Fate ogni cosa per la gloria di Dio (1Cor. 10, 31)

Lo scopo finale della musica non deve essere altro che la gloria di Dio e il sollievo dell'anima (Johann Sebastian Bach)

venerdì 31 maggio 2013

Breve storia dell'arpa: migliaia di anni di fascino

Introduzione

L'arpa è il più antico strumento musicale a corde conosciuto. La parola "Harpa" o "arpa" viene dall'antico sassone e significa "pizzicare". Dal XIII secolo questo termine fu applicato specificamente per l'arpa triangolare in opposizione alla lira. L'antico termine gaelico per uno strumento a corde di metallo era "Cruit" e fu applicato all'arpa verso il 1200. Il termine successivo utilizzato in Scozia e in Irlanda per l'arpa "celtica" fu clarsach o cláirseach.

Fonti scozzesi dei secoli XV e XVI mostrano che entrambi i termini "arpa" e "clarsach" erano in uso comunemente a quell'epoca, e sembrano indicare che ci fosse una distinzione tra le arpe in stile europeo, cordate in budello animale, e le clarsachs gaeliche, cordate in metallo. Oggi noi conosciamo le arpe gaeliche come "irlandesi", "celtiche", "folk", "clarsach scozzese" o "arpe a levette". La maggior parte delle arpe popolari sono cordate con una combinazione di nylon, metallo, budello o fibra di carbonio. L'arpa di tradizione gaelica (l'arpa irlandese) continua ad essere cordata in ottone o in bronzo.

La "Panaghia Tricherùssa" (la Tuttasanta con tre mani)


Per gli specialisti dell'arte, l'icona è opera di un pittore greco del XIV secolo; ma per i Monaci del Monte Athos si tratta di una icona di San Luca, che si sarebbe trovata a Damasco ai tempi di San Giovanni Damasceno (VIII sec.), e al quale avrebbe fatto il miracolo di restituirgli la mano mozzata. Il Santo avrebbe poi portata con sé l'icona nella Lavra di S. Saba, presso Gerusalemme, dove trascorse il resto della sua vita. Alla sua morte, avvenuta nel 749, l'icona rimase in tale Monastero fino al secolo XIII, allorché l'igumeno la donò al metropolita della Serbia, pure di nome Saba (+ 1237), giunto in pellegrinaggio in Terra Santa.

martedì 28 maggio 2013

La celebrazione dell'Eucaristia

Dalla “Prima Apologia” di san Giustino, martire

A nessun altro è lecito partecipare all'Eucaristia, se non a colui che crede essere vere le cose che insegniamo, e che sia stato purificato da quel lavacro istituito per la remissione dei peccati e la rigenerazione, e poi viva così come Cristo ha insegnato. Noi infatti crediamo che Gesù Cristo, nostro Salvatore, si è fatto uomo per l'intervento del Verbo di Dio. Si è fatto uomo di carne e sangue per la nostra salvezza. Così crediamo pure che quel cibo sul quale sono state rese grazie con le stesse parole pronunciate da lui, quel cibo che, trasformato, alimenta i nostri corpi e il nostro sangue, è la carne e il sangue di Gesù fatto uomo.

Gli apostoli nelle memorie da loro lasciate e chiamate vangeli, ci hanno tramandato che Gesù ha comandato così: Preso il pane e rese grazie, egli disse: «Fate questo in memoria di me. Questo è il mio corpo». E allo stesso modo, preso il calice e rese grazie, disse: «Questo è il mio sangue» e lo diede solamente a loro. Da allora noi facciamo sempre memoria di questo fatto nelle nostre assemblee e chi di noi ha qualcosa, soccorre tutti quelli che sono nel bisogno, e stiamo sempre insieme. Per tutto ciò di cui ci nutriamo benediciamo il creatore dell'universo per mezzo del suo Figlio Gesù e dello Spirito Santo.

venerdì 24 maggio 2013

Cristo è il supremo criterio di Verità

di San Justin Popovic - tratto da Dogmatique de l’Église orthodoxe

Poiché il Signore Gesù Cristo è il supremo valore in quanto Dio-Uomo, egli nello stesso tempo, in quanto tale, è anche il supremo criterio di tutti gli autentici valori. In questo mondo nessun essere, inferiore al Theanthropos, può essere vero criterio dei valori, se il supremo criterio è la persona del Dio-Uomo. Non può essere un criterio l’uomo, poiché rappresenta un valore di gran lunga inferiore al Dio-Uomo. In quanto è il supremo valore, il Cristo è il migliore ed il più sicuro criterio di tutto ciò che di divino ed umano c’è in questo e nell’altro mondo. La storia di questo pianeta non conosce né un Dio migliore di Cristo, né un uomo migliore di Lui. Il Dio-Uomo ha nello stesso tempo completamente rivelato Dio e l’uomo. Perciò non c’è Dio al di fuori del Dio-Uomo, né c’è un uomo migliore di Lui.

“Cos’è la Verità?” chiese Pilato alla Verità incarnata e personificata, e voleva udire con le orecchie ciò che non vedeva con gli occhi, come se la stessa anima non l’avesse udito dalle sue orecchie e visto dai suoi occhi. In realtà il Dio-Uomo è la Verità, non in quanto parola, non come insegnamento, ma in quanto persona divino-umana perfetta ed eternamente vivente. Perciò il Dio-Uomo ha detto di sé non soltanto: “Io sono la Verità”, ma anche: “Io sono la Via”, la via alla Verità stessa, la misura della Verità, la sostanza della Verità stessa. La misura della Verità è la Verità stessa e la Verità è il Dio-Uomo Gesù Cristo. Perciò quanto non proviene da Lui non appartiene alla Verità. Al di fuori della sua persona divino-umana la Verità è ontologicamente impossibile. Nella fede Cristiana la Verità non è un concetto discorsivo, né una teoria, né una dottrina, né una raccolta di dottrine, ma la persona vivente del Dio-Uomo, la figura storica di Gesù Cristo. Prima del Cristo gli uomini avevano sentore della Verità, ma non la conoscevano; con il Cristo, Logos di Dio incarnatosi e fattosi uomo, l’eterna Verità divina entra nella sua pienezza. Perciò nell’Evangelo è detto: “La Verità è nata (eghéneto) per opera di Gesù Cristo”; “è nata”, come se prima dell’apparizione del Dio-Uomo Gesù non ci fosse stata nel mondo.

lunedì 20 maggio 2013

I principi di base del canto romano-bizantino

Per poter spiegare i principi basilari del canto liturgico orientale, mostriamo la scala occidentale e le scale ecclesiastiche romano-bizantine negli schemi sottostanti. Le cifre colorate evidenziano la diversa ampiezza che intercorre tra una nota e l'altra. Ad esempio tra DO e RE intercorre l'intervallo di un tono corrispondente a 12 unità-base. Le note romano-bizantine corrispondono alle note occidentali solo nel caso della scala enarmonica. I loro nomi traslitterati sono: PA (ΠΑ) - VU (ΒΟΥ) - GHA (ΓΑ) - DHI (ΔΙ) - KE (ΚΕ) - ZO (ΖΩ) – NI (ΝΗ).

Ad un primo colpo d'occhio si nota subito la diversa ampiezza degli intervalli tra le note. Tale ampiezza è in grado di esprimere una maggiore ricchezza espressiva. E' questo motivo tecnico che rende possibile al canto liturgico orientale molte più sfumature e una maggiore ricchezza di pathos rispetto a quello occidentale.

 

SCALA MUSICALE OCCIDENTALE

clip_image001

mercoledì 15 maggio 2013

Il Gesù risorto in Matteo

di san Justin Popovic da “Tumacenje Svetog Evandjelja po Matejn”, 521-526, Beograd 1979; trad. A. S.

La resurrezione di Gesù e le mirofore

(Matteo 28, 1-10)

28, 1. Due Marie, la Madre di Dio e la Maddalena, sono due bianchi gigli celesti nella più profonda tenebra della nostra terra. Oppresse dall’angoscia, esse stanno incessantemente accanto al divino sofferente, mentre soffre, mentre muore e mentre lo seppelliscono (Matteo 27, 61). Esse, anime angeliche, certamente pensavano: “No, non è possibile che tutto questo termini con la tomba e con la morte. È possibile che Gesù completamente muoia? Può la morte essere più forte di lui, che ha risuscitato i morti ed ha guarito tutti i malati?”. Esse sentivano anche troppo l’immortalità e l’onnipotenza della sua persona per non aspettare qualche miracolo e qualche esperienza eccezionale. I loro occhi e le loro anime non conoscono il sonno dacché il corpo di Gesù è nella tomba. Esse prima di tutti, esse sole vanno alla tomba “al sorgere del giorno”, per vederla (vs 1).

28, 2-7. Ed il loro santo amore ed il loro santo zelo è ricompensato da qualcosa che nessun altro essere umano mai proverà. Ecco: “Improvvisamente vi fu un terremoto, un angelo del Signore scese dal cielo, fece rotolare la grossa pietra e si sedette sopra. Aveva un aspetto splendente come un lampo ed una veste candida come la neve. Le guardie ebbero tanta paura di lui che cominciarono a tremare e rimasero come morte. L’angelo parlò e disse alle donne: Non abbiate paura, voi. So che cercate Gesù, quello che hanno inchiodato sulla croce. Non è qui, perché è risorto, proprio come aveva detto. Venite a vedere dov’era il Signore. Ora andate presto! Andate a dire ai suoi discepoli: E’ resuscitato dai morti e vi aspetta in Galilea. Là lo vedrete. Ecco, io vi ho avvisato.”

mercoledì 8 maggio 2013

Pasqua a Busto Arsizio

Ho celebrato la Veglia e la Liturgia pasquali nella nostra chiesa di Busto Arsizio. Eccovi alcune foto.
Cristo è risorto!!!

 
 

martedì 7 maggio 2013

Il canto greco-bizantino

Adattato da http://www.parodos.it/musica_canto_greco.htm

Il canto greco-bizantino è sopravvissuto per secoli sostanzialmente inalterato, tramandato con la consapevolezza del suo enorme valore, quasi paradigmatico. Legato soprattutto alla sfera religiosa, non abbiamo testimonianza scritta del repertorio profano. Ma molti manoscritti riportano, tramite la scrittura neumatica, quel canto sacro definito "eco dell'armonia e della bellezza di Dio", fratello del canto gregoriano occidentale.

Il canto greco-bizantino e la sua influenza sulla musica medievale occidentale

La "pace" tra Chiesa e Impero romano favorì la costruzione di innumerevoli chiese e basiliche su tutto il territorio imperiale, con conseguente sviluppo del cerimoniale e aumento dei centri di produzione culturale; in particolare, la creazione delle circoscrizioni ecclesiastiche presiedute dai metropoliti (Alessandria, Antiochia, Bisanzio) pose le premesse per l'autonomia di tre forti centri di irradiazione culturale, sempre più indipendenti tra loro e da Roma: tutto ciò diede vita allo sviluppo di peculiari tradizioni nel canto liturgico e nel cerimoniale stesso. Il secolo IV vide inoltre numerose e importanti innovazioni per quanto riguarda il calendario ecclesiastico, con l'istituzione di nuove feste, sovrapposte alle antiche celebrazioni pagane ancora diffuse nelle campagne; si stabilì il criterio per decidere ogni anno la data della Pasqua; si svilupparono nuovi culti per i martiri; ecc..., nonché il consolidarsi della pratica di fissare per iscritto formulari di preghiere, ordinamenti di letture e il testo dei canti. Iniziano poi a delinearsi con maggiore precisione i due cicli nei quali saranno distribuite le ufficiature liturgiche: il Proprio temporale (per le feste del Signore e le domeniche) ed il Proprio santorale (per le feste dei santi). Si costruisce quindi un repertorio stabile di preghiere, letture e canti (alcuni dei quali rimarranno sostanzialmente intatti fino ad oggi, come i testi dell'Ordinarium missae - ovvero il Kyrie eleison, il Gloria, il Sanctus), legato in maniera indissolubile alla pratica musicale.

sabato 4 maggio 2013

Il Fuoco Santo di Pasqua a Gerusalemme: un miracolo che continua

Uno dei più eccezionali miracoli che continuano ripetendosi fino al nostro tempo è la discesa del Fuoco Santo sulla Tomba del Signore a Gerusalemme nel corso del Vespro che il Grande Sabato apre la Domenica della Resurrezione. Questo miracolo è conosciuto sin dall'antichità.