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giovedì 26 luglio 2012

Parliamo di musica: Influenze del canto bizantino in Occidente

di Silvia Peruchetti

Il canto greco-bizantino ebbe numerosi contatti con la civiltà musicale occidentale, tanto da influenzare largamente quest'ultima per tutta la durata del Medioevo.

L'influenza bizantina sulla musica medievale occidentale

E' universalmente noto che Bisanzio esercitò una fortissima influenza sull'arte occidentale e, soprattutto durante il 1400, anche sulla filosofia e la letteratura umanistica; meno noti, ma non per questo meno importanti, sono invece gli influssi in campo musicale, destinati ad avere ripercussioni anche per molti secoli a venire.

Influenze sul canto ambrosiano (o milanese)

Il canto ambrosiano, monodico e liturgico come quello greco-bizantino, ebbe origine dal confluire di diverse tradizioni (canto romano antico, canto franco/gallicano, canti greco-siriaci e greco-bizantini) e dall'opera di grandi personaggi come Ambrogio (vescovo dal 374 al 397, e dal quale il canto prende il nome), che ebbero il merito di introdurre forme liturgico-musicali sconosciute fino ad allora in Occidente ma ben note alla Cristianità d'Oriente. Il rito ambrosiano è inoltre l'unico tra i repertori locali creati dalle chiese occidentali (oltre a quello romano) ad essere pervenuto fino ai nostri giorni per tradizione ininterrotta.

L'influsso greco-siriaco poté avere inizio fin dall'ingresso del Cristianesimo nella regione lombarda, testimoniato anche dalla presenza di vescovi orientali, eretici ariani, ecc...; nei secoli successivi le vicende storico-religiose (trasferimento della capitale da Milano a Ravenna; esilio dell'alto clero milanese a Genova, città che era nell'orbita dell'influsso bizantino-ravennate; ecc…) aprirono le porte a nuovi elementi orientali, tanto che non è difficile cogliere echi di una sicura presenza bizantina anche nell'attuale repertorio milanese – alcune melodie presentano un testo che è una mera traduzione da originali bizantini; altri canti presentano invece uno stile decisamente affine a quello greco-bizantino, non coincidente con quello tradizionale dell'Occidente.

Sul versante rituale e delle forme musicali, Ambrogio ebbe un'importanza enorme in quanto introdusse in Occidente la pratica dell'innodia liturgica, nonché la salmodia e il canto antifonato (eseguito da due semicori che si alternano nel cantare i versetti dei salmi e brevi ritornelli o antifone); il legame con l'Oriente rimase fortissimo, ma il rito di Milano (diffusosi presto in tutta la Lombardia, fino a Piacenza, Vercelli e alcune valli del Canton Ticino) assunse presto una fisionomia autonoma rispetto alle pratiche in uso alla chiesa di Alessandria, che aveva fornito il modello. Tra VII e VIII secolo vennero poi introdotti i transitori, canti per la parte finale della messa e mutuati dall'Oriente; al fondo bizantino si attinse anche per antifone e responsori dell'Ufficio (liturgia delle Ore).

Influenze sul canto gregoriano

Il canto gregoriano prende il nome da papa Gregorio I Magno (590-604), che secondo la tradizione e l'opinione comune fu l'artefice principale della riorganizzazione del repertorio musicale sacro occidentale; in realtà non abbiamo prove dirette di suoi interventi relativi alla musica, mentre ne sono attestati numerosi riguardo alla pratica prettamente liturgica, per lo più volti a semplificare riti e preghiere durante la messa. E' tuttavia possibile che il papa abbia preso attivamente parte alla riorganizzazione del patrimonio vastissimo dei canti sacri monodici occidentali: semplicemente non ne abbiamo testimonianza, soprattutto in quanto il primo sistema di notazione musicale risale solo al IX secolo d.C.

In ogni caso, in particolare grazie alla tarda Vita di Giovanni Diacono, tre secoli furono sufficienti per creare il mito di Gregorio, secondo l'abitudine che tende a collocare sotto l'egida e il nome di personaggi famosi un'attività multiforme che in realtà si svolse in un prolungato lasso di tempo; oggi il termine “gregoriano” si riferisce ad un particolare repertorio di canti sacri monodici in uso in Occidente dopo il VI secolo, ma non include altri repertori indipendenti (come il canto ambrosiano, quello romano antico, quello beneventano, ecc…) pur essendo senz'altro il più diffuso, tanto da rappresentare per antonomasia, nell'opinio communis, la musica medievale sacra.

Pur senza conseguenze dirette sul repertorio musicale che si stava formando, è doveroso notare come Gregorio avesse avuto fin da prima di diventare papa numerosi contatti con Bisanzio: non parlava il greco, ma fu inviato a Costantinopoli come apocrisario (ambasciatore) del papa Pelagio II, occasione in cui iniziò a farsi conoscere anche in Oriente ottenendo consensi dalla corte locale; una volta eletto pontefice, la sua opera instancabile volta a riaccendere la vita religiosa non rimase circoscritta a Roma, ma (come documenta il suo epistolario) toccò anche le metropoli di Ravenna, Milano, Aquileia e Cagliari; inoltre, di fronte alle chiese orientali, pur affermando il principatus della sua sede, si comportò in modo da non far pesare sui patriarchi la sua autorità.

Il papa Sergio I, siciliano e appartenente alla schiera dei molti altri pontefici di origine orientale che lo seguirono, introdusse poi in Occidente festività e testi greci, mentre risale probabilmente al periodo tra il 636, anno della morte del teorico Isidoro di Siviglia, e l'età carolingia (lasso di tempo dal quale non ci sono pervenute testimonianze di altri teorici o trattatisti musicali) l'adattamento del sistema modale occidentale a quello dell'oktoechos bizantino (un sistema di 8 modi i quali però non corrispondono a quelli gregoriani).

Tropi e sequenze

Bisanzio è il luogo dove si conoscono le più antiche (per quanto riguarda la Cristianità) testimonianze di tropi, ovvero parole, frasi o piccole strofe che non fanno parte del testo liturgico canonico dell'Ordinario o del Proprio, ma che possono esservi inserite a fini devozionali o celebrativi (per esempio, tra le parole Kyrie ed eleison ); fin dal V secolo la liturgia costantinopolitana prevedeva infatti il canto di questi testi supplementari al termine di ogni versetto del salmo, e tra gli ultimi dei cantici biblici intonati a Vespri e Mattutino. All'inizio del VI secolo appaiono poi i kontakia, inni che raggruppavano da 18 a 30 tropi cantati su di un'unica melodia e che fungevano da omelia.

Wellesz suppone tuttavia che il tropo bizantino provenisse dalla Siria, e che la sua origine debba ricercarsi ancora una volta nell'opera poetica di Efrem il Siro (378); il diacono Romanus, “maestro del kontakion”, avrebbe introdotto poi questa forma a Costantinopoli.

E' possibile sostenere la derivazione del tropo occidentale da quello bizantino? Pare proprio di sì: l'influenza della ricca poesia orientale fu notevole soprattutto al tempo della crisi iconoclasta, quando molti religiosi perseguitati trovarono rifugio a Roma; forse un'influenza analoga si era fatta sentire anche tra VI e VII secolo, periodo dei papi di origine orientale.

Pur con innegabili differenze rispetto a quelli bizantini, i tropi furono usati anche in Occidente a partire dall'anno 800, e in seguito infarcirono anche le sequenze, forma “inventata” (secondo la maggioranza degli studiosi) tra IX e X secolo dal monaco Notker Balbulus da San Gallo, che avrebbe per primo applicato le sillabe di testi liturgici alle lunghe e complesse melodie melismatiche degli alleluia, le quali (essendo cantate su di un'unica vocale) erano molto difficili da ritenere a memoria.

Questi brani, dalla caratteristica struttura musicale AA BB CC DD ecc…, in seguito furono arricchiti di tropi da teorici-compositori come Hermannus Contractus, Berno von Reichenau e altri, e proprio per questo motivo il primo periodo di vita della sequenza viene detto “tedesco-bizantino”. E' necessario però segnalare come Peter Wagner invece ritenga che il ceppo originario della sequenza sia da ricercare ancora una volta direttamente nella antica liturgia bizantina, e in particolare nell'akoluthia (letteralmente, il significato è proprio “sequenza”), ovvero la successione delle funzioni liturgiche dell'Ufficio o di altre, eccetto quelle della messa.

Influenze sul canto aquileiese

Aquileia, sede di un patriarcato, era una delle chiese oltre a Milano che nel IV secolo occupava una posizione preminente nell'Italia settentrionale. Gli storici ipotizzano, per via indiretta, influssi provenienti dalla chiesa di Alessandria, nonché da Arles e dalla costa africana; del resto, la posizione geografica di Aquileia, all'incrocio delle grandi comunicazioni tra Nord e Sud e tra Oriente e Occidente, giustifica ampiamente tali influssi e chiarisce i successivi legami con Ravenna e Milano; tracce di una presenza greca mediata da Ravenna si notano in preghiere che invocano la Vergine come Madre di Dio: Theotokos. Tuttavia le testimonianze musicali sono quasi inesistenti, e per lo più assimilabili alla tradizione gregoriana.

Influenze sul canto beneventano

Come è noto, Benevento intrattenne numerosi legami con Roma ed il mondo bizantino: ciò è manifesto anche dal repertorio liturgico creato nei secoli V-VII e testimoniato dall'uso dell'inconfondibile grafia derivata dalla minuscola corsiva. Come per Aquileia, non ci è arrivato alcun manoscritto beneventano puro; tra le melodie pervenute, si possono riconoscere quelle giunte dalla tradizione gregoriana, nonché da quella romana antica e da quella bizantina – in quest'ultimo caso si hanno sia la versione latina sia quella greca.

Influenze sul canto ispano-mozarabico

Praticato dal VI all'XI secolo in poi nella Spagna visigotica e tra i cristiani rimasti “tra gli arabi” dopo l'invasione, si tratta di un canto caratterizzato, soprattutto all'inizio della sua storia, dall'influsso di usi liturgici orientali importati dagli invasori visigoti (e, nel VI secolo, grazie alla riconquista di Giustiniano), poi mescolatisi a quelli arabi e delle Gallie. Tra le consuetudini liturgiche di chiara ascendenza bizantina ricordiamo uno speciale canto (inserito nel trisaghion insieme al Sanctus che segue il prefazio) che cominciava con “Aghios o Théos” (Santo Dio); inoltre, lo stesso Gloria era cantato in greco, oltre che in latino.

Concludendo, l'importanza dell'Impero di Bisanzio nei confronti del mondo occidentale si spinge ben oltre le enormi ripercussioni storico-religiose che agirono sul Medioevo – e che in fondo influiscono anche sull'oggi: come la storia dell'arte, come la filosofia, come l'Umanesimo, anche la storia della musica deve molto alla civiltà millenaria della nuova Roma.

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