Fate ogni cosa per la gloria di Dio (1Cor. 10, 31)

Lo scopo finale della musica non deve essere altro che la gloria di Dio e il sollievo dell'anima (Johann Sebastian Bach)

martedì 23 aprile 2013

La musica ecclesiastica bizantina


Dal sito della Apostolikì Diakonìa
  
La musica nel culto ecclesiastico occupa una posizione speciale e preminente. La salmodia, cioè il cantare salmi, è uno dei primi mezzi efficaci per suscitare la religiosità e celebrare il rito con i fedeli. Certamente, la salmodia è un mezzo e non l'obiettivo della Chiesa e da secoli, nel culto divino, la musica, oltre al suo valore artistico ed estetico, si ritiene che costituisse anche il patrimonio della Chiesa Bizantina, mentre, per quanto riguarda gli elementi e lo stile, si ritiene ed è comprovato, che conservi il carattere dell'antica musica greca. Per questo motivo, è anche definita quale musica ecclesiastica greca ed è riconosciuta come patrimonio nazionale e capitale spirituale, da rispettare, da conservare e da accrescere. La musica ecclesiastica non è strettamente legata agli innografi o ai suoi esponenti, ai clericali o ai laici. È un'arte, un'arte divina, come ogni arte della chiesa, ieratica o liturgica, caratterizzata dal termine salmodia , che esprime pienamente la posizione ed il carattere della musica, nel contesto della celebrazione del culto sacro.
 
La presentazione dell'opera del grande maestro di musica Konstantinos Priggos è un'espressione delle problematiche della conservazione e della salvaguardia della salmodia bizantina. A prima vista, i concetti della tradizione e della creazione personale sembrano contrastanti. Tuttavia, la tradizione non è un concetto statico, ma al contrario, costituisce una condizione ed un presupposto per nuove creazioni. La tradizione non è uno status, ma una forza. A questa forza tradizionale è dovuto quanto esiste nella storia umana, come scienza ed arte e modo di vita. La chiesa è Organismo vivo ed Istituzione Sacra, che non cesserà mai di avere queste esigenze, cui far fronte. Così si spiega anche la ricchezza della salmodia ecclesiastica. Non in un momento nel tempo, ma nel corso dei secoli. Ed i continuatori della tradizione, amanti della compostezza e del decoro liturgico della chiesa, non ambiscono a tramandare nel tempo il proprio nome, ma costituiscono, ognuno di loro, un anello umile, ma contemporaneamente superbo, della catena e nell'incessante proseguimento di questa arte ecclesiastica.

La salmodia bizantina ortodossa è una parte severamente ecclesiastica, dal carattere ieratico e liturgico ed immediatamente e chiaramente distinto dal canto laico. È nata in consustanzialità con il culto ortodosso, si è sviluppata con esso e attraverso la chiesa si è evoluta.
Il carattere della musica ecclesiastica è liturgico, rituale, anagogico, vale a dire dalla carne allo spirito. Non intende accompagnare la parola (per delizia dell'udito), ma vuole accentuarla. Per questo motivo, si è imposta e si è diffusa nel corso dei secoli, come musica fonetica e canto corale, per far in modo che, attraverso questa " ispirazione sacra", emergesse la parola di Dio, nel modo migliore.
Quindi, con i suoi adepti, la musica assiste il culto. E quando è proviene da cantori esperti, con una bella voce, la musica ecclesiastica ortodossa non solo non è noiosa, ma dispone, oltre la religiosità, un'irraggiungibile sontuosità. È evidente, quindi, che la nostra stessa tradizione ecclesiastica ortodossa è un'immortale melodia della parola, una lauda incessante, un "suono chiaro di festa", un modo vivo di applicare con coerenza il comando "Inneggiamo il Signore con ogni nostro respiro".

La musica bizantina è una musica dell'anima. Se non ci si rende conto che questa musica decora ed arricchisce con sentimento sacro, le meravigliose parole degli inni, non si può comprendere profondamente neanche il suo significato. Perché le parole e la salmodia, come saggiamente dice Fotis Kontoglou, sono legate come il corpo con l'anima, come la forma ed il colore in un'icona.
La musica bizantina esprime la supremazia della fede cristiana, la gioia ed il dolore dell'anima, vale a dire quel profumo spirituale che può essere raggiunto solo dai sensi spirituali, percepiti da quanti comunicano l'esperienza ecclesiastica. Costituisce una creazione saggia di molti secoli, un canto sacro che ancora oggi, in un'epoca ampiamente caratterizzata dalla prosaicità e dalla materialità, commuove e porta le anime umane alla religiosità sacra.

La musica ecclesiastica dai primi anni della Chiesa fino a Costantino il Grande

Durante i primi tre secoli, tutto il mondo cristiano è duramente messo alla prova: le persecuzioni costringono i primi cristiani a nascondersi, per poter praticare il proprio culto, ma anche per proteggere la propria vita. In queste condizioni, quindi, non era possibile sviluppare qualunque forma di arte. L'innodia, il canto degli inni religiosi, era semplice. Sono utilizzati principalmente inni del Vecchio e del Nuovo Testamento.
In questo periodo, i canti sono cantati dai fedeli presenti alla funzione liturgica e non da cantori. Come già detto, l'innodia era semplice. La funzione liturgica era, quindi, seguita dai partecipanti che, tutti insieme, cantavano gli inni sacri ad una voce. Anno dopo anno, però, i cristiani aumentavano e quindi una salmodia in comune, ad una voce, risultava difficile. Per questo motivo, si creò, molto presto, nella chiesa, la classe dei cantori. In generale, in questo periodo, furono poste le prime basi della musica ecclesiastica. I suoi rappresentanti principali sono: Ignazio Teoforo (morto nel 103 d.C.), Clemente Alessandrino (morto nel 220 d.C.), ed Origene Adamantino (morto nel 254 d.C.).

La musica ecclesiastica, durante i primi tre secoli di vita, si ritiene che fosse semplice ed essenziale. Dal punto di vista melodico, sono cantati brani dei salmi di Davide ed inni, composti dai Padri della Chiesa, come Giustino il Filosofo e martire, Clemente Alessandrino e Anatolio. Di questi inni, pochi si sono conservati fino ad oggi.
I padri non riportano alcun tipo di libro ecclesiastico musicale, in questo periodo. Inoltre, si sa che questi inni, nei primi tre secoli del Cristianesimo, si tramandavano soprattutto oralmente. La musica della Chiesa Ortodossa, in questo periodo come in altri, era sempre fonetica, poiché era vietato l'uso di strumenti musicali. E quindi, non è mai stato utilizzato nella Chiesa, un sistema polifonico di salmodia.

La musica ecclesiastica dall'epoca di Costantino il Grande fino al XII secolo d.C.

Dal momento in cui Costantino il Grande divenne imperatore e portò la capitale dell'impero a Bisanzio, un nuovo vento di libertà iniziò a spirare per i cristiani dell'epoca: la Chiesa Cristiana non trovò solo la pace, ma anche la protezione ed il sostegno da parte dello stato ufficiale.
Dopo il riconoscimento del Cristianesimo, da parte di Costantino il Grande, e la fine delle persecuzioni, la musica ecclesiastica iniziò ad essere utilizzata sistematicamente. E così, si trasformò in un vero e proprio elemento di culto.
I salmi e gli inni iniziano ad essere cantati in alternato, ed è utilizzato il metodo di salmodia "a comando", dove un cantore "domina" con la sua voce il canto, vale a dire che canta da solo e gli altri accompagnano a voce più bassa. La musica di questo periodo comincia a svilupparsi liberamente e spontaneamente.
I cristiani sono oramai liberi di praticare il proprio culto. Il canto ecclesiastico è perfezionato e segna una rapida evoluzione. Gli inni sono arricchiti. Il rivestimento musicale semplice dei primi tre secoli, diventa più complesso e presenta maggiori esigenze tecniche. Così, si distinguono i quattro suoni principali ed appaiono i canti Irmologhikà (libro liturgico con o senza notazioni musicali contenente irmi ) poi i canti Stichera (versetti, o ritornelli di poesia liturgica intercalati tra versetti dei salmi).

Nella Chiesa, fino al IV secolo, cantava il popolo. Ma poiché gli inni, con la diffusione del Cristianesimo, erano ormai numerosi, e poiché si verificavano stonature, si è ritenuto opportuno sostituire il popolo con i cantori a due Cori.
Dopo l'arrivo, nella Chiesa, della classe dei cantori, il Concilio di Laodicea (360 d.C.), con il suo Canone 15°, definisce che nessuno ha il diritto, al di fuori dei cantori, di cantare durante le funzioni cristiane. Nel Concilio di Cartagine si decide, poi, che è il presbitero a nominare i cantori, con il consenso dell'Episcopo.
L'educazione dei cantori era svolta in apposite scuole. Durante l'epoca dell'imperatore Teodosio (fine del VI sec.), le fonti citano che a Costantinopoli, i maestri di musica curavano l'insegnamento della musica ecclesiastica. All'epoca dell'imperatore Giustiniano (482-565 d.C.), il santuario di Santa Sofia aveva 25 cantori, ed oltre 100 lettori, che aiutavano la salmodia. Il coro dei cantori sacri era diretto dal protopsaltes, il primo cantore, che utilizzava i cosiddetti neumi. I neumi, utilizzati fino alla metà circa del XVII secolo, erano una serie di movimenti della mano destra ed indicavano, di solito, l'inizio e l'interruzione della salmodia, come anche le modalità di esecuzione ed il ritmo del canto.

Inoltre, in questo periodo, si erano sviluppate numerose eresie, affrontate in modo decisivo dai padri della Chiesa. Questi sono: Giovanni Crisostomo, Basilio il Grande, Attanasio il Grande, il Vescovo di Milano Ambrogio, Efrem il Siriano ed il Vescovo della Mesopotamia, Giacomo. Inoltre, importanti innografi di questo periodo sono: Romano il Melode, Cirillo Patriarca di Alessandria, Anatolio Patriarca di Costantinopoli, Gregorio il Dialogo Papa di Roma, Andrea Vescovo di Creta, Giovanni Damasceno, Cosma il Melode, Teodoro Studita, Teofanie Grapto, Sofronio Patriarca di Gerusalemme, Giorgio Pisside, Germano Patriarca di Costantinopoli il Confessore, Leone Viza o di Bisanzio, Andrea Pirro o Pirso, Leone il Saggio e la monaca Cassia o Cassiane.

La musica ecclesiastica dal XII secolo d.C. fino alla caduta di Costantinopoli

Intorno al XII secolo d.C., si completa l'innografia. Sono composti inni per quasi tutte le feste e le funzioni religiose. Gli innografi compongono gli inni, sottolineandoli loro stessi con la musica. Inizia così, l'epoca dei grandi "maestri di cappella", i cosiddetti maistores, un periodo di grande fulgore della musica, che durerà fino alla metà del XV secolo. I maistores compongono sui testi già esistenti, scrivono anche loro poesie, rielaborano composizioni più antiche. I più famosi tra questi sono: Giovanni Cucuzeli, Michele il Balbuziente, Xenos di Corone, l'Arcivescovo di Salonicco Eustazio, il monaco Teoctisto, Giovanni Batatzi, Teodoro Lascari, Giobasco il Valacco, Gregorio Protopsalte e Curmuzio, Niceforo Callisto, Giovanni Cladas, Emanuele Briennio, Sinesio Agiorite e Teodoro Agalliano.

La musica ecclesiastica dalla caduta di Costantinopoli fino a Pietro il Peloponnesiaco

Dopo la caduta di Costantinopoli, la musica bizantina che, per quindici secoli, si era sviluppata e costituiva parte integrale della vita di Bisanzio, era sempre più viva e presente. In questo periodo, si osserva un grande sforzo per una scrittura più dettagliata della musica, dal momento che il sistema esistente di stenografia musicale aveva creato grossi problemi per l'apprendimento della musica. In questo campo, notevole è il contributo del sacerdote Balasio. Dopo Balasio, notevoli musicisti del periodo si cimentarono in varie analisi della notazione musicale. Musicista illustre del 4° periodo della storia della Musica Bizantina fu Pietro il Peloponnesiaco.

La musica ecclesiastica da Pietro il Peloponnesiaco fino ai tre grandi maestri Crisanto, Gregorio Leviti e Curmuzio

In questo periodo, un nuovo sistema di scrittura musicale si diffonde, grazie ai tre maestri di musica, Crisanto, Gregorio Leviti e Curmuzio. Lavorando tutti molto seriamente, cercarono di semplificare il sistema bizantino di scrittura musicale, con il consenso dei rappresentanti della Chiesa all'epoca. I tre maestri, successivamente, si assunsero anche il compito di diffondere ed insegnare questo nuovo sistema, attraverso la Scuola Musicale fondata dal Patriarcato. Infine, è necessario segnalare che prima e dopo la diffusione del nuovo sistema, apparvero anche altri sistemi, come quello di Geronimo, del Codice 1477 del Monastero del Sinai sul pentagramma, di Agapio di Palermo, gli alfabeti di Bucarest, di Paisio di Xiropotamo e di Giorgio di Lesbos.

La musica ecclesiastica dall'epoca dei tre grandi maestri fino ai nostri giorni

In questo periodo, si incontrano degli eccezionali musicisti, come i seguenti: Costantino o Patriarca di Costantinopoli del Sinai, Costantino il Bisanzio, Antonio, Attanasio Metropolita di Seleucia, Apostolo Frustala, Pietro Simeon Agiotafite, Teodoro Simeon, Teodoro Focaeus, Panaghioti Pelopida, Zaffiro Zafiropoulos, Pietro Bisanzio figlio di Giorgio, Attanasio Cristopoulos, Basilio Stefanidi, Giorgio di Lesbos, Anestis Chanentes, Giovanni il Bisanzio, Stefano Michail, Giorgio Risio, Stavrakis Grigoriadis, Onofrio il Bisanzio, Teodoro Aristolis, Gerasimo Kanellidis, Ciriaco Filoxenis Efesiomagnis, Giorgio Redestino II e Giorgio Violakis.

I melodi e gli innografi della Chiesa

Dionisio (Dionigi) Areopagita, vescovo di Atene

San Dionisio Areopagita nacque ad Atene verso la fine del primo decennio del I secolo d.C., da genitori pagani di origine nobiliare. La sua educazione doveva essere davvero eccezionale. Come è noto, dagli Arconti di Atene, erano scelti i nove Areopagiti, saggi ed imparziali, che inizialmente erano nove, ma poi divennero cinquantuno. La fama del Santo era tale, poiché " aveva indossato la veste di giudice imparziale ed era il più giusto di Atene ". Ed è molto importante il fatto che non ci sia stato nessuno a dire "che avesse giudicato illegittimamente". L'antica tradizione racconta che il Santo era un illustre giudice e presidente dell'Areopago.
San Dionisio fu la prima preda spirituale dell'Apostolo Paolo, durante il suo viaggio ad Atene. Come ci racconta l'Evangelista Luca, negli Atti degli Apostoli , quando gli ateniesi ascoltarono l'Apostolo Paolo parlare della resurrezione dei morti, alcuni lo derisero ed altri gli dissero " Ti ascolteremo su questo un'altra volta. Così Paolo uscì da quella riunione. Ma alcuni aderirono a lui e divennero credenti, fra questi anche Dionigi membro dell'Areopago, una donna di nome Damaris ed altri con loro ". E " allora l'Apostolo Paolo, dopo aver fatto rinascere quell'uomo santo con il battesimo, lo ha fatto ascendere nella beatificazione divina". E poiché Dionigi era l'arconte politico e religioso della città di Atene, divenne la prima persona che condusse, ufficialmente, il mondo ellenico verso il Cristianesimo. A quei tempi, iniziarono a manifestarsi i primi segni del periodo turbolento successivo, e quindi Dionigi diventa un nuovo Noè, che per primo da l'esempio ai greci, per guidarli all'interno dell'arca del Cristianesimo e salvarsi.
La tradizione patristica, tramite Dionigi, Vescovo di Corinto, ci conferma che fu il primo Vescovo cristiano della città di Atene, in una sua testimonianza conservata dallo storico Eusebio, mentre altri storici, più recenti, riportano che nella città di Atene, Dionigi conobbe una morte atroce. Altri storici danno delle informazioni generiche circa la sua morte da martire, senza far riferimento al tipo di supplizio o al tempo. Molto probabilmente, San Dionigio fu martire ad Atene, nell'anno 95 d.C., durante le persecuzioni di Domiziano (81-96 d.C.).
L'identificazione di San Dionisio Areopagita con San Dionigio, Vescovo di Parigi, è erronea ed il responsabile della confusione è, come è noto, l'ambizioso abate ed i monaci del monastero di San Dionigio di Parigi, che desideravano quale santo protettore del loro monastero e della chiesa, non il Martire Dionigio, fondatore del monastero e della chiesa, ma il Dionigio più antico, degli anni apostolici, discepolo dell'Apostolo Paolo ed autore degli scritti areopagiti. In questo modo, la fama, la storia e la gloria del monastero si sarebbero accresciute. Questa opera, dunque, fu compito dell'abate Hilduino, che ritenne suo dovere onorarlo e proteggerlo, componendo il suo encomio e traducendo i cosiddetti suoi scritti areopagiti. In questo modo identifica San Dionigio Areopagita del I secolo con il Martire Dionigio, del III secolo d.C.

Ieroteo, vescovo di Atene

San Ieroteo fu, secondo la tradizione, Vescovo di Atene. Si dice che fosse Areopagita e discepolo dell'Apostolo Paolo. Visse nei primi secoli cristiani, e nacque, secondo la tradizione, alcuni anni prima della venuta del Signore. Le informazioni circa la sua vita, la sua attività, i suoi scritti e la sua beatificazione sono praticamente inesistenti. Nelle fonti si trovano solo notizie relativamente alle sue reliquie e brani delle sue opere, ed è riportata anche della sua presenza al letto di morte della Madre di Dio. La raffigurazione del Santo su monumenti dell'arte cristiana ed anche nel meraviglioso monastero di Dafni, testimoniano la grande fama di cui godeva presso gli ateniesi. Il Santo morì in pace e la Chiesa venera la sua memoria il 4 ottobre.

Sant'Ignazio teoforo

Sant'Ignazio martire (morto il 20 dicembre) fu successore degli Apostoli ed anche secondo Vescovo di Antiochia. Insieme al Vescovo della Chiesa di Smirne, Policarpo, era discepolo dell'Evangelista Giovanni il Teologo. Fu martire negli anni dell'imperatore Traiano (98-117 d.C.) a Roma, sbranato dalle belve nell'arena. Dopo questo terribile martirio del Santo, alcuni cristiani raccolsero dall'arena le sue reliquie e le trasportarono ad Antiochia. La sua Sinassi ebbe luogo nella chiesa di Santa Sofia. Questo Padre Apostolico introdusse nella Chiesa la salmodia in alternato ed i due Cori. Il suo amore per la musica è dimostrato dalla sua Epistola agli Efesini, con la quale esorta i presbiteri ad inneggiare con concordia e vero amore Gesù Cristo, cantando tutti insieme ad una voce, e dalla sua Epistole ai Romani, in cui predica ai fedeli, di formare dei cori musicali ed inneggiare a Dio, con pace e concordia.

San Policarpo, vescovo di Smirne

San Policarpo martire, probabilmente, nacque intorno all'anno 80 d.C., da genitori devoti e religiosi, Pancrazio e Teodora, rinchiusi in prigione per la loro fede a Cristo, e fu battezzato cristiano in giovane età. Insieme a Sant'Ignazio Teoforo era discepolo dell'Evangelista Giovanni. Un po' prima di morire, San Bucolo, Vescovo di Smirne (morto il 6 febbraio), consacrò quale suo discendente, dopo i Santi Apostoli, San Policarpo e poi morì in pace. Il Santo seguì con premura e preghiera la cattura di Sant'Ignazio Teoforo, Vescovo di Antiochia, ed il suo martirio. Il suo amore verso il Padre Teoforo è testimoniato anche dall' Epistola , che scrisse ai Filippi. In questa epistola si congratula con loro dell'ospitalità concessa a Sant'Ignazio, al suo arrivo nella città. Questo testo di San Policarpo ha un carattere apostolico, teologico e pastorale. San Policarpo, si distingueva per la sua modestia, la sua educazione teologica, la sua devozione alla didascalia del Vangelo, poiché parlava sempre secondo quanto era riportato nelle Scritture. Era il rappresentante più puro della didascalia apostolica in tutte le chiese d'Asia. Sant' Ireneo ci informa che San Policarpo riuscì a far ritornare in seno alla Chiesa molte persone che avevano condiviso le eresie di Valentino e Marcione. La Sinassi di San Policarpo si è tenuta nella chiesa di Santa Sofia.

San Giustino, filosofo e martire

Il "magnifico" Giustino, secondo il suo discepolo Tatiano, nacque a Flavia Neapolis (Nablus), in Palestina, agli inizi del II secolo d.C., da genitori greci pagani, Prisco Bacheio il padre e madre di cui non si conosce il nome. Metodio Olimpo lo ricorda come una persona non molto distante dagli Apostoli, per quel che riguarda la cronologia ma anche le virtù. Effettivamente, la sua nascita si colloca probabilmente, intorno al 110 d.C., dal momento che nell'anno 135 d.C., discutendo con Trifone, si presenta come una persona che aveva già completato i suoi studi filosofici e verso la fine, si era avvicinato alla fede cristiana.
Dotato di una straordinaria sete spirituale e desideroso di apprendere, il giovane Giustino si occupò ed approfondì le idee dei filosofi Stoici, Epicurei, Peripatetici, Pitagorici e Platonici. Con un'insaziabile voglia, voleva conoscere tutta la verità e trovare la vera soddisfazione. Allora Dio, con un intervento miracoloso, lo guidò alle sorgenti della verità, la fede cristiana e la vita, nell'anno 135 d.C.
Importantissima è la sua opera " Dialogo con Trifone ", che contiene la discussione teologica tenutasi in due giorni con il giudeo Trifone, che era andato via dalla Palestina a causa della guerra (132-135 d.C.) e si trovava in visita nella città dove studiava Giustino. Quando si rese conto che, sotto il rivestimento filosofico del giovane Giustino, si celava un cristiano, lo schernì. Seguì una discussione di due giorni, il cui contenuto è soggetto dell'opera " Dialogo con Trifone". Considerando che Trifone era partito per sfuggire alla guerra in corso, si presuppone che questo dialogo abbia avuto luogo nell'anno 136 d.C.
Sembra che dopo il martirio di Tolomeo, suo discepolo, intorno all'anno 160 d.C., partì da Roma, per paura di essere catturato e vi ritornò più tardi, quando la situazione si calmò, poiché durante l'interrogatorio prima del martirio, dichiarò di aver soggiornato per due periodi a Roma. Ma Giustino decise di perorare la sua fede perseguita presso l'imperatore ed il Senato romano. Le sue due Apologie costituiscono dei veri e propri gioielli nella storia delle Apologie cristiane.
Nella sua prima Apologia, indirizzata all'imperatore Antonino, i suoi figli ed il Senato romano, rende noto il credo dei cristiani, ribatte le accuse nei suoi confronti formulate dai pagani, descrive il culto cristiano e cerca, pacificamente, con gentilezza e senza alcun schema retorico, di convincerli a fermare le persecuzioni. Il Santo, dimostrando di vivere pienamente la vita ecclesiastica liturgica e mistica, soprattutto negli ultimi capitoli della sua prima Apologia, non si limita ad essere puramente apologistico e si trasforma in un eccellente mistagogo ed in uno dei pionieri della storia della Teologia del culto cristiano. San Giustino, sia nella predetta Apologia, che in numerosi altri punti dei suoi scritti, fornisce inestimabili informazioni sul culto cristiano dell'epoca, sottolineando la festa della domenica, e descrivendo il rituale e la teologia connessa dei misteri sacri del Battesimo e della Sacra Eucaristia.
Il giorno della domenica è ritenuto il primo giorno della nuova creazione nel nome di Gesù Cristo. La Sacra Liturgia diventa l'entelechia animatrice della diaconia. Per quanto riguarda il Battesimo, San Giustino informa che è un sacramento con cui " sono rimessi i peccati per poter rinascere con l'acqua ", che precede la catechesi. Ne consegue che la preghiera ed il digiuno precedono il Battesimo, sia di coloro che saranno battezzati che dei restanti fedeli.
Nella seconda Apologia, indirizzata al Senato romano, San Giustino afferma che i cristiani sono perseguiti perché credono nella verità e vivono una vita virtuosa e non perché fanno qualcosa di punibile.
Tra i numerosi scritti di Giustino, secondo la testimonianza del Patriarca Fozio, scrisse anche un libro, che non si è conservato, chiamato "Psaltis", in cui probabilmente era contenuta una rassegna di inni cristiani, composti per essere cantati in determinati momenti della Liturgia per la gloria del nome di Cristo, ed istruzioni su come ed in quale ordine andavano cantati questi inni nelle funzioni religiose. La perdita di questo libro è compensata dalla " Apologia a favore dei cristiani ", dove sono descritti i rituali del II secolo. In questa seconda Apologia, parla degli inni cantati e delle loro peculiarità.

Sant'Ireneo, vescovo di Lione

Il nome di Sant' Ireneo, discepolo di San Policarpo, è annoverato tra i melodi della Chiesa. Questo grande Padre della Chiesa, nacque intorno alla metà del II secolo (140 d.C. circa), probabilmente a Smirne, poiché in uno dei suoi scritti racconta di essere ancora ragazzo, quando conobbe e vide San Policarpo, Vescovo di Smirne. Divenne noto come presbitero della Chiesa di Lione, in Francia, quando il clero della Chiesa di Lione era imprigionato per le persecuzioni, e Ireneo inviò una lettera al Papa Eleuterio (174-189 d.C.), per contribuire alla risoluzione pacifica della situazione. Dopo aver consegnato la lettera, ritornò a Lione ed in seguito al martirio e quindi la morte del Vescovo della città, Potino, fu eletto al suo posto. Da Vescovo, combatté con molto zelo le eresie con discorsi e scritti a favore della diffusione del Cristianesimo in Europa. Secondo i Sinassaristi, nel periodo di persecuzione, anch'egli morì di morte violenta. La Chiesa lo commemora il 23 agosto.

Clemente alessandrino

Nacque nel II secolo d.C. e morì il 220 d.C. Compose odi ed inni esortando i cristiani ad utilizzare la musica decorosa e modesta e non quella eclettica che, con i giochi di voce, spinge ad una vita oziosa.

Sant’Ippolito

Nacque nel II secolo d.C. e fu martire il 250 d.C. La Chiesa lo commemora il 10 agosto. Scrisse vari inni contro gli eretici dell'epoca, per la gloria di Dio che, purtroppo, non si sono conservati.

Origene

Nacque nel 185 d.C. e morì il 254. Grande erudito e con un talento multiforme, scrisse inni contro gli eretici.

Gaio, presbitero di Roma

Visse verso la fine del II secolo d.C. Secondo la testimonianza dello storico Eusebio, Gaio scrisse che, con gli inni cantati nella Chiesa antica, si inneggiava la Divinità del Figlio di Dio, ed inoltre, riporta che questi inni erano approvati dalla Chiesa e riportati nei relativi libri.

San Gregorio di Neocesarea, il taumaturgo

Visse all'epoca dell'imperatore Auriliano (270-275 d.C.) e nacque da genitori pagani. In giovane età, quando si trovava ad Alessandria, ebbe una visione con la Vergine e l'Evangelista Giovanni, e si battezzò cristiano. Per la purezza della sua vita e la sua devozione, fu nominato Vescovo di Neocesarea, dal Vescovo di Amasia, Faidemo. È ritenuto il fondatore dei modelli di liturgia. Decise di festeggiare i giorni dei Martiri, con il suo gregge, con processioni ed odi spirituali, e la Chiesa lo commemora il 17 novembre.

Sant'Anatolio, vescovo di Laodicea (268-282)

È ritenuto uno dei poeti più antichi dei Tropari (breve composizione poetica cantato nella Divina Liturgia o in una akoluthia), di cui molti sono inclusi nei libri liturgici della Chiesa. Sant'Anatolio nacque ad Alessandria e fondò una scuola per l'insegnamento della filosofia aristotelica. In seguito, dopo essersi recato in Palestina, aiutò il Vescovo di Cesarea, destinato ad essere successore del Vescovo Teotecno. Sulla via verso Antiochia, per partecipare al Concilio contro Paolo di Samosata, passò da Laodicea in Siria, dove i fedeli lo costrinsero a prendere il posto del loro Vescovo morto, e suo amico e compatriota, Eusebio (268 d.C.). Sant'Anatolio morì intorno al 282 d.C. Scrisse un'opera sulla Pasqua, parte della quale è riportata dallo storico Eusebio, e l' " Αριθμητικάς Εισαγωγάς "(Introduzione all'aritmetica) in dieci libri. I brani conservatisi sono probabilmente originali. La Chiesa lo commemora il 3 luglio.

Atenogene, vescovo di Sebaste

Morì nell'anno 290 d.C. Durante le persecuzioni, visse con i suoi discepoli nel deserto, con esercizi, preghiere e salmi.

Nepo, vescovo di Pentapoli

Visse intorno alla metà del III secolo d.C. Compose numerosi inni e si oppose agli inni ingloriosi dell'eretico Valentino, in Africa e di Ieraco l'Egiziano, che non ammetteva la resurrezione dei morti.

San Metodio, vescovo della Pannonia

Visse verso la fine del III ed i primi anni del IV secolo d.C. Secondo San Geronimo e lo storico Socrate, non fu Vescovo della Pannonia, ma di Olimpo e della Licia, e successivamente di Tiro della Fenicia, mentre per altri, fu Vescovo di Filippi in Macedonia. La confusione creatasi con la nomina a Vescovo della Pannonia deriva dal fatto che il suo dialogo sulla Resurrezione è stato fatto in Pannonia. San Metodio era un dignitoso arciprete, fervido rivale di Origene e bravo poeta, come si può constatare dalla sua opera conservatasi " Simposio delle dieci vergini o sulla castità". Durante le persecuzioni di Diocleziano, fu martire a Calcide, in Siria. La Chiesa lo commemora il 20 giugno.

Eusebio Panfilo (261-340)

È il padre della storia ecclesiastica e fu il primo a raccogliere nella sua opera le cronache dei primi tre secoli della Chiesa antica e i suoi illustri mèlodi.

Attanasio il Grande

Sant'Attanasio il Grande nacque nell'anno 295 d.C. ad Alessandria, da genitori cristiani. Ebbe un'educazione filosofica e teologica molto curata. Durante la sua gioventù, si unì con il Grande Antonio ed entrambi vissero una vita da asceti nel deserto.
All'inizio, fu nominato lettore della Chiesa di Alessandria e nel 318 era già diacono. Nell'anno 325 d.C. accompagnò il Patriarca di Alessandria, di età avanzata, a Nicea, dove era stato convocato il I Concilio Ecumenico. In quel luogo, grazie alla sua erudizione ed alla sua fervida ed irremovibile fede, combattè coraggiosamente l'eresia di Ario. Addirittura, come decise il Concilio di Alessandria, nel 399 d.C., fu soprattutto Attanasio a combattere " la malattia dell'Arianesimo ". Nessun altro, probabilmente, tra i Padri e Maestri della Chiesa di quel periodo, aveva affrontato tante importanti questioni ecclesiastiche fondamentali della Chiesa, relativamente a Dio, il mondo, l'uomo, la creazione, la triadologia (dogma trinitario), l'incarnazione del Figlio e la Parola di Dio, la salvezza, la cristologia, la pneumatologia, il Concilio Ecumenico ed altre. La fama di Sant'Attanasio si diffuse tanto durante il Concilio di Nicea che, dopo un po', alla morte del Patriarca di Alessandria, Alessandro (morto il 17 aprile 328 d.C.), fu eletto Vescovo di Alessandria, probabilmente in quello stesso anno.
Attanasio il Grande, durante i 46 anni del suo vescovato, costituì una pietra miliare della Chiesa e Padre dell'Ortodossia per eccellenza. Curò attivamente l'organizzazione della sua Chiesa. Girando nella sua provincia, si recò a Tebaide, Pentapoli, nel Basso Egitto, per constatare da vicino le esigenze del suo gregge, che dappertutto lo accoglieva con entusiasmo. Collocava nelle varie città, Vescovi meritevoli e capaci, tra cui anche San Frumenzio (morto il 30 Novembre), che consacrò Vescovo di Axom.
Tuttavia, gli ariani provocarono numerosi disordini e problemi al Santo, che calunniavano incessantemente. Il Santo fu esiliato cinque volte e svolse più di sedici anni del suo Vescovato, in esilio. Fu portato sotto accusa ripetutamente nei Concili e fu destituito. Fu perseguitato da imperatori, patì indescrivibili sofferenze e privazioni, vide molti dei suoi collaboratori assoggettarsi alle pressioni ed alla violenza degli ariani e vide anche il Vescovo di Roma Liberio (352-366 d.C.), firmare un patto di fede ariano per evitare l'esilio. Ci furono momenti in cui il mondo cristiano sembrava contrario al Santo, ma quest'ultimo non si piegò e continuò a lottare per la verità.
Pretesto per le persecuzioni contro il Santo fu il suo rifiuto a reintegrare nella comunità ecclesiastica Ario, che fu scomunicato nel I Concilio Ecumenico, ma che si presentava, con molta ipocrisia, come sostenitore della dottrina ortodossa. Quando Ario fu richiamato dall'esilio, presentò, nel 330-331 d.C., la sua confessione di fede, evitando con cura di citare espressioni tipiche dell'arianesimo. Sant'Attanasio si rese conto dell'inganno e della frode di Ario e si rifiutò esplicitamente di accettarlo nella comunità, malgrado gli ordini dell'imperatore Costantino il Grande. Dopo il rifiuto del Santo, i suoi nemici iniziarono ad organizzare sistematicamente una lotta nei suoi confronti. Costantino il Grande, anche se stimava Sant'Attanasio per la sua etica ed il suo coraggio, si fece coinvolgere alla fine, nei continui complotti degli ariani e così convocò il Concilio a Cesarea, il 335 d.C., allo scopo di esaminare le accuse contro il Santo. Tuttavia, Attanasio, temendo la cospirazione dei suoi nemici, non si presentò al Concilio che poi fu convocato a Tiro, in Fenicia. Attanasio si presentò alla Sinodo, dove erano presenti 60 Vescovi ariani. Fu impossibile sostenere le accuse nei suoi confronti, malgrado le argomentazioni presentate dagli eretici. Tuttavia, alla fine fu chiaro che i nemici di Attanasio chiedevano la sua condanna a morte e così i seguaci del re, che si erano assunti il compito di mantenere l'ordine e la pace, lo fecero fuggire segretamente. Quindi, si rifugiò a Costantinopoli e chiese di incontrare l'imperatore che però, si rifiutò di riceverlo ed ordinò il suo esilio in Gallia. Ritornò alla sua sede dopo la morte di Costantino il Grande, il 23 novembre 337 d.C. Ma i suoi nemici, iniziarono nuovamente a lanciare accuse e calunnie nei suoi confronti e Attanasio convocò il Concilio ad Alessandria, il 339 d.C., cui parteciparono 100 Vescovi. I suoi nemici, allora, convocarono il Concilio ariano ad Antiochia che lo destituì, consacrando Vescovo di Alessandria Eusebio Emiseno e quando quest'ultimo non accettò il trono, nominarono Vescovo Gregorio di Cappadocia, il quale si stabilì ad Alessandria con la forza, dopo l'allontanamento di Sant'Attanasio.
Allora il Santo si rifugiò a Roma, dove si trovavano anche altri sacerdoti e Vescovi esiliati. Qui fu accolto da tutti con molto onore, riconoscendo le sue lotte a favore dell'Ortodossia. Il Papa Giulio convocò, nel 341 d.C., un Concilio, in cui Attanasio fu riconosciuto quale legittimo Vescovo di Alessandria ed innocente da tutte le accuse formulate dai suoi nemici.
Quando nel 345 d.C. morì Gregorio di Alessandria, su indicazione di Costanzo Gallo, l'imperatore Costanzo richiamò Sant'Attanasio dal suo esilio. Il Santo ritornò e fu accolto trionfalmente dal suo gregge. Ma anche questa volta, la tranquillità della sua sede durò poco, perché dopo l'assassinio di Costanzo Gallo, il 350 d.C., persuaso dagli ariani della colpevolezza di Attanasio con una serie di complotti e calunnie, l'imperatore lo condannò nel Concilio. Addirittura inviò anche soldati ad arrestarlo la notte del 9 febbraio 356 d.C., mentre celebrava una veglia notturna con numerosi fedeli nella chiesa di San Teona. Il Santo riuscì a fuggire nel deserto, dove restò sei anni, seguendo i movimenti e le azioni degli ariani e sostenendo i cristiani che si trovavano in una fase di esitazione.
Infine, durante l'impero di Giuliano l'Apostata (361-363 d.C.), riuscì a ritornare ad Alessandria e convocare un Concilio, che costituì un importante punto di riferimento nella storia delle lotte dell'Ortodossia contro l'Arianesimo.
Le persecuzioni continuarono anche con l'imperatore Valente, che esiliò nuovamente il Santo. Temendo tuttavia, la rivolta del popolo di Alessandria, fu costretto a richiamare Attanasio dall'esilio.
Fervido sostenitore della fede ortodossa fino alla fine della sua vita, morì in pace il 2 maggio 373 d.C., all'età di 75 anni, dopo aver onorato il trono episcopale di Alessandria.
La Chiesa, molto presto gli diede il titolo di Grande Padre. Infatti, fu colui che per primo si rese conto e percepì perfettamente i sottili rapporti di dipendenza reciproca delle verità parziali della fede, che nel suo pensiero costituiscono parte di un'unica verità, tanto che l'inganno di una verità parziale comporta inevitabilmente il rovesciamento dell'intero sistema della dottrina cristiana e la creazione di un'eresia.
Ma il Santo, per tutta la sua vita, dimostrò la sua etica virtuosa e devota ad un livello tale che il suo nome è identificato con la stessa virtù. Per questo motivo, San Gregorio Nazianzeno dice: " Quando lodo Attanasio, lodo la virtù, gli disse lodando la sua virtù ".
La Sinassi dei Santi Attanasio e Cirillo fu celebrata nella chiesa di Santa Sofia.
Sant'Attanasio il Grande fece molti sforzi per creare una musica sacra adeguata alla Chiesa di Alessandria, dove i Meletiani cantavano gli inni ecclesiastici danzando. E così, introdusse una musica particolare ed adatta a loro.

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