Fate ogni cosa per la gloria di Dio (1Cor. 10, 31)

Lo scopo finale della musica non deve essere altro che la gloria di Dio e il sollievo dell'anima (Johann Sebastian Bach)

domenica 28 aprile 2013

Omelia 15 di san Gregorio Palamas sulla Domenica delle Palme

Nel tempo accetto ti ho ascoltato, e nel giorno della salvezza ti ho aiutato, disse il Signore per bocca di Isaia. È dunque bello, oggi, annunciare alla vostra carità il detto dell'Apostolo: Ecco il tempo bene accetto, ecco il giorno della salvezza. Respingiamo dunque le opere della tenebra, rivestiamoci delle armi della luce. Comportiamoci onestamente come di giorno. Si avvicina infatti la memoria della passione salvifica di Cristo, e la Pasqua, nuova, grande, spirituale, il premio della pace, il proemio della vita futura. Ce lo preannuncia Lazzaro, che risalì dagli abissi degli inferi: egli, alla sola voce e al solo comando di Dio, che ha il potere sulla vita e sulla morte, pur dopo quattro giorni, risuscitò da morte. I fanciulli e il popolo innocente, per ispirazione dello Spirito santo, celebrano con canti colui che fu riscattato da morte, colui che riconduce le anime dagli inferi, e dona vita per sempre all'anima e al corpo. Se dunque uno vuole la vita, vuole vedere giorni felici, tenga la sua lingua lontana dal male, e impedisca alle sue labbra di pronunciare parole di inganno; eviti il male e compia il bene. Male è l'ingordigia, l'ubriachezza e la dissolutezza; male è l'avarizia, la superbia, l'ingiustizia; male è la vanagloria, la tracotanza, l'altezzosità. Allontaniamoci dunque da questi vizi, e compiamo il bene. E qual è il bene? La temperanza, il digiuno, la castità, la giustizia, la misericordia, la magnanimità, l'amore, l'umiltà. Così potremo partecipare degnamente al sacrificio dell'agnello di Dio immolato per noi; da qui otterremo la caparra dell'immortalità, e custodiremo in noi fino al suo compimento l'eredità che ci è stata promessa nei cieli. "Ma difficile da raggiungere è il bene, e le virtù sono più amare dei vizi". Io non la vedo così: si affaticano di più l'ubriacone e l'intemperante di chi domina le proprie passioni, l'impuro più del casto, chi si affanna per arricchirsi più di chi vive accontentandosi di quanto possiede, e l'assetato di gloria più di colui che vive nell'oscurità. Per causa del nostro attaccamento ai piaceri ci appaiono più dure da praticare le virtù: dobbiamo dunque fare forza a noi stessi. Dice il Signore: Il regno dei cieli deve essere conquistato con violenza, e sono i violenti che se ne impadroniscono.

martedì 23 aprile 2013

La musica ecclesiastica bizantina


Dal sito della Apostolikì Diakonìa
  
La musica nel culto ecclesiastico occupa una posizione speciale e preminente. La salmodia, cioè il cantare salmi, è uno dei primi mezzi efficaci per suscitare la religiosità e celebrare il rito con i fedeli. Certamente, la salmodia è un mezzo e non l'obiettivo della Chiesa e da secoli, nel culto divino, la musica, oltre al suo valore artistico ed estetico, si ritiene che costituisse anche il patrimonio della Chiesa Bizantina, mentre, per quanto riguarda gli elementi e lo stile, si ritiene ed è comprovato, che conservi il carattere dell'antica musica greca. Per questo motivo, è anche definita quale musica ecclesiastica greca ed è riconosciuta come patrimonio nazionale e capitale spirituale, da rispettare, da conservare e da accrescere. La musica ecclesiastica non è strettamente legata agli innografi o ai suoi esponenti, ai clericali o ai laici. È un'arte, un'arte divina, come ogni arte della chiesa, ieratica o liturgica, caratterizzata dal termine salmodia , che esprime pienamente la posizione ed il carattere della musica, nel contesto della celebrazione del culto sacro.
 
La presentazione dell'opera del grande maestro di musica Konstantinos Priggos è un'espressione delle problematiche della conservazione e della salvaguardia della salmodia bizantina. A prima vista, i concetti della tradizione e della creazione personale sembrano contrastanti. Tuttavia, la tradizione non è un concetto statico, ma al contrario, costituisce una condizione ed un presupposto per nuove creazioni. La tradizione non è uno status, ma una forza. A questa forza tradizionale è dovuto quanto esiste nella storia umana, come scienza ed arte e modo di vita. La chiesa è Organismo vivo ed Istituzione Sacra, che non cesserà mai di avere queste esigenze, cui far fronte. Così si spiega anche la ricchezza della salmodia ecclesiastica. Non in un momento nel tempo, ma nel corso dei secoli. Ed i continuatori della tradizione, amanti della compostezza e del decoro liturgico della chiesa, non ambiscono a tramandare nel tempo il proprio nome, ma costituiscono, ognuno di loro, un anello umile, ma contemporaneamente superbo, della catena e nell'incessante proseguimento di questa arte ecclesiastica.

mercoledì 17 aprile 2013

La situazione religiosa in Russia secondo l’Estonian World Review

L’originale sta qui: http://www.eesti.ca/russians-leaving-orthodox-church-for-other-christian-denominations-moscow-experts-say/article39164
La traduzione è mia, quindi non fate troppo i difficili…

Staunton, 16 aprile - Secondo un esperto di Mosca, adesso ci sono più di 15.000 congregazioni Protestanti nella Federazione Russa, una cifra che supera il totale delle parrocchie ortodosse e riflette in parte la migrazione dei russi da queste ultime a causa della crescente rabbia per le politiche del Patriarcato di Mosca e il comportamento di molti dei suoi sacerdoti. 

Un articolo su "Novyye Izvestija" riferisce che un sondaggio del Centro Levada ha rilevato che il numero di persone che si identificano come ortodosse è sceso del 6% dal 2009, un riflesso della rabbia di molti credenti per i comportamenti del Patriarcato di Mosca, come nel caso della condanna della dimostrazione delle Pussy Riot (vedi: http://www.newizv.ru/society/2013-04-11/180944-v-poiskah-vernogo-puti.html). 

Come la giornalista Diana Yevdokimova nota: "Non esistono statistiche precise in Russia sullo spostamento di persone dall’Ortodossia ad altre confessioni cristiane", ma ci sono alcuni dati indiretti che sono suggestivi, tra cui il numero di congregazioni, o registrate dal Ministero della Giustizia o che operano senza tale registrazione.

sabato 13 aprile 2013

Gregorio Magno e la Chiesa universale

Da: http://digilander.libero.it/ortodossia/Gregorio.htm

Papa Gregorio Magno, vescovo di Roma dal 590 al 604, visse in un periodo particolarmente tormentato. Senza lasciarsi intimorire dai pericoli che allora potevano venirgli dai "nefandissimi" longobardi, provvide alle necessità spirituali e materiali del suo popolo, in una Roma che era divenuta l'ombra di se stessa. Il suo interesse e la sua cura si spinsero anche oltre i confini del Patriarcato romano. Ebbe scambi epistolari con uomini politici ed ecclesiastici d'ogni dove. Tra gli altri, spiccano anche i Patriarchi che, rivestiti della sua stessa dignità, governavano la Chiesa nelle regioni che cadevano sotto la loro responsabilità.

Riportiamo due lettere attraverso le quali si può osservare l'interesse del papa verso l'ecumene ecclesiastico. Attraverso queste lettere si riscontra il "primato nell'amore della Chiesa di Roma". Tale primato, infatti, non era una prerogativa personale del papa ma veniva attribuito alla Chiesa di Roma in quanto tale. Il papa, a sua volta, non rispondeva a titolo personale ma era la voce della Chiesa che presiedeva. Da queste righe si può osservare il profondo senso ecclesiale di San Gregorio: solo la Chiesa è universale. Il titolo di universale che, al tempo di Gregorio, qualcuno comincia ad attribuire a se stesso non nasce, dunque, dal Vangelo ma dall'orgoglio. Se un vescovo (qualsiasi vescovo, non solo quello di Costantinopoli al quale allude Gregorio) si dice universale, significa che tutti gli altri non sono più i pastori e i capi del gregge loro affidato. San Gregorio inorridisce all'idea d'un vescovo "universale", fosse pure il papa di Roma. La sua reazione si spiega se si pensa che il modo di vivere la Chiesa nel primo millennio cristiano, era molto diverso da quanto poi s'impose in Occidente a causa di contingenti ragioni storiche. "Si allontanino da noi le parole che gonfiano la vanità, che feriscono la carità", esorta San Gregorio.

Auguriamo di vero cuore che tali esortazioni tornino ad essere recepite e vissute. Solo così l'Occidente potrà pensare di realizzare una vera unione nella Cristianità. Per far ciò è naturalmente necessaria una coraggiosa iniziativa: sconfessare la concezione di Chiesa-piramide che, nonostante qualche piccolo correttivo, continua ad essere vissuta. Ci vuole molto coraggio perché si tratta di ammettere che il concetto ecclesiastico piramidale non è d'origine divina ma di provenienza unicamente umana.

Per la retta dottrina esposta da Gregorio in queste lettere, per il restante suo ortodosso insegnamento e la sua santa vita, l'Ortodossia lo considera un grande santo del Cristianesimo indiviso e ne celebra la memoria liturgica (il 12/25 marzo n.d.r.).

mercoledì 10 aprile 2013

Le Belle Arti nella prospettiva ortodossa

Di S. S. Bartolomeo, Patriarca Ecumenico di Costantinopoli

Conferenza tenuta il 19 novembre 2005 in occasione del conferimento della sua laurea honoris causa da parte dell’Università “Alma Mater Studiorum” di Bologna.

Bartolomeo

L’ampiezza delle diverse specie di belle arti non ci permette sicuramente di occuparci di tutte. Qualcuno direbbe, addirittura, che la Chiesa Ortodossa non avrebbe ragione di occuparsi con alcune belle arti. Non si deve però trascurare che l’opera dell’artista esprime il suo mondo interiore e, di conseguenza, nella misura in cui l’artista è influenzato in modo vitale da qualche insegnamento ortodosso, da qualche vissuto, o punto di vista, secondo la stessa misura farà entrare nella sua opera – consapevolmente o inconsapevolmente – qualcosa che la differenzierà da un’altra simile, sullo stesso tema, di un altro artista non influenzato dalla fede e dal vissuto ortodosso, o influenzato da altre opinioni eterodosse o non cristiane.

martedì 2 aprile 2013

What about meat and dairy substitutes during Great Lent?

By Archpriest David Moser, sta in http://pravmir.com/what-about-meat-and-dairy-substitutes-during-great-lent/

As we approach Great Lent every year, there seems to be a rush of interest in finding good fasting recipes that are fast, easy and nutritious. More and more often, those recipes seem to include some kind of soy or other vegetable product that has been processed to look and function like meat or dairy products. As these substitute products make their appearance, it seems that the question of whether or not this is “cheating” seems to arise. After all when one can make a “veggieburger” with soy “cheese” for lunch, how is that different from a trip to the fast food restaurant? In order to understand how these vegetable meat and dairy replacements fit into our fasting diet, it is necessary to take a step back and understand (at least in part) why we abstain from meat.

St. Basil the Great, in his great work on the creation, the Hexameron, gives us some insight into the close relationship of the soul to the blood of an animal. Commenting on Lev 17:11 he says, “… according to Scripture, ‘the life of every creature is in the blood,’ as the blood when thickens changes into flesh, and the flesh when corrupted decomposes into earth … see the affinity of the soul with blood, of blood with flesh, of flesh with earth.” (Homily VIII.2.) This is important to us in fasting because the meat which we eat, the flesh of the animals, is closely associated with the bestial soul. The soul, whether in beasts or in men, is the seat of the will and desire, the feelings and emotion, and the intellect. There is a frequently found belief among primitive cultures that a hunter or warrior can acquire the characteristics of his prey or foe by consuming his flesh. Because of this close link between the flesh and the blood and the blood and the soul, it becomes more apparent that by consuming the flesh of animals, we “commune”, as it were, with their bestial passions and will. From nature we see this same process in the nurture of young by the mother through nursing. The mother not only gives her young the physical nutrients required, but by sharing the product of her own body, she communicates to them the characteristics of her nature. By abstaining from meat and dairy, during the fast we abstain from this “communion” with the beasts in order that we might weaken the bestial passions of our fallen nature in order that the temptations and urges that arise from them might also be more easily resisted and overcome.