e di fratelli nonché un sacro dovere, confermare, per mezzo della presente ammonizione, voi nell’Ortodossia che mantenete dai vostri antenati ed allo stesso tempo indicare la fallacità dei sillogismi del Vescovo di Roma, della quale egli stesso è chiaramente conscio. Poiché egli non glorifica il suo Trono a partire dalla Confessione Apostolica, ma a partire dal suo Trono Apostolico cerca di stabilire la sua dignità e, dalla sua dignità, la sua Confessione. La verità è nell’altro modo. Il Trono di Roma è ritenuto essere quello di S. Pietro da una singola tradizione, ma non dalla Sacra Scrittura, dove la pretesa è in favore di Antiochia, la cui Chiesa riceve quindi testimonianza dal grande Basilio (S. Atanasio Ep.48) di essere “la più venerabile di tutte le Chiese del Mondo.” Ancora di più, il secondo Concilio Ecumenico, scrivendo ad un concilio dell’Occidente (al gregge onorabilissimo e religiosissimo ed ai nostri compagni servi di Dio, Damaso, Ambrogio, Britto, Valeriano ed altri), testimoniò, col dire: “L’antichissima e veramente Apostolica Chiesa di Antiochia, in Siria, dove per la prima volta fu usato l’onorato nome di Cristiani.” Diciamo quindi che l’Apostolica Chiesa di Antiochia non ha nessun diritto di esenzione dall’essere giudicata secondo la Scrittura divina e le dichiarazioni sinodiche, sebbene veramente venerata per il Trono di S. Pietro. Ma cosa dobbiamo dire? Il benedetto Pietro, persino nella sua propria persona, fu giudicato prima di tutto per la verità del Vangelo e, come dichiara la Scrittura, si trovò che era colpevole e che non camminava rettamente. Quale opinione ci si deve formare riguardo a coloro che si gloriano e vanno orgogliosi semplicemente nel possesso del suo Trono, così grande ai loro occhi? No, il sublime Basilio il grande, il maestro ecumenico dell’Ortodossia nella Chiesa Cattolica, al quale i vescovi di Roma sono obbligati a riferirsi (pg 8.1.31), più sopra (§7) ci ha chiaramente ed esplicitamente mostrato quale stima dovremmo avere dei giudizi dell’inaccessibile Vaticano; “Né essi – egli dice – conoscono la verità né sopportano di apprenderla, lottando contro coloro che dicono loro la verità e rinforzandosi nell’eresia.” Cosicché questi nostri santi Padri che sua Santità il Papa, degnamente ammirando come luce e maestro dell’Occidente, riconosce appartenere a noi e ci consiglia di seguire (pg 8), ci insegnano a non giudicare l’Ortodossia dal santo Trono, ma il Trono stesso e colui che è sul Trono per mezzo delle Sacre Scritture, dei decreti e delle limitazioni sinodiche e della Fede che è stata predicata, persino l’Ortodossia di continuo insegnamento. Così i nostri padri giudicarono e condannarono Onorio, Papa di Roma e Dioscoro, Papa di Alessandria e Macedonio e Nestorio, patriarchi di Costantinopoli e Pietro Gnapheus, Patriarca di Antiochia, insieme ad altri. Perché se l’abominazione della desolazione stette nel Luogo santo, perché l’innovazione e l’eresia non stettero su di un Trono santo? Quindi, in una piccola area sono mostrate la debolezza e la flebilità degli sforzi a favore del dispotismo del Papa di Roma. Perché, a meno che la Chiesa di Cristo sia stata fondata sulla roccia inamovibile della confessione di S. Pietro “Tu sei il Cristo, il Figlio del Dio vivente.” (Matteo 16,16). (Che era la risposta degli Apostoli in comune, quando fu posta loro la domanda: “Ma voi chi dite che io sia?” (Matteo 16,15) come i Padri, sia Orientali che Occidentali interpretano per noi il passo) la Chiesa fu costruita su un fondamento scivoloso, persino sullo stesso Pietro, per non dire il Papa, il quale, dopo aver monopolizzato le Chiavi del Regno di Dio, ha fatto una tale amministrazione di esse quale è evidente dalla storia. Ma i nostri Padri divini, con un unico consenso, insegnano che il senso del comando tre volte ripetuto, “Pasci le mie pecorelle”, non implicava nessuna prerogativa in S. Pietro sopra gli altri Apostoli, meno che mai nei suoi successori, Essa era una semplice restaurazione alla sua condizione di Apostolo, dalla quale era caduto per mezzo del suo rinnegamento ripetuto tre volte. S. Pietro stesso sembra aver compreso l’intenzione del comando del Signore, tre volte ripetuto: “Mi ami tu, e più, e di costoro?” (Giovanni 21,16), perché, richiamando alla mente le parole: “Anche se tutti patiranno scandalo a causa tua, io no, giammai!” (Matteo 26,33), si “rattristò perché gli aveva detto per la terza volta: “Mi ami tu?”” Ma i suoi successori, per egoismo, interpretarono l’espressione come indicativa della mente più pronta di S. Pietro.

§12. Sua Santità il Papa dice (pg viii.1.12) che il nostro signore disse a S. Pietro: “io ho pregato per te, perché non venga meno la tua fede. E tu, quando sarai tornato, conferma i tuoi fratelli.” (Luca 22,32). Nostro Signore pregò così perché Satana aveva cercato di rovesciare la fede di tutti i discepoli, ma il Signore gli aveva concesso il solo Pietro, principalmente perché egli aveva pronunziato parole di vanagloria e si era giustificato al di sopra del resto: “Anche se tutti patiranno scandalo a causa tua, io no, giammai!” (Matteo 26,33) Il permesso a Satana era solo temporaneo. “Cominciò ad imprecare giurando: “Non conosco quell’uomo.”” (Matteo 26,74). Così debole è la natura umana lasciata a se stessa “Lo spirito è pronto, ma la carne è debole” (Matteo 26,41) Era destinato a durare poco tempo, che tornando in se stesso per mezzo del suo ritorno in lacrime di pentimento, potesse piuttosto rinforzare il suo gregge che non aveva né spergiurato né negato. Oh! il saggio giudizio del Signore! Quanto divina e misteriosa fu l’ultima notte del nostro Salvatore sulla terra! Quella sacra cena si ritiene essere consacrata fino ad oggi in ogni Chiesa: “Fate questo in memoria di me.” (Luca 22,19) e “Tutte le volte che voi mangiate questo pane e bevete a questo calice, annunziate la morte del Signore, finché egli venga” (1Corinzi 12,26). Dell’amore fraterno, così ardentemente raccomandatoci dal Padrone comune, che dice: “Da questo riconosceranno tutti che siete miei discepoli, se avete amore gli uni per gli altri.” (Giovanni 13,35), i Papi hanno per primi infranto il marchio ed il sigillo, supportando e ricevendo novità eretiche, contrarie a quanto consegnato a noi e canonicamente confermato in comune dai nostri Maestri e Padri. Quest’amore agisce sino a questo giorno con potenza nelle anime del popolo Cristiano e, particolarmente nei loro capi. Noi coraggiosamente ammettiamo davanti a Dio ed agli uomini che la preghiera del nostro Salvatore (pg ix.1.43) a Dio ed a suo Padre per il comune amore e l’unità dei Cristiani nell’Una, Santa, Cattolica ed Apostolica Chiesa, nella quale noi crediamo. “perché siano uno come noi siamo uno” (Giovanni 17,22), lavora in noi non meno che in sua Santità. Il nostro amore e zelo fraterno incontrano quello di sua Santità, con solamente questa differenza, che in noi esso lavora per la riconosciuta preservazione del puro, non profanato, divino, senza macchia e perfetto Credi della Fede Cristiana, in conformità alla voce del Vangelo ed ai decreti dei sette santi Sinodi Ecumenici e gli insegnamenti della sempre esistente Chiesa Cattolica: ma lavora in sua Santità per promuovere e rinforzare la dignità ed autorità di coloro che siedono sul Trono Apostolico e la loro nuova dottrina. Osservate allora, il capo e la fronte, per così dire, di tutte le differenze e i dissapori che sono sorti tra loro e noi e tra il muro di divisione in mezzo, che noi speriamo sarà portato via nel tempo da sua Santità e per mezzo della sua rinnovata saggezza, secondo la promessa di Dio: “Ed ho altre pecore che non sono di questo ovile. Anche esse io devo guidare, ascolteranno la mia voce…” (Giovanni 10,16). Si deve allora dire, in terzo luogo, che se è supposto, secondo le parole di sua Santità, che questa preghiera di nostro Signore per Pietro quando egli stesso era sul punto di rinnegare e di spergiurare, rimase attaccata ed unita al Trono di Pietro, ed è trasmessa con potenza a coloro che di tempo in tempo siedono su di esso, sebbene, come è stato detto prima, niente contribuisca a confermare l’opinione (come noi siamo sorprendentemente assicurati dall’esempio dello stesso santo Pietro, persino dopo la discesa della Spirito Santo, tuttavia siamo convinti dalle parole del nostro Signore), che il tempo verrà in cui quella divina preghiera riguardante il rinnegamento di Pietro, “che la sua fede non possa cadere per sempre” opererà anche in qualcuno dei successori del suo Trono, che pure piangerà, come fece Pietro, amaramente e, una volta convertitosi confermerà noi, il suo gregge, ancora maggiormente nella confessione Ortodossa, che noi manteniamo dai nostri antenati; - potrebbe essere che sua Santità sia questo vero successore del benedetto Pietro! Cosa impedisce che aggiungiamo il nostro sincero e vigoroso consiglio nel nome della Santa Chiesa Cattolica? Non osiamo dire, come fa sua Santità (pg x.1.22), che essa dovrebbe essere fatta “senza alcun ritardo”, ma senza fretta, pronunciare matura considerazione e pure, se ci fosse il bisogno, dopo consultazione con i più saggi, religiosi amanti della verità e prudenti dei Vescovi, teologi e Dottori, che si trovano nel giorno presente, grazie alla buona provvidenza di Dio in ogni nazione dell’Occidente.

§13. Sua Santità dice che il Vescovo di Lione, S. Ireneo, scrive a lode della Chiesa di Roma: “Che l’intera Chiesa, in altre parole i fedeli da dovunque, devono unirsi nella Chiesa, a causa del suo primato, nella quale Chiesa la tradizione, data dagli Apostoli, è stata osservata in tutti i rispetti dovunque dai fedeli.” Sebbene questo santo non dica in nessun modo cosa comporrebbero i seguaci del Vaticano, tuttavia, persino riconoscendo la loro interpretazione, noi rispondiamo: Chi mai nega che l’antica Chiesa Romana fosse Apostolica ed Ortodossa? Nessuno di noi porrà in dubbio che questo era un modello d’Ortodossia. Noi aggiungeremo specialmente, per sua più grande lode, dallo storico Sozomeno (Historia Ecclesiastica lib. iii, cap 12), il passo, che sua Santità ha trascurato, riguardo il modo col quale per un certo tempo essa poté salvaguardare l’Ortodossia che noi lodiamo: - “Perché, come dovunque - disse Sozomeno – la Chiesa in tutto l’Occidente, guidata semplicemente dalla dottrina dei Padri, fu liberata da difficoltà e da inganno riguardo a queste cose.” Qualcuno dei Padri o noi stessi non negheremmo mai il suo privilegio canonico nel rango della gerarchia, finché essa fosse guidata semplicemente dalle dottrine dei Padri, camminando nella chiara regola della Scrittura e dei Santi Sinodi! Ma al presente non troviamo preservato in lei il dogma della Santa Trinità secondo il Credo dei santi padri riuniti prima a Nicea e dopo a Costantinopoli, che gli altri cinque Concili Ecumenici hanno confessato e confermato con tali anatemi su coloro che l’avessero adulterato nel minimo particolare, come se così l’avessero distrutto. Né troviamo lo schema Apostolico del santo Battesimo, né l’invocazione dello Spirito consacrante sopra i sacri elementi: ma vediamo in quella Chiesa il Calice eucaristico, bevanda celeste, considerato come superfluo, (quale profanità!) e molte altre cose, sconosciute non soltanto ai nostri santi Padri, che furono sempre ritenuti la cattolica, chiara regola ed indice dell’Ortodossia, come sua Santità, portando riverenza alla verità, insegna lui stesso (pg. vi), ma pure sconosciute agli antichi santi Padri dell’Occidente. Noi vediamo quello stesso primato, per il quale sua Santità ora contende con tutta la sua forza, come fecero i suoi predecessori, trasformato da un carattere fraterno ed un privilegio gerarchico, in una superiorità padronale. Cosa allora si deve pensare delle tradizioni non scritte, se le scritte hanno subito un tale cambiamento ed alterazione verso il peggio? Chi è così ardito e confidente nella dignità del Trono apostolico, da osare dire che se il nostro santo Padre, S. Ireneo, vivesse nuovamente, vedendo che è caduto dall’antico e primitivo insegnamento in tanto numerosi, essenziali e cattolici articoli della Cristianità, non sarebbe egli stesso il primo ad opporsi alle novità ed alle costituzioni autosufficienti di quella Chiesa che è stata da lui lodata come guidata semplicemente dalla dottrina dei Padri? Per esempio, quando egli vide la Chiesa Romana non solamente rigettare il suo Canone Liturgico, secondo i suggerimenti degli Scolastici, l’antichissima ed Apostolica invocazione dello Spirito Consacrante, e mirabilmente mutilare il Sacrificio nella sua parte più essenziale, ma pure affrettarsi alacremente per escluderlo dalle Liturgie pure delle altre comunioni Cristiane – mentre sua Santità falsamente asserisce, in una maniera così indegna del Trono apostolico sul quale egli è orgoglioso di sedere, che esso “è entrato furtivamente dopo la divisione tra l’Oriente e l’Occidente” (pg xi.1.11) – cosa non direbbe il santo Padre rispetto a questa novità? Ireneo ci assicura (Libro iv. cap 34) “che pane, dalla terra, avendo ricevuto l’evocazione di Dio, non è più pane comune” ecc., significando per “evocazione” invocazione; perché il fatto che Ireneo credette che il Mistero del Sacrificio sia consacrato per mezzo di questa invocazione è specialmente rimarcato persino da Franciscus Feu-Ardentius, dell’ordine dei monaci papisti denominati Minoriti, che nel, 1639 pubblicò gli scritti commentati di quel santo, il quale dice (libro i. c.18, pg 114), che Ireneo insegna “che il pane ed il calice con l’acqua ed il vino diventano per mezzo delle parole d’invocazione il vero Corpo e Sangue di Cristo.” O, udendo della vicariale e riguardante gli appelli giurisdizionali del Papa, cosa non direbbe il Santo, che per una piccola e quasi indifferente questione riguardante la celebrazione della Pasqua (Eusebio, Historia Ecclesiastica V,26), così coraggiosamente e vittoriosamente si oppose e vinse la violenza del Papa Vittorio sulla libera Chiesa di Cristo? Così colui che è citato da sua Santità come un testimonio del primato della Chiesa Romana, mostra che la dignità di questa non è quella di un padrone, né persino è dignità d’appello, alla quale S. Pietro stesso non è mai stato ordinato, ma è un privilegio fraterno nella Chiesa Cattolica ed un onore assegnato ai Papi a motivo della grandezza e del privilegio della città. Così pure il quarto Concilio Ecumenico, per la preservazione della graduatoria in rango della Chiesa stabilita canonicamente dal terzo Concilio Ecumenico (Canone 8), - seguendo il secondo (Canone 3), per quanto quello nuovamente seguiva il primo (Canone 6), che chiamava la giurisdizione del Papa sopra l’Occidente un’usanza – così pronunziò la sua determinazione: “Per il fatto che quella è la città imperiale, i Padri le hanno dato a ragione prerogative. “ (Canone 28). Qui non si dice del monopolio speciale del Papa dell’Apostolicità di S. Pietro, ancora meno di un vicariato nei Vescovi di Roma e di un Pastoralato universale. Questo profondo silenzio riguardo a tali grandi privilegi – non soltanto così, ma la ragione data per il primato, non “Pasci le mie pecore”, non “Su questa roccia costruirò la mia Chiesa”, ma semplicemente vecchia usanza e la città che è la città Imperiale; e queste cose non dal Signore, ma dai Padri – sembreranno, siamo sicuri, un grande paradosso a sua Santità che mantiene altre idee delle sue prerogative. Il paradosso sarà più grande poiché, come vedremo, egli grandemente onora il menzionato quarto Sinodo Ecumenico come uno da essere ritenuto un testimonio per il suo Trono; e S. Gregorio, l’eloquente, detto il Grande (lib i Ep 25), era abituato a parlare dei quattro Concili Ecumenici (non della Sede Romana) come dei quattro Vangeli e come la pietra a quattro lati su cui è costruita la Chiesa Cattolica.

§14. Sua Santità dice (pg ix.1.12) che i Corinzi divisi tra di loro, riportarono la questione a Clemente, Papa di Roma, che scrisse loro la sua decisione sul caso; ed essi valutarono così tanto la sua decisione che la lessero nella chiesa. Ma questo fatto è un sostegno molto debole per l’autorità Papale nella casa di Dio. Poiché essendo Roma il centro della provincia imperiale e la principale città nella quale vivevano gli Imperatori, era naturale che qualsiasi questione d’importanza, come la storia mostra che fu quella dei Corinzi, dovesse essere decisa lì, specialmente se una delle fazioni contendenti era ricorsa lì per aiuto esterno: come si fa persino al giorno presente. I patriarchi d’Alessandria, Antiochia e Gerusalemme, quando sorgevano inaspettati punti di difficoltà, scrivevano al Patriarca di Costantinopoli, perché quella era la sede dell’Impero, come pure a motivo dei suoi privilegi canonici; e se questo aiuto fraterno rettificherà ciò che dovrebbe essere rettificato, bene; ma se no, la questione viene riportata alla provincia, secondo il sistema vigente. Ma questo fraterno consenso nella fede Cristiana non è acquistato per mezzo della servitù delle Chiese di Dio. Che questa sia la nostra risposta pure agli esempi di una futura ed adeguata supremazia dei privilegi di Giulio ed Innocente, Vescovi di Roma, da parte di S. Atanasio il Grande e s. Giovanni Crisostomo, cui sua Santità fa riferimento (pg ix.1.6.17), per i quali i loro successori ora tentano di ricompensarci adulterando il divino Credo. Tuttavia Giulio stesso si indignava contro alcuni vescovi perché “disturbano la Chiesa con il non mantenere fede alla dottrina di Nicea” (Sozomeno, Historia Ecclesiastica lib iii. c. 7) e minacciava (idem) la scomunica “se non cessavano dalle loro innovazioni”. Nel caso dei Corinzi, per di più, si deve riconoscere che i Troni Patriarcali essendo soltanto tre, Roma era il più vicino ed accessibile ai Corinzi, al quale, quindi, era adeguato rivolgersi. In tutto questo non vediamo niente di straordinario, né una qualsiasi prova del dispotico potere del Papa nella libera Chiesa di Dio.

§15. Ma, infine, sua Santità dice (pg ix.1.2) che il quarto Concilio Ecumenico (che per errore egli trasferisce proprio da Calcedonia a Cartagine), quando lesse la lettera di Papa Leone, gridò “Pietro ha così parlato per mezzo di Leone”. Era veramente così. Ma sua Santità non deve tralasciare come, e dopo quale esame, i nostri padri gridarono, come fecero, in lode di Leone. Poiché ad ogni modo sua Santità, per consiglio della concisione, sembra avere omesso questo punto estremamente necessario nonché la prova manifesta che un Concilio Ecumenico non soltanto è al di sopra del Papa ma al di sopra di qualsiasi concilio dei suoi, noi spiegheremo al pubblico la questione come realmente essa avvenne.

Dei più di seicento padri riuniti in Concilio a Calcedonia, circa duecento dei più saggi furono designati dal Concilio per esaminare, sia per quanto riguarda la lingua che il significato, la detta lettera di papa Leone; non solo così, ma di dare in iscritto e colle loro firme il loro giudizio su di essa, se era ortodossa o meno. Questi, circa duecento giudizi e risoluzioni sulla lettera, si trovano per lo più nella quarta sezione del detto santo Concilio, in tali termini come il seguente: - “Massimo di Antiochia in Syria disse: “La lettera del santo Leone, Arcivescovo dell’Imperiale Roma, è in accordo con le decisioni dei trecento e diciotto santi padri di Nicea, ed i centocinquanta a Costantinopoli, che è la nuova Roma e colla fede esposta ad Efeso dal santissimo vescovo Cirillo: ed io l’ho sottoscritta.”

E nuovamente:

“Teodoreto, il molto religioso Vescovo di Ciro: “La lettera del santissimo Arcivescovo, il Signore Leone, è conforme con la fede stabilita a Nicea dai santi e benedetti Padri e col simbolo della fede esposto a Costantinopoli dai centocinquanta Padri e colle lettere del benedetto Cirillo. E, accettandola, io ho sottoscritto la detta lettera.””

E così tutti in successione: “La lettera corrisponde”, “la lettera è consona”, “la lettera concorda nel senso” e le cose simili. Dopo un tale grande e severo esame nel compararla con i precedenti santi Concili, ed una piena convinzione della correttezza del significato e non semplicemente perché essa era la lettera del Papa, essi gridarono forte, senza cattiva volontà, l’esclamazione nella quale sua Santità ora si vanta: Ma se sua Santità ci avesse mandato affermazioni concordanti ed in unisono coi sette santi Concili Ecumenici, invece di vantare la pietà dei suoi predecessori lodata dai nostri predecessori in un concilio Ecumenico, avrebbe semplicemente potuto gloriarsi nella sua ortodossia, dichiarando la propria bontà invece di quella dei Padri. Quindi sia assicurata sua Santità, che se, persino ora, egli ci scriverà tali cose che duecento padri sulla base di investigazione ed inchiesta troveranno consonanti ed in conformità con i concili precedentemente nominati, allora, noi diciamo, allora egli sentirà da noi peccatori, non soltanto, “Pietro ha parlato così” o qualsiasi cosa di simile onore, ma pure questo “Che sia baciata la santa mano che ha tolto le lacrime dalla Chiesa Cattolica.”

§16. Sicuramente noi abbiamo un diritto di aspettarci dal pensiero previdente e prudente di sua Santità, un lavoro così degno del vero successore di S. Pietro, di Leone I e pure di Leone III, il quale per la sicurezza della fede ortodossa fece incidere il divino Credo non adulterato su piastre non deperibili – un lavoro che unirà le Chiese dell’Occidente alla santa Cattolica Chiesa, nella quale il posto canonico principale di sua Santità ed i posti di tutti i Vescovi dell’Occidente rimangono vuoti e pronti ad essere occupati. Perché la Chiesa Cattolica, attendendo la conversione dei pastori che sono caduti lontano da lui con i loro greggi, non separa solamente in nome coloro che sono stati privatamente introdotti al governo dalle azioni degli altri, così rendendo poca cosa il Presbiterato. Ma noi stiamo aspettando le “parole di consolazione “ e di speranza che egli, come scrisse S. Basilio a S. Ambrogio Vescovo di Milano (Epist. b6), “passerà nuovamente sulle antiche orme dei padri”. Non abbiamo letto senza grande sbalordimento la menzionata lettera Enciclica agli Orientali, nella quale vediamo con profondo dolore dell’anima, sua Santità, rinomata per la sua prudenza, parlare come i suoi predecessori nello scisma, parole che spingono su di noi l’adulterazione del nostro puro santo Credo, sul quale hanno posto il loro sigillo i Concili Ecumenici: e facendo violenza alle sacre Liturgie, la cui sola struttura celeste ed i nomi di coloro che le hanno composte ed il loro tono di reverenda antichità ed il marchio che è stato imposto su di loro dal Settimo Concilio Ecumenico (Atto vi), dovrebbero averlo paralizzato e fatto fargli volgere altrove la mano sacrilega e pronta ad osare tutto che così ha colpito il Re della Gloria. Da queste cose noi stimiamo in quale innominabile labirinto di male e di peccato incorreggibile di rivoluzione il papato ha gettato persino i più saggi e più divini Vescovi della Chiesa Romana, così che, allo scopo di conservare l’innocente e quindi di valore, dignità vicariale, come pure il primato dispotico e le cose che dipendono su di esso, essi non conoscono nessun altro muro se non insultare le cose più divine e più sacre, osando ogni cosa per quell’unico scopo. Vestendosi a parole, di pia riverenza per “la generabilissima antichità” (pg xi.1.16), in realtà rimane lì all’interno la tempra innovativa; e tuttavia sua Santità ode realmente aspramente ai suoi riguardi quando dice che “dobbiamo allontanare da noi ogni cosa che si sia infiltrata dal tempo della separazione” (!), mentre egli ed i suoi hanno diffuso il veleno delle loro innovazioni persino nella Cena di nostro Signore. Sua Santità evidentemente prende per scontato che nella Chiesa Ortodossa la medesima cosa è accaduta che egli è conscio essere avvenuta nella Chiesa di Roma sin dal sorgere del Papato: vale a dire un cambiamento non riguardo ai limiti in tutti i Misteri ed una comunione a partire da sottigliezze scolastiche, un affidarsi alle quali deve essere sufficiente come un equivalente per le nostre sacre Liturgie, Misteri e dottrine: tuttavia contemporaneamente, senza dubbio, portando venerazione alla nostra “venerabile antichità” e tutto questo per una condiscendenza interamente Apostolica! – “senza,” come egli dice, “darci fastidio con qualsiasi condizione aspra!” Da tale ignoranza del cibo Cattolico ed Apostolico su cui noi viviamo discende un’altra delle sue sentenziose dichiarazioni (pg vii.1.22): “Non è possibile che unità di dottrina e sacra obbedienza debbano essere mantenute tra di voi”, paradossalmente ascrivendo a noi la stessa cattiva sfortuna della quale soffriamo a casa; proprio come Papa Leone IX, scrisse al benedetto Michele Cerulario, accusando i Greci di cambiare il Credo della Chiesa Cattolica, senza vergognarsi sia per il suo proprio onore sia per la verità della storia. Noi siamo persuasi che se sua Santità richiamerà alla mente la storia e l’archeologia ecclesiastica, la dottrina dei santi Padri e le vecchie Liturgie di Francia e Spagna e i Sacramentali dell’antica Chiesa Romana, sarà colpita da sorpresa per il trovare quante altre figlie mostruose, ora viventi, il Papato ha generato nell’Occidente: mentre l’Ortodossia, con noi, ha preservato la Chiesa Cattolica come una sposa incorruttibile per il suo Sposo, sebbene noi non abbiamo nessun potere temporale, né, come dice sua Santità, qualsiasi obbedienza sacra” ma il solo vincolo dell’amore e dell’affetto ad una Madre comune siano legati nell’unità di una fede sigillata con i sette sigilli della Spirito (Apocalisse 5.1) e dai sette Concili Ecumenici e, in obbedienza alla verità Egli troverà pure, quante moderne dottrine papistiche e misteri debbano essere respinti come “comandamenti d’uomini” allo stesso scopo che la Chiesa dell’Occidente, che ha introdotto tutte le specie di novità, possa essere cambiata nuovamente nell’immutabile fede Cattolica Ortodossa dei nostri padri comuni. Come sua Santità riconosce, il nostro comune zelo in questa fede, quando dice (pg viii.1.30) “facciamo attenzione alla dottrina preservata dai nostri progenitori”, così egli fa bene nell’istruirci a seguire i vecchi pontefici ed i fedeli dei Metropoliti Orientali. Cosa pensano questi della fedeltà dottrinale degli Arcivescovi della vecchia Roma e quale idea dovremmo avere di essi nella Chiesa Ortodossa ed in quale maniera dovremmo ricevere i loro insegnamenti, essi ci hanno sinodicalmente dato un esempio (§15) ed il sublime Basilio lo ha ben interpretato (§7). Per quanto riguarda la supremazia, poiché non stiamo stendendo un trattato, che lo stesso, grande Basilio presenti la questione in poche parole: “Io preferisco rivolgermi a colui che è capo sopra di loro.”

§17. Da tutto questo, ogni persona versata nella sana dottrina Cattolica, particolarmente sua Santità, deve trarre la conclusione, quanto sia empio ed antisinodale tentare l’alterazione della nostra dottrina e delle nostre liturgie e di altri uffici divini che sono ed è chiaro che sono dello stesso tempo della predicazione della Cristianità; per la quale ragione fu sempre data loro riverenza ed essi furono riconosciuti come puri persino dai vecchi Papi Ortodossi stessi, ai quali queste cose erano un’eredità in comune con noi stessi. Quanto conveniente e santa sarebbe la restaurazione delle innovazioni, il tempo del cui ingresso nella Chiesa di Roma noi conosciamo in ogni modo; poiché i nostri illustri padri hanno testificato di tempo in tempo contro ogni novità. Ma ci sono altre ragioni che dovrebbero far inclinare sua Santità a questo cambiamento. Primo, perché quelle cose che sono nostre erano, una volta, venerabili per gli Occidentali, poiché essi avevano i medesimi Offici divini e confessavano il medesimo Credo; ma le novità non erano note ai nostri Padri, né esse potevano essere mostrate negli scritti dei padri Ortodossi Occidentali, né erano note avere la loro origine sia nell’antichità che nella Cattolicità. Per di più, né Patriarchi né Concili potrebbero allora aver introdotto novità tra noi, perché il protettore della religione è lo stesso corpo della Chiesa, persino il popolo stesso, che desidera che la loro religiosa adorazione sia sempre immutata e della stessa specie che quella dei loro padri; poiché, come dopo lo Scisma, molti dei Papi e dei Patriarchi Latinizzanti fecero tentativi che vennero a niente persino nella Chiesa Occidentale; e, come di tempo in tempo, con mezzi sia leali che sleali, i Papi hanno comandato le novità per considerazione della convenienza (come essi hanno spiegato ai nostri padri, sebbene così stessero smembrando il corpo di Cristo): così ora nuovamente il Papa, per la considerazione di un’esperienza veramente divina e giustissima, senza dubbio (non riparando le reti, ma egli stesso cedendo la veste del Salvatore), osò opporsi alle venerabili cose dell’antichità, - cose ben adatte a preservare la religione, come confessa sua Santità (pg xi.1.16) e colla quale egli stesso si onora, come egli dice (lb 1.16), insieme con i suoi predecessori, perché egli ripete quella memorabile espressione di uno di quei benedetti predecessori (Celestino, che scrive al terzo Concilio Ecumenico): “Che la novità cessi di attaccare l’antichità.” E che la Chiesa Cattolica tragga vantaggio da questa sinora senza colpa dichiarazione dei Papi. Si deve confermare in tutti i modi, che in questo suo tale tentativo, persino sebbene Pio IX sia eminente per saggezza e pietà e, come egli dice, per zelo per l’unità Cristiana nella Chiesa Cattolica, egli incontrerà, entro e fuori, difficoltà e fatiche. E qui dobbiamo porre nella mente di sua Santità, se egli scuserà il nostro coraggio, riguardo a quella porzione della sua lettera (pg viii L.32), “Che nelle cose che riguardano la confessione della nostra divina religione, niente debba essere temuto, quando guardiamo alla gloria di Cristo e la ricompensa che ci attende nella vita eterna.” E’ incombenza di sua santità mostrare davanti a Dio ed all’uomo, che come il primo movente del consiglio che piace a Dio, così egli è un volenteroso protettore della maltrattata verità evangelica e sinodica, persino al sacrificio del suo proprio interesse, secondo il Profeta (Isaia lx.17). Un governante in pace ed un vescovo nella pienezza della giustizia. Così sia! Ma finchè non ci sia questo desiderato ritorno delle Chiese che hanno apostatato al corpo dell’Una, Santa, Cattolica ed Apostolica Chiesa, della quale “Cristo è il capo” (Efesini iv,15) ed ognuno di noi “membro in particolare”, ogni consiglio che procede da loro ed ogni officiosa esortazione tendente alla dissoluzione della nostra pura fede dataci dai Padri è condannato, come dovrebbe essere, sinodicalmente, non solamente come sospetto e da essere evitato, ma come empio e distruttore delle anime e in questa categoria, tra i primi, noi poniamo la menzionata Enciclica agli Orientali di Papa Pio IX, vescovo dell’antica Roma e tale la proclamiamo essere nella Chiesa Cattolica.

§18. Quindi, amato gregge e ministri e colleghi della nostra mediocrità, come sempre, così pure ora, particolarmente in questa occasione della pubblicazione della detta Enciclica, noi riteniamo essere nostro dovere inesorabile, in accordo colla nostra responsabilità patriarcale e sinodica, affinché nessuno possa essere perduto al divino popolo della Cattolica Chiesa Ortodossa, la santissima Madre di tutti noi, di incoraggiarci l’un l’altro e di farci fretta, ricordandoci l’un l’altro delle parole e delle esortazioni di S. Paolo ai nostri santi predecessori quando li convocò ad Efeso, noi ripetiamo ad ognuno: “Vegliate quindi su di voi stessi e su tutto il gregge in mezzo al quale vi ha stabiliti come sorveglianti, per pascere la Chiesa di Dio, che si è acquistato con il sangue del suo proprio Figlio. Io so che dopo la mia partenza si introdurranno in mezzo a voi lupi rapaci, che non risparmieranno il gregge. Tra voi stessi sorgeranno individui che terranno discorsi perversi, per trascinare discepoli dietro a loro. Perciò vegliate.” (Atti 20, 28-31)

Allora i nostri predecessori, i Padri, udendo questa accusa divina, piansero dolorosamente e, cadendo sul suo collo lo baciarono. Venite dunque a me e cadiamo in spirito, o gregge, udendolo ammonirci con lacrime, sul collo e baciandolo confortiamolo colla nostra ferma assicurazione che nessuno ci separerà dall’amore di Cristo, nessuno ci condurrà lontano dalla dottrina evangelica, nessuno ci distoglierà dal sicuro sentiero dei nostri padri, come nessuno fu capace di ingannare coloro, con un qualsiasi grado di zelo che essi manifestarono, che di tempo in tempo furono sollevati dal tentatore per questo scopo: così che, infine, noi udremo dal Padrone: “Ben fatto, servo buono e fedele”, ricevendo il fine della nostra fede, persino la salvezza, delle nostre anime ed il gregge ragionevole sopra il quale lo Spirito Santo ci ha fatto pastori.

§19. Abbiamo citato per nostro vantaggio questa istruzione ed esortazione Apostolica e la indirizziamo a tutte le congregazioni Ortodosse, dovunque si trovino poste sulla terra, ai Preti ed agli Abati, ai diaconi ed ai Monaci, in una parola a tutto il clero ed al popolo di Dio, i governanti ed i governati, i ricchi ed i poveri, a genitori e figli, che noi tutti, sostenendoci e consigliandoci l’un l’altro, possiamo essere capaci di resistere alle macchinazioni del diavolo. Perché così S. Pietro l’Apostolo ci esorta: “Siate sobri, siate vigilanti, perché il vostro avversario il diavolo, come un leone ruggente va intorno, cercando chi possa divorare. Chi resiste, imperterrito nella fede. “ (1 Pietro).

§20. Poiché la nostra fede, mio gregge, non è di uomini né da uomo, ma per rivelazione di Gesù Cristo, che i divini Apostoli hanno predicato, i santi Concili Ecumenici confermato, i più grandi e saggi maestri del mondo hanno trasmesso in successione ed il sangue sparso dei santi martiri ha ratificato. Atteniamoci alla confessione che abbiamo ricevuto inadulterata da tali uomini, volgendoci lontano da ogni novità come da una suggestione del diavolo. Colui che accetta una novità esprime disapprovazione, a causa di una mancanza, verso la predicata fede Ortodossa. Ma quella Fede è stata da lungo tempo sigillata nella sua completezza, tanto da non ammettere una diminuzione od un aumento, o qualsiasi cambiamento e colui che osa fare o consigliare o pensare ad una tale cosa ha già negato la fede di Cristo, è già di sua propria iniziativa stato colpito da un anatema esterno, per aver bestemmiato lo Spirito Santo, come se non avesse parlato pienamente nelle Scritture e attraverso i Concili Ecumenici. Questo terribile anatema, gregge ed amati figli in Cristo, non lo pronunciamo oggi, ma il nostro Salvatore per primo lo pronunziò: “Se uno dice una parola contro il Figlio dell’uomo, gli sarà perdonato. Ma se la dice contro lo Spirito Santo; non ci sarà perdono per lui né in questo secolo né in quello futuro” (Matteo 12,32) S. Paolo pronunciò il medesimo anatema: “Mi sorprende che così presto vi siate distaccati da Cristo, che vi aveva chiamati per la sua grazia, aderendo ad un altro vangelo: non ne esiste un altro! Ma ci sono alcuni che mettono lo scompiglio fra di voi e vogliono stravolgere il vangelo di Cristo. Ma se noi o un angelo disceso dal cielo annunciasse a voi un vangelo diverso da quello che vi abbiamo annunciato, sia votato alla maledizione divina!” (Galati 1,6-8) I sette Concili Ecumenici e l’intero coro dei Padri servitori di Dio pronunciarono questo medesimo anatema. Tutti, quindi, innovando, sia per mezzo di eresia che di scisma, si sono volontariamente vestiti, secondo il Salmo “Si è vestito della maledizione come di un manto”. (Salmo109,18), sia che siano Papi o Patriarchi o Clero o Laici; no, se uno qualsiasi, anche un angelo dal cielo, predica a voi un qualsiasi altro Vangelo di quanto voi avete ricevuto, sia maledetto. Così i nostri saggi padri, obbedendo alle salvifiche parole di s. Paolo, furono stabiliti ben saldi nella fede tramandata ininterrottamente loro, e la preservarono immutata ed incontaminata nel mezzo di così numerose eresie e l’hanno consegnata a noi pura e vergine, come venne pura dalla bocca dei primi servi della Parola. Anche noi, sapienti, per questo dobbiamo trasmetterla, pura come l’abbiamo ricevuta, alle generazioni venture, senza alterare niente, affinché esse possano essere, come siamo noi, piene di confidenza e senza niente di cui vergognarsi quando parlino della fede dei loro progenitori.

§21. Quindi, o gregge e figli amati nel Signore, “Poiché avete purificato la vostra anima obbedendo alla verità.” (1Pietro 1,22), “bisogna rimanere attaccati con gran diligenza alle cose udite, per timore di decadere.” (Ebrei 2,1). La fede e la confessione che abbiamo ricevuto non è una di cui ci si debba vergognare, essendo stata insegnata nel Vangelo dalla bocca del nostro Signore, testimoniata dai santi Apostoli, dai sette sacri Concili Ecumenici, predicata in tutto il mondo, che ha ricevuto testimonianza dai suoi stessi nemici, i quali, prima di apostatizzare dall’ortodossia alle eresie, mantenevano essi stessi questa medesima fede o almeno la mantenevano i loro padri ed i padri dei padri. Essa è testimoniata da una storia continua, come trionfante sopra tutte le eresie che la perseguitarono o, ora, la perseguitano, come voi vedete, sino a questo giorno. La successione dei nostri divini santi padri e la loro predicazione cominciarono dagli Apostoli e da coloro che gli Apostoli nominarono loro successori, sino al giorno d’oggi, formando un’unica catena ininterrotta e unendosi mano nella mano, assicuravano l’edificio la cui porta è Cristo, nel quale tutto il gregge ortodosso è nutrito nei fertili pascoli dell’Eden mistico e non nella steppa selvaggia senza sentieri, come suppone sua Santità (pg. 7.1.12). La nostra Chiesa mantiene l’infallibile e genuino deposito della Sacre Scritture, mantiene una vera e perfetta versione del Vecchio Testamento ed il divino originale stesso del Nuovo. I riti dei sacri misteri e specialmente quelli della divina Liturgia sono i medesimi riti gloriosi e che rendono veloce il cuore, tramandati dagli Apostoli. Nessuna nazione, nessuna comunione Cristiana può vantarsi di tale liturgie come quelle di Giacomo, Basilio, Crisostomo. Gli augusti Concili Ecumenici, quei sette pilastri della casa della Sapienza, furono organizzati in essa e tra di noi. Questo, la nostra Chiesa detiene gli originali delle loro sacre definizioni. I principali Pastori in essa e l’onorabile Presbiterio e ,l’ordine monastico, preservano la primitiva e pura dignità delle prime epoche della Cristianità, nelle opinioni, nel governo e persino nella semplicità del vestire. Si! veramente, “lupi rapaci” hanno costantemente attaccato questo santo popolo e lo stanno attaccando ora, come vediamo da noi stessi, secondo la predicazione dell’Apostolo, che mostra che i veri agnelli del grande Pastore sono avvolti in esso; ma quella Chiesa ha cantato e canterà per sempre: “Mi avevano circondato, mi avevano accerchiato, ma nel nome del Signore li ho sconfitti.” (Salmo 118,11) Aggiungiamo una riflessione, veramente dolorosa ma utile allo scopo di manifestare e confermare la verità delle nostre parole: Tutte le nazioni Cristiane, qualunque siano, che vediamo oggi chiamare il Nome di Cristo (non eccettuando l’Occidente generalmente o Roma stessa, come proviamo col catalogo dei papi delle origini), impararono la fede in Cristo dai nostri santi predecessori e padri; e tuttavia dopo, uomini pieni d’inganno, molti dei quali erano pastori e pure capi di pastori, di quelle nazioni, per mezzo di miserevoli sofismi ed opinioni eretiche osarono profanare l’Ortodossia di quelle nazioni, come la vera storia ci informa e come S. Paolo aveva previsto.

§22. Quindi, gregge, e voi, i nostri figli spirituali, noi riconosciamo che il grande favore e grazia che Dio ha profuso sopra la nostra Fede Ortodossa, e sulla sua Una, Santa, Cattolica ed apostolica Chiesa che, come una madre che non sospettata del suo merito, alleva noi come figli dei quali non si vergogna e che sono scusabili nell’ardire di alto tono riguardante la speranza che è in noi. Ma cosa noi peccatori renderemo a Dio per tutto quello che ha profuso su di noi? Il nostro benefico Signore e Dio che ci ha redento col suo doppio sangue, non richiede nient’altro da noi se non la devozione di tutta la nostra anima e di tutto il nostro cuore alla santa e senza macchia, santa fede dei nostri padri e amore ed affetto per la Chiesa Ortodossa, che ci ha rigenerati non con una nuova spruzzata, ma con il bagno divino del Battesimo Apostolico. E’ Lei che ci nutre, secondo il decreto eterno del nostro Salvatore, col suo proprio prezioso corpo e abbondantemente, come vera Madre, ci dà da bere di quel prezioso Sangue versato per noi e per la salvezza del Mondo. Attorniamola quindi in spirito, come i giovani uccelli il loro genitore, dovunque ci troviamo sulla terra, nel Nord o Sud o Oriente o Occidente. Fissiamo i nostri occhi ed i nostri pensieri sul suo divino aspetto e sulla sua gloriosissima bellezza. Prendiamo con ambedue le nostre mani il suo manto splendente che lo Sposo “in maniera totalmente amorosa” ha gettato intorno a lei con le sue mani pulite quando la redensero dal vincolo dell’errore e l’adornò per sé come sua sposa Eterna. Sentiamo nelle nostre anime il mutuo dolore della madre che ama i figli e dei figli che amano la madre, quando si vede che uomini con menti di lupi e che fanno guadagni delle anime e che sono zelanti nel fare piani su come possano farla prigioniera, o portare via gli agnelli dalle loro madri. Noi, Clero e Laici, dobbiamo tenerci caro moto intensamente ora questo sentimento, quando l’invisibile avversario della nostra salvezza, combinando le sue arti piene di frode (pg. xi.1.2-25) impiega tali potenti strumenti e cammina dovunque qua e là, come dice S. Pietro “cercando chi possa divorare: “ e quando in questo suo cammino, nel quale noi camminiamo pacifici ed innocenti, egli pone trappole piene d’ingegno.

§23. Ora, il Dio della pace, “che ha portato nuovamente dalla morte quel gran Pastore delle pecore”, “colui che tenne Israele”, che “non dormirà” “tenete i vostri cuori e le vostre menti ad ogni opera buona.”

Pace e gioia siano con voi nel Signore.

Maggio, 1868, Indizione 6

+ANTHIMOS, per Grazia di Dio Arcivescovo di Costantinopoli, nuova Roma, e Patriarca Ecumenico, un amato fratello in Cristo nostro Dio e un supplice.

+HIEROTHEUS, per Grazia di Dio Patriarca di Alessandria e di tutto l’Egitto, un amato fratelli in Cristo nostro Dio ed un supplice

+METHODIUS, per Grazia di Dio, Patriarca della grande città di Dio, Antiochia e di tutta l’Anatolia, un amato fratello in Cristo nostro Dio ed un supplice.

+CYRIL, per Grazia di Dio, Patriarca di Gerusalemme e di tutta la Palestina, un amato fratello in Cristo nostro Dio e un supplice

Il Santo Sinodo a Costantinopoli

+PAISIUS DI CESAREA

+ANTHIMUS DI EFESO

+DIONYSIUS DI HERACLEA

+JOACHIM DI CYZICUS

+DIONYSIUS DI NICODEMIA

+HIEROTHEUS DI CALCEDONIA

+NEOPHYTHUS DI DERCI

+GERASIMUS DI ADRIANOPOLI

+CYRIL OF NEOCESAREA

+THEOCLETUS DI BEREA

+MELETIUS DI PISIDIA

+ATHANASIUS DI SMYRNA

+DIONYSIUS DI MELENICUS

+PAISIUS DI SOPHIA

+DANIEL DI LEMNOS

+PANTELEIMON DI DEYNOPOLIS

+JOSEPH DI ERSECIUM

+ANTHIMUS DI BODENI

Il Santo Sinodo in Antiochia

+ZACHARIAS DI ARCADIA

+METHODIOS DI EMESA

+JOANNICIUS DI TRIPOLIS

+ARTEMIUS DI LAODICEA

Il Santo Sinodo in Gerusalemme

+MELETIUS DI PETRA

+DIONYSIUS DI BETLEMME

+PHILEMON DI GAZA

+SAMUEL DI NEAPOLIS

+THADDEUS DI SEBASTE

+JOANNICIUS DI PHILADELPHIA

+HIEROTHEUS DI TABOR

Nessun commento:

Posta un commento