Fate ogni cosa per la gloria di Dio (1Cor. 10, 31)

Lo scopo finale della musica non deve essere altro che la gloria di Dio e il sollievo dell'anima (Johann Sebastian Bach)

mercoledì 27 marzo 2013

On Fasting and Communion (sul Digiuno e la Comunione)

Un testo illuminante del compianto patriarca di Serbia Pavle. E' in inglese, ma ricordo che per tradurre in italiano i testi pubblicati in altre lingue basta aprire il post in lingua straniera (cliccando su "Continua a leggere") e selezionare nel traduttore di Google la lingua italiana. E' lì apposta...

What Holy Communion means to the spiritual life of a Christian is described in the words of our Lord: "I am the living Bread which came down from Heaven. If anyone eats of this bread, he will live forever... unless you eat the flesh of the Son of Man and drink His blood, you have no life in you. Whoever eats my flesh and drinks my blood has eternal life, and I will raise him up at the last day. For my flesh is food indeed, and my blood is drink indeed."

With deep faith in these words of the Lord, the early Christians anxiously approached Holy Communion, not because of some requirement, but from an immediate awareness that there was no spiritual life without Him. Just as one is not ordered to breathe, but spontaneously knows that without air he would suffocate and die. The early Christians attended all the Sunday and Holiday liturgies and at the Deacon's invitation — with the fear of God and with faith, draw near, all the faithful lined up and received Holy Communion. They were convinced that they were attaining the deepest mystery of our faith and the holiest gift of God's mercy. They tried to approach the all-holy and most pure God in Holy Communion with purity of heart and soul.

venerdì 22 marzo 2013

Il Filioque

Tratto da: Ioannes Romanides, Patriarch Athenagoras Memorial Lectures, Holy Cross Orthodox Press, 1981. Traduzione di Mario Rossi

Lo sfondo teologico

A fondamento della controversia sul Filioque (1) tra i franchi e i romani, si trovano essenziali differenze di metodo, d’argomento teologico, di spiritualità, e perciò, di comprensione sulla vera natura dottrinale e sullo sviluppo linguistico dei termini con i quali veniva espressa la dottrina medesima. Di tutti gli aspetti esposti nei miei lavori pubblicati, sceglierò il seguente in quanto necessario per un’elementare comprensione degli atteggiamenti romani davanti alle pretese filioquiste franche. Benché questo capitolo sia denominato "Lo sfondo teologico" parliamo ancora di teologia in una prospettiva storica e non astratta utilizzando ulteriori riferimenti contestuali dalla Bibbia.

Quando si leggono i verbali di Smaragdo sull’incontro degli emissari di Carlomagno con papa Leone III, si rimane colpiti non solo dal fatto che i franchi avevano aggiunto audacemente il Filioque al Credo facendo di esso un dogma, ma anche dall’altezzosa maniera con la quale essi avevano autoritativamente annunciato che il Filioque era necessario per la salvezza, essendo un miglioramento d’una buona ma incompleta dottrina riguardo allo Spirito Santo.

Questa era l’audace risposta con la quale essi ribatterono al suggerimento di Leone. D’altronde Leone li aveva avvertiti che quando si tenta di migliorare ciò che è buono si deve essere certi di non corromperlo nel tentativo d’esplicitarne il contenuto. Leone sottolineò di non poter porsi su una posizione più alta rispetto ai Padri sinodali i quali omisero il Filioque non per una loro svista o per ignoranza ma per ispirazione divina. A questo punto si impone la seguente domanda: la nuova teologia franca da chi assunse l’idea che il Filioque è un miglioramento del Credo e che fu omesso dall’espressione del Simbolo per una svista o un’ignoranza da parte dei Padri sinodali? Agostino era il solo rappresentante della teologia romana di cui i franchi fossero quasi ampiamente informati. Ciò significa che per ottenere una possibile risposta si deve attentamente esaminare la dottrina del vescovo d’Ippona.

lunedì 18 marzo 2013

Omelia del Metropolita Emanuele di Francia, Locum Tenens del Trono esarcale, per la Domenica del Perdono. Domenica 17 Marzo 2013

Tenuta alla Cattedrale di Sant’Alexander Nevsky ieri, domenica 17 Marzo 2013. Dal sito del Decanato d'Italia dell'Esarcato.

Nel nome del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo,

Siamo ormai alle porte della Quaresima. I santi quaranta giorni si profilano davanti a noi. È quindi il momento del pentimento, dell’ascolto, della preghiera, del digiuno e del perdono. Le ultime domeniche che si sono succedute hanno tutte una dimensione preparatoria che non termina quando entriamo nella grande Quaresima, ma la cui prospettiva ci invita a camminare verso il Cristo risorto, con Cristo risorto, lui che è «la via, la verità e la vita». Noi chiamiamo comunemente la domenica che precede l’entrata nella Grande Quaresima, «Domenica del Perdono». Nella coscienza spirituale della Chiesa ortodossa intera, la Quaresima come tempo, ma anche come pratica del digiuno, della preghiera, è inseparabile dal perdono. Domandandoci reciprocamente perdono, è dal Cristo che noi sollecitiamo il perdono dei nostri peccati, della nostra mancanza di amore. Per San Giovanni di Kronstadt: «Non avere il desiderio di chiedere perdono mostra la nostra poca fede, la presunzione, la disobbedienza al Vangelo, la resistenza a Dio, la complicità con il Diavolo.

giovedì 14 marzo 2013

Il buon Samaritano immagine di Cristo - commento di Sant’Ambrogio

Sant’Ambrogio - Esposizione del Vangelo secondo Luca 7, 73

«Un uomo scendeva da Gerusalemme a Gerico e incappò nei briganti che lo spogliarono, lo percossero e poi se ne andarono, lasciandolo mezzo morto. Per caso, un sacerdote scendeva per quella medesima strada e quando lo vide passò oltre dall’altra parte. Anche un levita, giunto in quel luogo, lo vide e passò oltre. Invece un Samaritano, che era in viaggio, passandogli accanto lo vide e n’ebbe compassione. Gli si fece vicino, gli fasciò le ferite, versandovi olio e vino; poi, caricatolo sopra il suo giumento, lo portò a una locanda e si prese cura di lui. Il giorno seguente, estrasse due denari e li diede all’albergatore, dicendo: Abbi cura di lui e ciò che spenderai in più, te lo rifonderò al mio ritorno. Chi di questi tre ti sembra sia stato il prossimo di colui che è incappato nei briganti?». Quegli rispose: «Chi ha avuto compassione di lui». Gesù gli disse: «Va’ e anche tu fa’ lo stesso» (Lc 10:30-37)

Infatti, Gerico è simbolo di questo mondo, e Adamo, cacciato via dal paradiso, cioè dalla celeste Gerusalemme, discese in quella città per il passo falso della sua prevaricazione: il che vuol dire che trasmigrò dalla vita agli inferi; ma non un cambiamento di posto, bensì di condotta fu per lui causa dell’esilio in cui venne a trovarsi la sua natura.

Difatti, enormemente cambiato da quell’Adamo che godeva di una felicità senz’ombra di alterazione, quando si fu sviato dietro i peccati del secolo, incappò nei ladroni: e non vi sarebbe incappato, se, smarrita la via del comandamento celeste, non fosse diventato loro schiavo. Chi sono siffatti ladroni, se non gli angeli della notte e delle tenebre, che talvolta si mascherano da angeli di luce, ma non possono durarla? Costoro prima ci tolgono le vesti, che abbiamo ricevuto, della grazia spirituale e quindi si mettono a ferirci; effettivamente, se conservassimo incontaminate le vesti che abbiamo indossato, non potremmo sentire i colpi dei ladroni.

Bada, dunque, a non farti trovar prima nudo, come Adamo si fece prima trovare nudo, sprovvisto della difesa del comandamento celeste e spogliato della veste della fede, e così ricevette il colpo mortale, nel quale sarebbe perito tutto il genere umano, se quel Samaritano [che significa "custode"], venendogli incontro, non gli avesse curato le ferite dolorose.

giovedì 7 marzo 2013

I Concili Ecumenici

di San Justin Popovic

da: Dogmatica della Chiesa Ortodossa, L’Âge d’Homme, Lausanne.

L’autocoscienza della Chiesa fondamentalmente è sempre cattolica (sobornaja), poiché sempre è divino-umana. Il Dio-Uomo Gesù Cristo è la sostanza e la garanzia dell’unità e dell’unicità dell’autocoscienza della Chiesa, poiché egli è l’Unico Capo della Chiesa. Tutto nella Chiesa è cattolico (sobornoje): lo spirito, il cuore, la coscienza, la volontà, la vita e la preghiera, ogni sacramento ed ogni virtù santa. Questa “buona notizia” (evangelion), ispirata da Dio, è annunciata dall’Apostolo Paolo: “Noi abbiamo lo spirito del Cristo”. Quest’universale cattolicità (sobornost’) ha il suo linguaggio nei concili ecumenici. Essi sono il perfetto osservatorio della consapevolezza cattolica (sobornaja) e dell’autocoscienza della Chiesa e, oltre a tutto, della sua coscienza e coscienziosità divino-umana. Dio “abita nei Santi” ed in loro è presente la autocoscienza e la coscienza divinizzata e divino-umana della Chiesa. Questa, in quanto Dio-Verbo incarnato, e con ciò Verità incarnata, per ciò stesso è il supremo criterio della Verità, il supremo tribunale della Verità e di conseguenza la lingua della Verità. Ed i concili ecumenici, in tutto e per tutto divino-umani, sono in realtà questo linguaggio divino e la bocca della Verità. Poiché con tutto il loro essere sono l’espressione del Dio-Uomo e dello Spirito della Verità, essi conoscono, essi hanno ed esprimono tutta la Verità divino-umana, trinitaria della Chiesa. La Verità trinitaria si esprime per mezzo dei Santi Padri dei concili, santi Teofori che parlano la lingua del Cristo.