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domenica 8 marzo 2015

Seconda domenica di quaresima – di San Gregorio Palamas

LA VITA

Da: www.gregoriopalamas.it

Palamas1

Gregorio nacque nel 1296 a Costantinopoli da una nobile e ricca famiglia, suo padre, Costantino Palamas, era senatore e membro della corte imperiale. Studiò retorica e filosofia nella scuola superiore della capitale, allora diretta dal filosofo Teodoro Metochita. Il suo biografo, nonché discepolo e amico, Filoteo Kokkinos descrivendo i progressi del giovane Gregorio nella scienza dell'epoca, ci dice che egli concluse i suoi studi di grammatica e retorica nel migliore dei modi, "in maniera tale da essere ammirato grandemente, non solo a parole, ma anche per iscritto da tutti, non esclusi i suoi professori ed altri intellettuali dell'epoca." (F. Kokkinos "Vita di Gregorio Palamas"). Ci dice anche che Gregorio fosse molto avanzato anche negli studi della fisica e della logica, e in genere in tutta la filosofia aristotelica. Sembrava che Gregorio avrebbe avuto una splendida carriera nelle lettere e nell'amministrazione imperiale, invece si rivolse verso la vita ascetica. Divenne chierico e rinunciò agli studi profani. Gli ambienti monastici ai quali Palamas si stava avvicinando consideravano gli studi "ellenici" incompatibili con il loro genere di vita.

Gregorio ebbe come primo maestro spirituale Theolipto (1250-1322), monaco della Santa Montagna e più tardi metropolita di Fidadelfia, che allora si trovava nella capitale. Da lui ebbe i primi rudimenti sulla preghiera del cuore, la vita spirituale e l'insegnamento di Palamas fu molto inflluenzato da questo personaggio. A vent'anni decise di farsi monaco e nell'autunno del 1316 si rifugiò in un monastero situato sul Monte Papikion, in Macedonia. Vicino a questo monastero ne esisteva un altro di monaci messaliani, i quali, considerando importante solo l'ascesi, professavano una dottrina dualista e rifiutavano i sacramenti. Il giovane Palamas cercò di confutare le loro credenze e riuscì a convertire alcuni di essi. Il suo biografo Filoteo Kokkinos dà grande importanza a questo avvenimento, avendo di mira le accuse che più tardi Barlaam lancerà contro i monaci del Monte Athos di professare la dottrina dei messaliani.

Nella primavera del 1317 arrivò insieme ai suoi due fratelli sul Monte Athos, dove visse come monaco per quasi vent'anni. Per tre anni fu sotto la direzione spirituale del monaco esicasta Nicodemo. Per altri tre anni visse nella comunità cenobita del monastero della "Grande Laura". Poi scelse la vita eremitica in un eremo chiamato Glossìa, dove conducevano vita ascetica famosi esicasti come Gregorio Sinaita e Callisto, che in seguito diventerà patriarca di Costantinopoli. Nel 1325 fu costretto a lasciare l'Athos insieme ad altri 12 asceti a causa delle frequenti razzie piratesche dei turchi. Voleva andare a Gerusalemme, ma si fermò a Tessalonica, dove fu ordinato sacerdote all'età di 30 anni (1326).

Continuò la sua vita monastica in varie parti della Grecia, tra cui a Veria (1326-1331). Ma anche lì la vita era diventata impossibile per le frequenti razzie dei serbi. Perciò nel 1331 decise di ritornare sull'Athos, dove visse secondo lo stile degli esicasti in una schita di San Sabba vicino alla Grande Laura. Lì scrisse la sua prima opera, La vita di San Pietro l'athonita. Per un breve periodo lo troviamo igumeno del monastero di Esfigmeno, che in quell'epoca ospitava più di 200 monaci. Nel 1335 ritornò a San Sabba e il 1335 è anche l'anno in cui entra in polemica con il "monaco filosofo" Barlaam il Calabro, polemica che darà inizio alla cosiddetta "controversia esicasta" o palamita, durata più di 30 anni (1336-1368) e che, come succedeva a Bisanzio, da religiosa si trasformerà in questione politica e sarà vinta da chi avrà dalla propria parte il potere imperiale. Questa polemica è legata alla spiritualità dell'"esicasmo", che in quel tempo sulla Santa Montagna si presentava con alcune caratteristiche inconfondibili.

L'esicasmo come stato contemplativo si rifà al monachesimo del deserto e a tutta la tradizione monastica in generale, ma il metodo della preghiera del cuore si sviluppò prima nel monastero di Santa Caterina sul Monte Sinai e poi, nel tardo medioevo bizantino, si diffuse in un gruppo di monasteri della regione del Bosforo sul Monte Aussenzio per poi trasferirsi e radicarsi sul Monte Athos. Questo metodo era piuttosto nuovo sul Monte Athos e vi era stato trasportato, proprio ai tempi di Palamas, da Gregorio Sinaita (1255-1347ca.), che a sua volta l'aveva appreso nel monastero di Santa Caterina e l'aveva perfezionato a Creta alla scuola di un eremita, Arsenio. Sulla Santa Montagna radunò un gruppo di discepoli che poi giocheranno un grande ruolo nelle lotte esicaste. Callisto, futuro patriarca, fu uno di questi.

L'esicasta, ritirato nel silenzio e nella penitenza, doveva ripetere la preghiera di Gesù ("Signore Gesù Cristo, Figlio di Dio, abbi pietà di me"). Diceva la prima parte inspirando e la seconda espirando. In alcuni casi si insegnavano anche metodi per la concentrazione come tenere fisso lo sguardo sull'ombelico. L'esicasta arrivava ad avere la senzazione di una beatitudine e si sentiva circondato dai raggi di una ineffabile luce divina, di quella stessa luce increata che aveva illuminato gli apostoli sul Monte Tabor. Questo modo di vivere e questo insegnamento non era accetto alcuni intellettuali bizantini, tra cui Barlaam il Calabro. Quando nel 1335 arrivò nella capitale una commissione papale per trattare dell'unità della Chiesa, Barlaam fu incaricato dall'imperatore Andronico III di difendere le posizioni dottrinali greche sulla processione dello Spirito Santo. Egli per l'occasione elaborò e presentò un trattato intitolato Sulla processione dello Spirito Santo, contro i Latini, che fu la causa immediata delle polemiche con Palamas. Dopo uno scambio di lettere fra i due, anche con toni aspri, Barlaam, trasferitosi a Tessalonica, attaccò la spiritualità esicasta di cui Palamas era il più insigne rappresentante. Dopo un periodo trascorso con i monaci esicasti, li chiamò "omfalopsichici", cioè coloro che mettono l'anima nell'ombelico e li accusò di messalianismo. Così la controversia si allargò sul piano filosofico-teologico. Palamas rientrò a Tessalonica cercando di persuadere Barlaam a cessare le critiche contro gli esicasti, vedendo che tutto era inutile scrisse la prima delle sue Triadi in difesa degli esicasti, in un secondo scritto Barlaam criticò la dottrina di Plamas riguardante la conoscenza divina. Palamas allora compose la Seconda Triade, Barlaam saputo del secondo scritto di Palamas si recò a Costantinopoli e di fronte al sinodo denunciò Gregorio Palamas e i monaci esicasti. Il patriarca Giovanni Caleca rigettò le accuse portate da Barlaam contro Palamas. Palamas ritornò sull'Athos e, nel 1340, redasse un pubblico manifesto che fece sottoscrivere dalle più alte autorità e dai monaci più eminenti del Monte Athos dove sintetizzò le sue tesi contro Barlaam. Si tratta del Tomo aghioritico. Barlaam scrisse un opera, Contro i Messaliani, in cui accusava gli esicasti di essere messaliani, dichiarava che la luce taborica era corruttibile e si poteva considerare solo un simbolo della divinità, rifiutando di credere che la luce che gli esicasti dicevano di vedere fosse, come affermavano, increata e divina, perché, se lo fosse stata, si sarebbe trattato dell'essenza di Dio. Palamas venne accusato di essere diteista, perché la luce increata di cui parlava, secondo Barlaam o era l'essenza di Dio o se era altro si affermava l'esistenza di due dei, fra l'altro uno superiore, per quanto riguarda la sostanza, e l'altro inferiore, per quanto riguarda l'energia e la grazia. A tali accuse Gregorio rispose con la Terza Triade. Barlaam ritornò a Costantinopoli accusando presso il sinodo Palamas di blasfemia e di introdurre novità in teologia.

Venne riunito un sinodo il 10 giugno 1341 in Santa Sofia. Ad esso parteciparono, oltre all'imperatore, anche il Grande Domestico Giovanni Cantacuzeno, il patriarca, i vescovi e gli igumeni dei monasteri. Non si fece parola del Filioque, con il quale aveva avuto inizio la polemica tra Barlaam e Palamas. Si volle solo legittimare l'hesychia dei monaci athoniti, la loro esperienza della luce increata e il loro metodo di preghiera. Il sinodo dette ragione a Palamas e ai suoi monaci, decretando la condanna della dottrina di Barlaam secondo la quale la luce della trasfigurazione sul Tabor non era increata e quindi non era la vera luce della divinità. Dopo la sua condanna, nel 1342 Barlaam lasciò la capitale e torno in Occidente e nello stesso anno passò alla Chiesa cattolica.

Quattro giorni dopo la fine del sinodo, il 15 giugno 1341, l'imperatore Andronico morì improvvisamente senza aver potuto firmare il documento sinodale. Ormai il partito antipalamita era condotto da un altro noto personaggio di Bisanzio, Gregorio Acindino (ca.1300-ca.1348). Acindino conobbe Palamas quando conduceva vita eremitica nei dintorni di Veria. I due si legarono in fraterna amicizia. Acindino accompagnò per un breve periodo l'amico sul Monte Athos. Tornato a Tessalonica, Acindino fu coinvolto negli avvenimenti pubblici di quella città. Fu proprio allora che conobbe Barlaam e strinse amicizia anche con Gregoras. Incominciata la polemica fra Palamas e Barlaam, egli da principio tenne un atteggiamento neutro. Deluso, però, dall'atteggiamento intransigente di Palamas, pur distanziandosi dalle opinioni di Barlaam, divenne il capo dell'opposizione antipalamita.

I monaci reagirono immediatamente alle critiche di Acindino e fecero pressione sul patriarca affinchè convocasse un nuovo sinodo, ma questi rifiutò. Essi allora trovarono sostegno e difesa nel Grande Domestico Giovanni Cantacuzeno, che aveva assunto di fatto il potere. Questi, persuaso da Palamas, convocò un secondo sinodo (luglio 1341) senza il consenso del patriarca, presieduto da lui stesso.

Gli spiriti si erano surriscaldati al punto che alcuni partigiani di Palamas cercarono di uccidere Acindino. Nonostante ciò, i colloqui tra le due parti continuarono. Anzi ad un certo punto sembrò che si fosse raggiunto un accordo dottrinale che subito sfumò quando Palamas convinse il patriarca a sottoscrivere un documento sinodale (Tomos), che in sostanza si rifaceva alle decisioni del sinodo di giugno. Il patriarca fece introdurre una clausola nel documento con la quale si proibiva di continuare le discussioni dottrinali sull'argomento. Così terminò la prima fase della disputa palamita.

La seconda fase si svolge e s'intreccia con la disastrosa guerra civile collegata alla reggenza, durata dal 1341 al 1347. Da una parte era schierata Anna di Savoia, vedova di Andronico III e rappresentante del legittimo erede, sostenuta dal popolo, dal patriarca e dagli avversari degli esicasti e dall'altra il Cantacuzeno, appoggiato dalla nobiltà e dai monaci con a capo Palamas. Il patriarca accusò Palamas di calpestare il Tomo sinodale del 1341, che proibiva il fomentare discussioni dogmatiche. Inoltre il patriarca sosteneva che quel sinodo aveva approvato solo la dottrina della luce divina e il metodo dei monaci riguardante la preghiera del cuore, ma non aveva accettato la dottrina palamita della distinzione tra sostanza divina ed energie.

All'inizio del marzo 1342 Palamas fu invitato a presentarsi all'imperatrice, ma si trovò di fronte ad un tribunale composto da senatori e membri del clero che condannò i suoi scritti. Il patriarca Caleca lo chiuse in un monastero, ma egli scappò insieme ad altri 16 monaci e si rifugiò in Santa Sofia, domandando al patriarca di convocare un sinodo. Nell'aprile 1342 fu arrestato a causa delle sue idee politiche e rinchiuso nelle prigioni del palazzo imperiale, dove rimase per quasi 4 anni. Durante questo periodo scrisse molte delle sue opere, dettandole al suo discepolo Doroteo.

Durante la guerra civile Acindino, che non aveva mai accettato la distinzione tra sostanza ed energie in Dio, cominciò a pubblicare le sue opere contro Palamas. Nel frattempo la guerra civile volgeva a favore del Cantacuzeno. L'imperatrice Anna incominciò ad abbandonare il patriarca ed Acindino e a rivolgersi verso Palamas. Il patriarca fu obbligato a comporre un piccolo trattato, in cui si spiegava il significato del "Tomo sinodale" del luglio 1341 che lui stesso aveva firmato. Alla fine, l'imperatrice Anna decise di far dirimere la questione da un sinodo speciale, convocato il 2 febbraio 1347 e presieduto da lei e dal figlio. Il patriarca venne subito scomunicato, Cantacuzeno tornò a Costantinopoli e ci fu la riconciliazione ed egli divenne coimperatore con Giovanni V Paleologo. Il sinodo condannò Acindino e si compilò un altro Tomo, che completava quello del luglio 1341. Acindino si ritirò a vita privata. Palamas fu consacrato metropolita di Tessalonica nel maggio del 1347. Tuttavia egli non poté occupare subito la sede, perché impedito dagli "Zeloti", che si erano impadroniti della città (1342-1349) e si opponevano all'aristocrazia, rappresentata dal potere imperiale del Cantacuzeno, sostenuto dallo stesso Palamas e dai monaci esicasti.

Dopo un primo tentativo di raggiungere Tessalonica, malato e stanco si rifugiò sull'Athos. Nel 1348 per un breve periodo ritornò a Costantinopoli e di lì tentò nuovamente di raggiungere Tessalonica, ma senza successo. Trovò ospitalità nell'isola di Limno da dove, verso la fine del 1350 o all'inizio del 1351, portato da una trireme imperiale, fece l'ingresso trionfale a Tessalonica, liberata da Giovanni Cantacuzeno nell'autunno del 1350. La lotta antipalamita non si fermò qui, questa volta a capo del partito antiesicasta ci fu Niceforo Gregoras uno dei maggiori teologi scrittori di quel tempo. Essendo stati inutili i tentativi di riconciliazione da parte dell'imperatore Cantacuzeno, il 28 maggio 1351 si riunì un terzo sinodo a Costantinopoli, convocato dal nuovo patriarca Callisto, succeduto ad Isidoro. Furono condannati Matteo, metropolita di Efeso, e Giuseppe, metropolito di Gano, entrambi antipalamiti e fu approvata nel suo insieme la teologia palamita, in particolare la distinzione tra l'essenza divina e le energie increate. Le decisioni del sinodo furono racchiuse in un tomo speciale, noto come il Tomo del 1351, sottoscritto dall'imperatore Giovanni Cantacuzeno, dal patriarca Giuseppe e da tutti i presenti. La Chiesa bizantina lo incluse, a partire dal 1352, nel Synodikon dell'ortodossia, che si legge ogni anno nella "Domenica dell'ortodossia".

E' importante accennare alle principali verità proclamate dal Synodikon dell'ortodossia.

Vengono anatemizzati coloro che negano che:

1. La luce che ha brillato durante la trasfigurazione del Signore non è nè creatura nè sostanza di Dio, ma grazia increata, splendore ed energia che "proviene eternamente senza dividersi dalla stessa divina sostanza".

2. Come esiste in Dio unione senza confusione tra sostanza ed energia, così vi è anche differenza, consistente soprattutto nel fatto che la sostanza in Dio è incomunicabile, mentre l'energia è comunicabile.

3. Le energie di Dio sono increate, perché l'affermazione che ogni energia divina è naturale conduce necessariamente alla conclusione che anche la sostanza di Dio è creata.

4. La distinzione tra sostanza ed energie non introduce nessun significato di composizione in Dio e non distrugge la semplicità divina, perché le energie sono prodotte dalla sostanza.

5. La nozione di "divinità" non si applica solo alla divina sostanza, ma anche alla divina energia, senza con questo distruggere l'unicità divina delle tre Persone.

6. L'affermazione che la divina sostanza è comunicabile fa cadere nell'eresia del messalianismo. Secondo l'insegnamento della Chiesa, la sostanza di Dio è incomunicabile mentre le sue energie sono comunicabili.

A Gregorio Palamas fu chiesto da parte di Giovanni Paleologo, che tramava contro il Cantacuzeno, di negoziare un'intesa con lo stesso Cantacuzeno. Durante il viaggio, però, fu imprigionato e reso schiavo dai turchi. Per un intero anno fu trascinato per tutta l'Asia Minore e la Mesopotamia, discutendo con i musulmani intorno ai problemi della fede. Fu pagato un riscatto e appena liberato, Gregorio si recò a Costantinopoli, dove la situazione politica era cambiata. Giovanni Cantacuzeno, il suo protettore, si ritirò in un monastero, sul trono era rimasto Giovanni V Paleologo, mentre patriarca era divenuto l'amico e biografo di Palamas, Filoteo Kokkinos. La polemica antiesicasta si era ridotta tranne l'attività di Niceforo Gregoras.

Palamas, nell'autunno del 1355 fece ritorno nella sua sede di Tessalonica. Per la prima volta vi rimase senza nessuna interruzione e senza essere disturbato.

Gregorio Palamas morì il 14 novermbre del 1359, a 73 anni. La sua salma fu deposta dapprima nella chiesa di Santa Sofia, che allora era la cattedrale di Tessalonica; in seguito, dopo la sua canonizzazione, avvenuta nel 1368, fu trasportata nell'attuale chiesa metropolitana dedicata ai santi Demetrio e Gregorio Palamas, compatroni della città, dall'amico e discepolo, il patriarca Filoteo Kokkinos. La Chiesa greca festeggia la sua solennità nella seconda domenica di quaresima, dopo la "Domenica dell'ortodossia". Si celebra anche una seconda festa, il 14 novembre, giorno della sua morte. Anche dopo la morte di Palamas, non erano pochi coloro che si opponevano alla sua dottrina, specialmente alla distinzione in Dio tra essenza ed energie. Tutto il movimento filotomista sorto a Bisanzio, in fondo, non era altro che una critica al palamismo.

LE OPERE:

  • Due Discorsi apodittici sulla processione dello Spirito Santo;

  • Prima Lettera ad Acindino;

  • Seconda Lettere ad Acindino;

  • Prima Lettera a Barlaam;

  • Seconda Lettera a Barlaam;

  • Terza Lettera ad Acindino;

  • Triadi per la difesa dei santi esicasti;

  • Tomo aghioritico;

  • Confessione di fede;

  • Confutazione del tomo di Caleca;

  • Confutazione dell' "esegesi del Tomo" da parte di Caleca;

  • Confutazione della lettera di Ignazio d'Antiochia;

  • Lettere scritte durante la sua persecuzione;

  • Dell'unione e della distinzione;

  • Delle energie divine e della loro partecipazione;

  • Della divina e divinizzante partecipazione;

  • Dialogo di un ortodosso e di un barlaamita;

  • Descrizione della pietà di Barlaam e Acindino;

  • Sette discorsi contraddittori contro Acindino;

  • Discorsi contro Niceforo Gregoras;

  • Vita di Pietro athonita;

  • Capitoli riguardanti la preghiera e la purezza di cuore;

  • A Paolo Asan circa il grande abito;

  • Alla reverendissima monaca Xene, sulle passioni, le virtù e i frutti dell'applicazione dell'intelletto;

  • Trattato in forma epistolare ai filosofi Giovanni e Teodoro;

  • Decalogo della legislazione secondo Cristo, cioè del Nuovo Testamento;

  • Centocinquanta capitoli naturali, teologici, morali e pratici e purificatori delle sozzure barlaamite;

  • Omelie.

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