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giovedì 21 giugno 2012

Chi è il padre spirituale?

Di Mons. Kallistos Ware, The Orthodox Way, S. Vladimir’s Seminary Press

L’anziano o ‘vegliardo’, noto in greco come “gheron” e in russo come “starets”, non deve essere necessariamente avanti con gli anni. Piuttosto deve essere saggio alla luce della sua esperienza della verità divina, benedetto dalla grazia della “paternità nello spirito”, con il carisma di guidare gli altri sulla Via. Ciò che offre ai suoi figli spirituale non è primariamente un’istruzione morale o una regola di via, ma un rapporto personale. «Uno starets», dice Dostoevsky, «è uno che prende la tua anima e la tua volontà, nella sua anima e nella sua volontà» I discepoli di Padre Zaccaria erano soliti dire di lui: «E’ come se si portasse i nostri cuori in mano».

Lo starets è l’uomo della pace interiore, al cui fianco migliaia di persone possono trovare la salvezza. Lo Spirito Santo gli ha donato il frutto della sua preghiera e della rinuncia a se stesso, il dono del discernimento, permettendogli di leggere i segreti dei cuori degli uomini; e così egli risponde, non solo alle domande che gli altri gli rivolgono, ma anche a quelle domande – spesso più fondamentali – che non hanno nemmeno pensato di porre. Insieme al dono del discernimento egli possiede il dono della guarigione spirituale – il potere di guarire le anime degli uomini, e talvolta anche i loro corpi. Questa guarigione spirituale viene fornita non solo attraverso parole di consiglio ma attraverso il silenzio e la presenza. Per quanto sia importante il consiglio, molto più importante è la sua preghiera di intercessione. Prega costantemente per i propri figli, si identifica con loro, considera le loro gioie e i loro dolori come suoi propri, prende sulle spalle il peso della loro colpa o della loro ansietà. Nessuno può essere starets se non prega insistentemente per gli altri.

Se lo starets è un prete, solitamente il suo ministero di direzione spirituale è strettamente connesso con il sacramento della confessione. Ma uno starets nel pieno senso, come descritto da Dostoevsky o esemplificato da Padre Zaccaria, è molto più che un semplice padre confessore. Uno starets nel vero senso della parola non può essere nominato tale da un’autorità superiore. Ciò che succede è che lo Spirito Santo, parlando direttamente ai cuori, rende facile capire che questa o quella persona ha ricevuto da Dio la grazia di guidare e guarire gli altri. Il vero starets è, in questo senso, una figura profetica, non una istituzione ufficiale. Comunemente è un prete-monaco, ma può anche essere un parroco sposato, o anche un monaco laico non ordinato sacerdote, o anche – ma è meno frequente – una suora, o un laico o una laica che vivono nel mondo. Se lo starets non è egli stesso un prete, dopo aver ascoltato i problemi della gente e aver offerto loro consiglio, li invierà frequentemente a un sacerdote per il sacramento della confessione e dell’assoluzione.

Il rapporto tra figlio e padre spirituale varia molto. Alcuni vanno a trovare uno starets forse solo una o due volte nella vita, in momenti di particolari crisi, mentre altri sono in contatto regolare con i loro starets e li vanno a trovare ogni mese o anche ogni giorno. Non ci sono regole predefinite. L’associazione cresce da sola sotto la guida diretta dello Spirito.

La relazione è sempre personale. Lo starets non applica regole astratte apprese da un libro – come nella “casuistica”[1] del Cattolicesimo della contro riforma – ma vede, ad ogni occasione, questo uomo o questa donna che gli è di fronte e illuminato dallo Spirito cerca di trasmettere la volontà unica di Dio per questa particolare persona. E’ per questo che il vero starets comprende e rispetta il carattere distintivo di ciascuno, non ne sopprime la libertà interiore ma la rinforza. Non mira a ottenere un’obbedienza meccanica, ma guida i suoi figli a un punto di maturità spirituale in cui riescono a decidere per loro stessi.

A ciascuno mostra il suo vero volto, che prima era largamente nascosto da lui stesso; e la sua parola è creativa e datrice di vita, permettendo all’altro di realizzare compiti che prima sembravano impossibili. Ma tutto ciò, lo starets riesce a realizzarlo soltanto perché ama ciascuno in maniera personale. Inoltre, la relazione è reciproca: lo starets non può aiutare, infatti, un altro a meno che l’altro desideri profondamente cambiare il suo stile di vita aprendo il cuore con fiducia amorosa allo starets. Colui che va a trovare uno starets per semplice curiosità spirituale è probabile che ritornerà a mani vuote.

Dal momento che la relazione è sempre personale, uno starets particolare non può aiutare ciascuno ugualmente. Può aiutare soltanto coloro che gli sono inviati dallo Spirito. Allo stesso modo, il discepolo non dovrebbe dire “Il mio starets è migliore di tutti gli altri”. Dovrebbe soltanto dire “Il mio starets è il migliore per me”.

Guidando gli altri, il padre spirituale attende la volontà e la voce dello Spirito Santo. «Darò soltanto ciò che Dio mi dice di dare», diceva San Serafino. «Credo alla prima parola che viene a me ispirata dallo Spirito Santo». Ovviamente nessuno ha il diritto di agire in questa maniera a meno che, attraverso lo sforzo ascetico e la preghiera, non abbia ottenuto una consapevolezza della presenza di Dio particolarmente intensa. Poiché per coloro che non hanno raggiunto un tale livello, un simile comportamento sarebbe presuntuoso e irresponsabile.

Padre Zaccaria parla negli stessi termini a San Serafino:

«Talvolta un uomo non sa cosa dirà. Il Signore stesso parla attraverso le sue labbra. Bisogna pregare in questo modo: “O Signore, possa Tu vivere in me. Possa Tu parlare attraverso di me. Possa Tu agire attraverso di me”. Quando il Signore parla attraverso le labbra di un uomo allora tutte le parole di quell’uomo hanno effetto e tutto ciò che viene detto da lui viene compiuto. L’uomo che parla è egli stesso sorpreso di ciò. Non bisogna appoggiarsi alla saggezza.» La relazione tra padre spirituale e figlio va oltre la morte e si estende fino al Giorno del Giudizio. Padre Zaccaria tranquillizzò i suoi discepoli: «Dopo la morte, sarò molto più vivo di quanto sia ora. Non piangete per me. Il giorno del Giudizio l’anziano dirà: Eccomi ed ecco i miei figli».
San Serafino volle che fossero incise sulla sua lapide queste parole:

«Quando sarò morto, venite alla mia tomba. Più spesso verrete, meglio sarà. Qualunque cosa sia nella vostra anima, qualunque cosa vi sia accaduto, venite a me come se fossi vivo, e inginocchiandovi al suolo, scacciate tutta la vostra amarezza sulla mia tomba. Ditemi tutto e io vi ascolterò e tutta l’amarezza andrà via da voi. Come mi parlaste quando ero in vita, così fatelo anche ora. Perché io vivo e sarò per sempre.»

Non tutti gli ortodossi hanno un proprio padre spirituale. Cosa succede se cerchiamo una guida e non riusciamo a trovarla? Ovviamente è possibile apprendere dai libri. Se abbiamo o no uno starets, chiediamo comunque alla Bibbia una guida costante. Ma la difficoltà dei libri è sapere precisamente ciò che è applicabile a me personalmente, a questo preciso punto del mio viaggio. Così come i libri e la paternità spirituale esiste anche la fratellanza o la sorellanza spirituale. In questo caso l’aiuto datoci non ci viene da maestri in Dio ma dai nostri compagni discepoli.

Non dobbiamo trascurare le opportunità offerteci in questa forma. Ma coloro che si impegnano seriamente nella Vita dovrebbero, in ogni caso, fare uno sforzo per trovare un padre nello Spirito Santo. A coloro che cercano umilmente verrà certamente data la guida che richiedono. Di certo non troveranno spesso uno starets come San Serafino o Padre Zaccaria. Dobbiamo stare attenti perché, aspettandoci qualcosa di particolarmente spettacolare, non ci lasciamo sfuggire l’aiuto che Dio ci sta realmente offrendo. Qualcuno che potrebbe essere considerato come “comune” potrebbe rivelarsi essere l’unico padre spirituale che è capace di dire a me, personalmente, quelle parole di fuoco che io più di tutti ho bisogno di sentire.

[1] Branca della teologia morale che tratta dei casi di coscienza.

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