Fate ogni cosa per la gloria di Dio (1Cor. 10, 31)

Lo scopo finale della musica non deve essere altro che la gloria di Dio e il sollievo dell'anima (Johann Sebastian Bach)

martedì 22 gennaio 2013

Visita alla nostra cattedrale a Parigi e omelia di S. Em. il Metropolita Emanuele, Locum Tenens, per la festa della Teofania

M. Emmanuel

Dal sito dell’Esarcato

Sua Eminenza il Metropolita Emanuele di Francia, locum tenens del trono arcivescovile, si è recato sabato 19 Gennaio 2013 alla Cattedrale di St. Alexander Nevsky, dove ha partecipato alla Divina Liturgia e ha tenuto l’omelia che è riportiamo qui di seguito:

OMELIA DEL METROPOLITA EMANUELE DI FRANCIA PER LA TEOFANIA (vecchio calendario)

Nel nome del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo,

Quando cantiamo con il Santo Apostolo Paolo che siamo rivestiti di Cristo mediante il santo Battesimo noi riassumiamo l’opera salvifica di Cristo. Ci siamo rivestiti di Cristo. Ci copriamo della sua grazia spirituale, lui il Logos incarnato venuto nel mondo per salvare l’umanità. L’evento della Teofania segna una tappa particolare nella storia della salvezza. Non si tratta soltanto dell’istituzione del sacramento del battesimo, che noi ripetiamo fino ad oggi, ma anche dell’inizio dell’azione pubblica di Cristo nel mondo.

Il Battesimo come sapete ha un duplice significato: è anche la confessione della Santa Trinità. Infatti gli eventi narrati dalla Scrittura riflettono questa dimensione trinitaria: la voce del Padre si fa sentire, lo Spirito si manifesta sotto forma di colomba e il Figlio riceve la testimonianza della sua divinità. È chiamato «benevolenza». La benevolenza del Padre prende così luogo. Essa infatti rappresenta tutta la storia dell’Antico Testamento che trova compimento in Cristo stesso. Quest’ultimo è portatore di una promessa incredibile, che offre all’umanità la certezza di una nuova vita, nella quale siamo introdotti dal sacramento del Battesimo. Se è vero che il primo significato di «sacramento» vuole significare il «mistero», è perché si riferisce al mistero dell’incarnazione. Pertanto, ogni azione sacramentale diventa essa stessa portatrice del mistero dell’opera di Cristo, nel quale noi veniamo introdotti e ne diventiamo partecipi.

Se il punto di partenza della missione di Cristo ha inizio al momento del suo battesimo nel Giordano, ricevuto dalle mani di san Giovanni Battista, il battesimo diviene per noi l’inizio di una nuova vita. San Sofronio di Gerusalemme ha parole di grande forza a questo proposito: «Essendo stati purificati [dalle acque del battesimo] perfettamente grazie alla purificazione dello Spirito, dopo aver respinto ogni sporcizia per il contatto mistico con la corrente dell’acqua e il calore dello Spirito che penetra l’acqua, puri e in tutta purezza celebriamo il battesimo di Cristo». Tuttavia, cosa può significare la vita nuova del battesimo, quando noi siamo stati battezzati nei nostri primi anni, da neonati, da bambini o da adolescenti? La vita nuova non deve essere intesa in senso puramente temporale, che ci esime dallo sforzo necessario alla testimonianza della vita in Cristo. La vita nuova ricevuta con il Battesimo è un inizio continuo che si arricchisce della conversione quotidiana dei nostri cuori accolta dalla benevolenza misericordiosa della Santissima Trinità. Permettetemi di citare ancora una volta le parole di san Sofronio di Gerusalemme: «Se ora voi vi lasciaste convincere dalle mie suppliche – e dovete lasciarvi convincere –, dai miei consigli paterni e pieni di affetto, fratelli miei, e se ascolterete le mie parole, allora con il nostro pentimento elimineremmo questo flagello [l’invasione di Gerusalemme da parte degli arabi] e ci convertiremo a Cristo, con tutta l’anima».

Cari fratelli e sorelle in Cristo,
Oggi ho l’onore di stare davanti a voi a causa dei cambiamenti che la vostra Chiesa sta conoscendo. Vi preparate ad aprire una nuova pagina della vostra storia. Questi cambiamenti non si svolgono mai senza una certa inquietudine di fronte al futuro. La mia presenza e la mia funzione fino all’elezione di un nuovo pastore consiste innanzitutto nel rassicurare e nell’incoraggiare. La vita della Chiesa è fatta di questi momenti di transizione che testimoniano la continuazione dell’opera di Cristo nella storia. Io sono con voi e rimango con voi per sostenere il processo di elezione della persona che voi sceglierete come nuovo pastore. Inoltre, voglio assicurarvi che l’Esarcato ha una posizione del tutto speciale nel seno del Patriarcato Ecumenico e dell’Ortodossia. Siatene consapevoli e fieri. Voi siete i custodi di un’eredità spirituale che bisogna continuare a far fruttificare, come nella parabola dei talenti.

Auguro una luminosa festa del Teofania a ognuno di voi.
Dio vi benedica.

Parigi, 19 gennaio, 2013

martedì 15 gennaio 2013

Mons. Alexandre (Semenoff-Tian-Chansky): una riflessione sull’organizzazione ecclesiale della diaspora russa.

La fonte è qui.

Riproduciamo qui il testo di una riflessione sull’organizzazione ecclesiale della diaspora russa scritto da Mons. Alexandre (Semenoff-Tian-Chansky) in risposta al messaggio che il III Concilio della Chiesa Russa all’Estero aveva indirizzato ai responsabili dell’Arcivescovado, nel 1974 (tradotto a partire dal testo originale russo, apparso in Vestnik RKhD. Parigi-New York, Mosca, 1974, n° 114). Il vescovo Alexandre de Zilon, vescovo ausiliario dell’Arcivescovado delle parrocchie russe in Europa occidentale fu un teologo di formazione (era diplomato all’Istituto Saint-Serge), sacerdote di alta levatura spirituale (fu autore di numerosi articoli e opere di spiritualità e di agiologia, tra cui un libro fondamentale su san Giovanni di Kronstadt e un catechismo ortodosso, più volte ristampato, Mons. Alexandre (Semenoff-Tian-Chansky) (1890-1979) e fu per molti anni rettore della parrocchia Notre-Dame-du-Signe, a Parigi e, del 1971 alla sua morte, vescovo ausiliario al fianco dell’Arcivescovo Georges (Tarassoff).

senza titolo1

«I nostri vescovi, chierici e laici hanno ricevuto un messaggio indirizzatoci dalla “Chiesa russa all’Estero”. Salutiamo con gioia questo tentativo di instaurare con noi relazioni amichevoli. Siamo pronti a dimenticare i disaccordi del passato e vogliamo stabilire una convivenza cristiana e, dove è possibile, una cooperazione con la Chiesa russa all’Estero. Ma dobbiamo dichiarare immediatamente e con franchezza che la nostra concezione delle basi dell’organizzazione della Chiesa, cioè dell’insegnamento ortodosso sulla Chiesa (l’ecclesiologia), è diversa dalla vostra. In primo luogo, confessiamo fermamente che ogni Chiesa territoriale deve cercare di essere riconosciuta dalle altre Chiese territoriali, e, in secondo luogo, ci dichiariamo profondamente convinti che tutte le Chiese ortodosse debbano essere locali, cioè stabilite su un territorio preciso, e che l’esistenza di una chiesa transfrontaliera, cioè senza frontiere geografiche, non è canonica.

Abbiamo polemizzato in passato, allo stesso tempo con i rappresentanti del Patriarcato di Mosca e con quelli della Chiesa russa all’Estero, sul carattere incondizionato del principio territoriale dell’organizzazione della Chiesa, e occorre dire che le argomentazioni dei nostri avversari non ci hanno convinti. Il principio nazionale che hanno sostenuto come principale criterio d’organizzazione della Chiesa ha per noi un’importanza secondaria. Qualsiasi Chiesa è sovranazionale, anche se le tradizioni nazionali hanno ogni diritto d’esistenza e possono fungere da base per la costituzione di un’entità ecclesiale particolare, anche di grande portata. Nessuno di noi può dubitare del vostro amore – ma neanche del nostro – amore per la Chiesa russa sofferente e per la Russia stessa [...]. Tuttavia, il nostro Arcivescovado, di concerto con la diaspora greca, diventa sempre più il seme o l’embrione di una Chiesa ortodossa plurietnica in Europa occidentale.

venerdì 11 gennaio 2013

La sopravvivenza e la fioritura della tradizione ortodossa Russa nell'Arcivescovado per le Chiese ortodosse russe - Esarcato del Patriarcato Ecumenico

Un po’ di Storia non fa mai male…

del caro nel Signore, Fratello, Concelebrante e Amico, P. Sergio Mainoldi (Decano in Italia dell’Esarcato)

La storia dell’Arcivescovado per le chiese ortodosse russe in Europa occidentale, Esarcato del Patriarcato ecumenico, costituisce un singolare esempio di come la testimonianza della Fede ortodossa e il martirio abbiano costituito una parte non trascurabile dell’esperienza spirituale ed ecclesiale della diaspora ortodossa in Europa occidentale durante il XX secolo. Quello che cercherò di mettere in luce è che sia i motivi che portarono alla nascita dell’Esarcato, sia i principî canonici posti alla base della sua istituzione, furono una conseguenza di un incontro non fortuito tra il significato e il ruolo ‘ecumenico’, riconosciuto dal plèroma della Chiesa indivisa al Patriarcato di Costantinopoli, e l’esigenza di un recupero dell’istanza ecclesiale-ecumenica da parte del clero della Chiesa russa in diaspora in Europa occidentale negli anni successivi alla Rivoluzione bolscevica.

La nascita dell’Arcivescovado come «Esarcato ortodosso russo temporaneo del santo Trono apostolico e patriarcale di Costantinopoli in Europa occidentale», creato su decreto del Patriarca ecumenico Fozio II e approvata dal Santo Sinodo del Patriarcato ecumenico in data 17 febbraio 1931, doveva rispondere inizialmente, come recita lo stesso titolo della diocesi, a una situazione contingente – e possibilmente transitoria – che venne a determinarsi per l’allora «Amministrazione provvisoria delle parrocchie russe in Europa occidentale», fondato dal Patriarca Tikhon di Mosca e affidato al Metropolita Evlogij (Georgievskij) nell’aprile 1921 in ragione dell’impossibilità di mantenere un legame ecclesiale con la Chiesa madre, vittima delle persecuzioni antireligiose del regime bolscevico[1].

Tanto le polemiche del tempo quanto i giudizi successivi si sono per lo più concentrati sul problema canonico (le ragioni di Mosca lese o meno da Costantinopoli ecc.) oppure sono approdati al giudizio che questi eventi furono determinati dalla contingenza storica, mancando tuttavia di riconoscere che la nascita dell’Esarcato rispondeva a ben più profonde ragioni. La cornice storica, infatti, non fu che la causa contingente della formazione dell’Arcivescovado russo sotto il Trono ecumenico, ma in realtà costituì l’occasione che consentiva l’attualizzazione di una serie di dynameis costitutive dell’essere ecclesiale che erano fino a quel momento rimaste sopite nella Chiesa russa, ed erano state riportate allo scoperto dal Concilio di Mosca del 1917-18.

Gli eventi che avevano stravolto la società russa e la sua forma di governo, tra il 1905 e il 1917, dalla caduta della monarchia alla Rivoluzione bolscevica, offrirono alla Chiesa russa un’occasione per uscire dalla condizione di stallo in cui si era trovata alla fine del periodo Sinodale. Se infatti la tradizione russa durante quel periodo era brillata per gli straordinari frutti di santità che erano maturati sul suo sconfinato territorio, dai successi dell’azione missionaria, alla riscoperta dell’Esicasmo e all’irradiamento dello stárčestvo – era questa la Santa Russia –, non altrettanto possiamo dire per quel che riguarda gli sviluppi ecclesiologici o la scienza teologica. Per il fatto stesso che lo statuto della Chiesa russa come organo del Governo imperiale era evidentemente un’anomalia, la coscienza ecclesiale plasmata da una tale commistione religioso-nazionalistica non poteva non esserne influenzata negativamente, al pari della riflessione ecclesiologica, per non parlare poi della riflessione teologica, che era rimasta confinata in una scolastica conservatrice, influenzata nei metodi e nei contenuti dalla teologia occidentale.

mercoledì 9 gennaio 2013

Una triste notizia: le dimissioni per motivi di salute dell’Arcivescovo Gabriele di Comana

Dal sito dell’Esarcato

S. Em. l’Arcivescovo Gabriele di Comana, Esarca del Patriarca ecumenico per le Chiese ortodosse di tradizione russa in Europa occidentale, ha rassegnato le sue dimissioni e ha annunciato il suo ritiro per motivi di salute. Indirizza al clero e ai fedeli dell’Esarcato la seguente lettera pastorale:

* * * * *

Lettre pastorale de Mgr l’Archevêque Gabriel à l’occasion de son départ à la retraite

Mes Révérends Pères ! Mes Frères et Sœurs ! Vous tous les enfants du troupeau spirituel que m’a confié le Christ !

Je dois partager avec vous une grave décision. Comme vous le savez, je suis atteint d’une brutale maladie dont l’évolution ne me laisse guère de rémission. Ce mal qui me ronge, je sais qu’il est très difficile de le vaincre, même si Dieu lui-même nous a montré que la souffrance peut être source de vie. Néanmoins, je n’ai plus la force d’assurer mon ministère archipastoral en raison de l’état de fatigue et de souffrance dans lequel je me trouve et, tel l’Ancien Syméon, je prie le Seigneur : « Laisse Ton serviteur s’en aller en paix » (Lc 2,29).

Aussi, après en avoir informé le Conseil de l’Archevêché, j’ai demandé à Sa Sainteté le Patriarche Bartholomée Ier de pouvoir me retirer, comme évêque à la retraite, chez moi, à Maastricht, et continuer à suivre mon traitement contre la maladie, dans le repos complet que me conseillent mes médecins et dans la prière qui demeure mon unique réconfort. Il m’est difficile de vous dire au revoir, surtout que vous n’êtes, sans doute, pas tous prêts à accepter mon départ. Il est probable que je vais décevoir beaucoup d’entre vous en me retirant. Mais soyez convaincus que tout ce que je fais, je le fais pour le bien de l’Eglise et, plus concrètement, de notre Archevêché. J’espère que votre amour et votre compassion vous permettront d’accepter une décision qui maintenant ne peut plus changer.