Fate ogni cosa per la gloria di Dio (1Cor. 10, 31)

Lo scopo finale della musica non deve essere altro che la gloria di Dio e il sollievo dell'anima (Johann Sebastian Bach)

lunedì 24 dicembre 2012

Messaggio di Natale 2012 dell'Arcivescovo Gabriele

Testata

MESSAGGIO DI NATALE 2012

dell'Arcivescovo Gabriele di Comana

Esarca del Patriarca Ecumenico

«Lo riconoscerete da questo segno: troverete un bambino avvolto in fasce, che giace in una mangiatoia›› (Lc 2, 12)

Cari Fratelli e Sorelle,

sono felice quest'oggi di rivolgervi il mio augurio nella festa della Natività del Signore. Come in occasione di tutte le grandi feste quello che viviamo oggi è un momento importante. Ecco che il Signore viene in mezzo a noi vestito di povertà: ha scelto per la sua nascita un villaggio sconosciuto in una regione sconosciuta e nasce da una vergine povera.

Lui il Creatore dell'universo, il Dio degli dèi, l'Onnipotente, accetta di comparire davanti agli uomini in un luogo in cui dei poveri pastori soggiornano con le loro greggi: una semplice grotta. È qui che Maria, non avendo trovato possibilità di alloggio, dà alla luce il Re dei re, il Signore dei Signori.

«È nato un Salvatore, che è il Messia, il Signore» (Lc 2, 11), «Dio è il Signore che ci illumina!›› (Ps 117, 27), non nella forma di Dio, come dice san Basilio il Grande, bensì nella forma di servo, per dare la libertà a coloro che sono stati ridotti in schiavitù. Chi ha un cuore cosi gravato dal sonno, chi è tanto ingrato da non gioire, esultare e acclamare davanti a un simile evento?

L’icona “Maria Nutrice della Vita”

L’icona "La Nutrice" della Madre di Dio si trovava originariamente nella Lavra (o laura, in greco cammino stretto) di San Saba il Grande, una Santa comunità vicino Gerusalemme.

San Saba archimandrita nasce nel 439 a Cesarea di Cappadocia. Attorno ai 18 anni arriva pellegrino in Terrasanta. Sul cammino sosta sempre in comunità monastiche di diverso tipo: di vita comune, anacoretiche, nelle loro grotte o capanne. È così che trova una guida nel monaco Eutimio detto «il grande», col quale condividerà la vita eremitica in Giordania. Dopo la morte del maestro si ritira verso Gerusalemme, nella valle del Cedron. Qui, col tempo, si forma intorno a lui un'aggregazione monastica frequente in Palestina: la Lavra, una comunità destinata a crescere fino ad ospitare 150 monaci e far da guida ad altri «villaggi» monastici di questo tipo. Nel 492, Saba viene ordinato sacerdote, e il patriarca Elia di Gerusalemme lo nomina archimandrita, capo di tutti gli anacoreti di Palestina. Muore, ultranovantenne, nel 532.

venerdì 21 dicembre 2012

Ecumenismo umanistico

di San Justin Popovic

Dal libro di padre Justin Popovic «La Chiesa Ortodossa e l’Ecumenismo», p. 224-255, Edizione Sacro Monastero degli Arcangeli, Celje, Valjevo, Serbia. Traduzione a cura di Tradizione Cristiana.

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Ecumenismo è un nome comune tra i falsi cristiani, delle false chiese dell’Europa Occidentale. Nel suo interno si trova il cuore di tutti gli umanesimi europei, con il Papismo a capo. Tutti questi falsi cristianesimi, tutte le pseudo-chiese non sono nulla di più che un’eresia accanto all’altra. Il loro nome evangelico comune è paneresia. Perché? Perché nel corso della storia le varie sette negavano o deformavano certe caratteristiche del Teantropo (Uomo-Dio) e Signore Gesù, e queste sette europee respingono l’intero Teantropo ponendo al suo posto l’uomo Europeo. Qui non vi è alcuna differenza sostanziale tra il Papato, il Protestantesimo, l’Ecumenismo e le altre sette, il cui nome è «legione».

Il dogma ortodosso, meglio dire, il pan-dogma sulla Chiesa, fu respinto e sostituito dal pan-dogma latino eretico sul primato e l’infallibilità del Papa, cioè dal primato dell’uomo. Da questa paneresia, quindi, sono nate e continuamente nascono altre eresie: il Filioque, l’eliminazione dell’Epiclesi, gli azzimi, l’introduzione della grazia creata, il purgatorio, le tante opere dei santi raccolte e immagazzinate in una stanza come se fossero un tesoro materiale, l’insegnamento meccanizzato sulla salvezza e quindi l’insegnamento meccanizzato sulla vita, il papocesarismo, la Santa Inquisizione, le indulgenze, l’uccisione del peccatore per il peccato, il gesuitismo, la scolastica, la casistica, il monarchismo, l’individualismo sociale di vari tipi…

Il protestantesimo? È il figlio più fedele del Papismo, che per il suo profondo razionalismo cadde, attraverso i secoli, da un’eresia all’altra e si annega costantemente nei diversi veleni delle sue erronee credenze. A tal fine, lo spirito superbo del papismo e l’«infallibile» irragionevolezza regna assolutisticamente e devasta le anime dei suoi credenti. In linea di principio, ciascun Protestante è un papa indipendente, in tutte le questioni di fede. Questo, però, porta sempre da una morte spirituale all’altra; e non c’è fine a questo continuo «morire», poiché il numero delle morti spirituali è innumerevole.

giovedì 13 dicembre 2012

Perché abbandonai la Chiesa Cattolica Romana (La mia conversione all’Ortodossia)

Una eccezionale testimonianza storica del cammino verso la riscoperta della Fede Ortodossa e delle difficoltà che tale scelta poteva implicare negli anni '50 del secolo scorso. Lo propongo ai lettori esattamente come scritto nella copia in mio possesso. E' un testo lungo, ma si legge con piacere.

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Di Paul Fr. Ballester Convalier - Atene 1954. Traduzione dal greco dell'Archimandrita Benedictos Katsanevakis, Napoli - presso la chiesa dei SS. Pietro e Paolo dei nazionali Elleni, 1955.

Al nascente movimento ortodosso italiano dedico

Invece di premessa

Nell’ottobre dell’anno scorso 1954 è sorto a Catania ed a Firenze, promosso da Italiani di puro sangue, un movimento che mira non ad un Cattolicesimo riformato, ma addirittura ad un ritorno completo e sincero alle origini, cioè alla genuina Chiesa Cristiana esistente prima del funesto grande scisma tra Oriente ed Occidente consumato dal Papa Urbano II nell’anno 1098 nel Sinodo di Bari da lui ivi convocato. I pionieri di tale movimento hanno trovato tale Chiesa primitiva nella Chiesa Ortodossa Cristiana che è infatti l’unica genuina continuatrice della Chiesa fondata da Gesù Cristo e divulgata dai SS. Apostoli.

È molto commovente il fatto che proprio in quest’anno che è il novecentesimo dagli inizi dei primi aperti contrasti ecclesiastici tra Occidente e Oriente, che condussero poi all’anzidetta separazione definitiva dell’anno 1098, ha inizio con il movimento Ortodosso italiano in parola, il ritorno alla retta dottrina di Cristo dei popoli Occidentali trascinati allo scisma. Il detto movimento Ortodosso italiano, pur giovanissimo e recentissimo, conta già in Catania ed in Firenze due Vescovi, quattro presbiteri, un diacono e circa duecento aderenti e moltissimi simpatizzanti.

Ora, il molto Rev. Paul Fr. Ballester Convalier ex Frate Francescano in Spagna – ora Presbitero Ortodosso – abbandonò anch’egli il Cattolicesimo Romano e scrisse poi in greco un opuscolo intitolato “La mia conversione all’Ortodossia” in cui espone con molta chiarezza il dramma della sua anima a tale riguardo. Egli spirito studioso, occasionalmente veniva messo in seri dubbi circa la verità di alcune dottrine fondamentali della Chiesa Romana a cui apparteneva ed ha cercato sinceramente e ad ogni costo e sacrificio di arrivare al fondo della questione. Ed è riuscito a trovarne, da solo, l’uscita dal cieco vicolo in cui inconsciamente si trovava. Il dramma spirituale esposto dal Rev. Convalier è, senza dubbio, il dramma di numerosissime altre anime incapaci di trovare l’uscita dal cieco vicolo. Per venire incontro a tale stato e specialmente a tutti i simpatizzanti del suddetto «Movimento Ortodosso italiano» sentiamo il dovere di presentare in debita traduzione il su riferito documento del Rev. Convalier, sostituendo il titolo originale: “La mia conversione all’Ortodossia” con quello: “Perché abbandonai la Chiesa Cattolica Romana”, come più adatto al contenuto e come più comprensibile ai lettori in Italia. Siamo convinti che finché l’Europa Occidentale e Centrale non sarà rieducata alla retta fede cristiana, direi riortodossata, studi sì fatti non saranno mai inutili.

Infine ringrazio il mio carissimo figlio in Cristo Sig. Augusto Scrino dell’aiuto letterario prestatomi per la sollecita traduzione del presente.

Napoli, 25 Marzo 1955.

Festa dell’Annunziazione di M. V.

† Archimandrita Benedictos Katsanevakis

sabato 8 dicembre 2012

I defunti sono santificati così come i vivi dai doni dell’Altare

di san Nicolas Cabasilas (circa 1319-1391) - da “Spiegazione della Divina Liturgia”

Questo divino e sacro rito (la Divina Liturgia) risulta doppiamente santificante. In primo luogo per l’intercessione. Infatti i doni offerti, per il solo fatto di essere offerti, santificano coloro che li offrono e coloro per i quali sono offerti e rendono misericordioso Dio nei loro riguardi. In secondo luogo santificano per mezzo della Comunione, poiché sono un vero cibo ed una vera bevanda, secondo la parola del Signore. Di queste due maniere la prima è comune ai vivi ed ai morti, poiché il sacrificio si offre per entrambe le categorie. Il secondo modo vale per i soli vivi, poiché i morti non possono né mangiare né bere. Che dunque? Per questa ragione i defunti non beneficeranno di questa santificazione e sono meno avvantaggiati dei vivi? Per nulla. Poiché il Cristo si comunica a loro nel modo che egli sa.

Ed affinché sia chiaro, consideriamo le cause di questa santificazione per vedere se anche le anime dei defunti non lo abbiano come quelle dei viventi. Quali sono le cause della santificazione? Forse l’avere un corpo, il correre con i piedi per giungere all’altare, il prendere con le mani i santi doni, il riceverli con la bocca, il mangiare ed il bere? Niente affatto. Molti infatti che li ricevono e che così si accostano ai misteri non ricavano alcun beneficio e si allontanano colpevoli d’infiniti mali.

Ma quali sono le cause della santificazione per quelli che sono santificati? E quali sono le condizioni che il Cristo richiede da noi? La purezza dell’anima, l’amore verso Dio, la fede, il desiderio del sacramento, l’ardore per la comunione, uno slancio ardente ed il correre ad essa assetati. Queste sono le cause da cui deriva questa santificazione e con le quali è necessario che coloro che al Cristo si accostano partecipino di lui e senza le quali è impossibile la santificazione. Ma tutte queste cause non sono corporali, ma dipendono dalla sola anima. Dunque nulla impedisce che le anime dei defunti le possano possedere come quelle dei viventi. Se dunque le anime sono pronte e disposte a ricevere il santo mistero ed il Signore, che santifica e consacra, vuole sempre consacrare e desidera ogni volta offrirsi in comunione, che cosa impedisce la partecipazione? assolutamente nulla.