Fate ogni cosa per la gloria di Dio (1Cor. 10, 31)

Lo scopo finale della musica non deve essere altro che la gloria di Dio e il sollievo dell'anima (Johann Sebastian Bach)

giovedì 29 maggio 2014

San Gregorio Palamas: Omelia 22 sull’Ascensione

Vedete la nostra comune festa e questa letizia, che il nostro Signore Gesù Cristo ha donato, con la sua risurrezione e la sua ascensione, a coloro che credono in lui? Essa è sgorgata dal dolore. Vedete questa vita, o, meglio, questa immortalità? Essa si è manifestata a noi passando attraverso la morte. Vedete la sublime altezza del cielo, verso il quale, innalzato, ascese il Cristo, e la gloriosissima gloria nella quale è glorificato nella carne? Egli la ottenne attraverso l'umiliazione e l'infamia. Così anche l'Apostolo dice di lui: Umiliò se stesso, fattosi obbediente fino alla morte, alla morte di croce. Per questo Dio lo ha innalzato e gli ha dato un nome sopra ogni nome, perché nel nome di Gesù ogni ginocchio si pieghi, degli abitatori del cielo, della terra e degli inferi, e ogni lingua proclami che Gesù Cristo è il Signore a gloria di Dio Padre.

Se dunque Dio ha innalzato il suo Cristo perché fu umiliato, perché fu disprezzato, sottoposto alla prova, perché accettò per noi la croce e una morte infame, come salverà noi, ci darà gloria e ci innalzerà, se non avremo scelto l'umiliazione? Se non dimostreremo di amare i fratelli? Se non conquisteremo la nostra anima resistendo alla prova della tentazione? Se non seguiremo attraverso la porta stretta e la via che conduce alla vita eterna colui che, salvandoci, ci guida? A questo infatti siamo stati chiamati, dice il capo degli apostoli, Pietro: Cristo ha subito la passione per noi, lasciandoci un esempio perché noi seguiamo le sue orme.

Ma perché anche il Figlio di Dio, Cristo, dovette percorrere il cammino di tali sofferenze, e Dio per questo lo ha innalzato, e chiama anche noi a unirci alla passione del Figlio suo? Dio solo è il medesimo, sempre, prima del tempo, in ogni tempo e ancor oggi, e rimane immutabile; non ha principio, non ha fine, non diviene né si corrompe, non cresce, non diminuisce; in nessun modo e in nessun luogo è soggetto a mutamento; eterno, creato, non conosce mutazione, confusione, confine; è lui che tutto volge verso il meglio, come vuole, e al tempo stesso permette, alle cose che vi sono soggette, che degradino verso il peggio. E’ lui che sostiene tutto ciò che ha inizio e si trasforma; infatti il principio è una forma di mutamento. E siccome ogni creatura è soggetta a mutamento, visibile o invisibile, sensibile o sottratta ai sensi, razionale e priva di ragione, soltanto la natura razionale, in quanto padrona di sé, volontariamente e con le sue forze si volge al peggio o al meglio, o aderendo alla volontà di Dio, dalla quale dipende l'incessante progresso, l'indirizzo e la via che conduce al meglio, oppure opponendosi alla volontà di Dio, e, poiché si allontana da lui, giustamente cade e miseramente precipita verso il peggio.

Sono due le essenze razionali create da Dio: la prima è quella degli angeli incorporei, la seconda quella degli uomini composti di materia: nessuna di queste si mantenne obbediente a colui che è il suo creatore e, per natura, il suo Signore, ma lo stesso celeste principato degli angeli incorporei, che furono creati per primi, per primi contrassero il morbo della ribellione a Dio. Quanti dunque degli angeli seppero rimanere superiori a questo male sono luce, e di luce sono sempre inondati, e la loro luce si accresce sempre più, beatamente muovendosi nella loro orbita innata, e nella gioia danzando intorno alla Luce prima, ad essa sempre - rivolgendo - sguardo, da essa illuminati senza intermediario; incessantemente cantano inni alla sorgente della luce, inviando la grazia a quelli che da un luogo inferiore sono illuminati, come ministri della luce.

Al contrario Satana, colui che si ribellò e rinnegò il comando di Dio, precipitando dalla luce cadde nella tenebra, e a tenebra eterna fu condannato, vaso di tenebra, fabbro di tenebra, e divenne autore e ministro di tenebra, prima per sé e per gli angeli che con lui si ribellarono, e poi, oh sciagura!, anche per noi che nel paradiso siamo stati sleali con Dio e a Satana abbiamo prestato fede. Tutti questi angeli sono tenebra in se stessi e non soltanto partecipi di essa; sono principio e pienezza di disobbedienza, radice amara e fonte di ogni peccato, soprattutto per aver incitato noi al peccato. Essi portano su di sé un peccato imperdonabile, e senza freni danzano anch'essi verso una tenebra sempre più buia, avanzando a loro danno, incapaci di ritornare alla luce di ogni natura spirituale. Ma per noi, che non spontaneamente ci siamo volti verso il male, il castigo educativo di Dio, per la sua misericordia, è differito: se infatti siamo stati condannati alla morte, ci è stato concesso di ottenere un lungo tempo per la conversione, il tempo che Adamo visse dopo la disobbedienza e che a ciascuno di noi è dato di vivere.

Da qui chiaramente è dimostrato che non dobbiamo disperare della salvezza e che non esiste affatto motivo per abbandonarci alla disperazione. Tutta la nostra vita infatti è tempo di conversione, poiché Dio, come sta scritto, non vuole la morte del peccatore, ma vuole che si converta e viva. Perché infatti alla disobbedienza non seguì immediatamente la morte? O perché anche noi peccatori non siamo stati allontanati dalla vita, se non ci fosse speranza di conversione? E dove c'è speranza di conversione, non c'è posto per la disperazione.

Anche il figlio di Adamo, Abele, subito, fin dal principio, ricevette da Dio la testimonianza che era gradito e accetto ai suoi occhi. E poco tempo dopo la nostra caduta, Enoch sperò di poter invocare il Signore. Enoch non solo fu caro a Dio, ma da Dio fu anche trasferito in cielo, divenuto chiara testimonianza della compassione di Dio per noi che siamo caduti. Ma ci fu di nuovo una messe di peccato, e di nuovo Dio volse i suoi occhi lontano dalla nostra stirpe, e fummo giustamente abbandonati al diluvio universale, ma, di nuovo, non fu assoluta l'ira, né la condanna ignorò la clemenza: avendo Dio trovato giusto Noè nella sua generazione, come una seconda radice della nostra stirpe, miracolosamente lo preservò.

Nella sua provvidenza Dio amputò la natura umana, folle nella materialità delle sue passioni, ma non la stroncò, né, ignorando la misericordia, la strappò dalle radici. Dopo Noè, Abramo apparve fedele e caro a Dio, quando gli fu richiesta la testimonianza; e così il figlio di lui, Isacco, e il figlio di Isacco, Giacobbe, e i patriarchi che da Giacobbe discesero, ai quali fu dato l'annuncio e la promessa di una misericordia più grande e di un amore per gli uomini che a forza avrebbe vinto i nostri peccati: lui, il grande pastore, dalla santità dei cieli sarebbe disceso alla ricerca della pecora smarrita. Vennero successivamente legislatori, giudici, re, dalla cui discendenza, come fu chiaramente annunziato, sarebbe venuto, nella carne, Cristo.

Ora Cristo è venuto ed è apparso, lo stesso che in principio ci creò, il Verbo di Dio che precede il tempo, fatto come noi per noi, per riplasmare, in una seconda creazione, noi, invecchiati e logorati dal peccato; poiché infatti spontanea era anche la nostra contrizione, con sapienza e amore egli opera il nostro rinnovamento facendosi uomo nel grembo di una vergine, dando compimento a tutto il mistero della salvezza. Egli ci dà forza, attraverso la sua unione con noi, perché possiamo risalire, aprendoci con il suo modo di vivere la via verso il cielo e mostrandocela col suo insegnamento.

E siccome i contrari si curano con i contrari, noi, che fummo condannati alla morte per i maligni consigli del maligno, dai buoni consigli del Buono di nuovo riprendiamo a vivere. Il maestro di morte è portatore di piacere, di gloria, di mollezza, cose che ammaliano e trascinano in basso la nostra stirpe; il maestro della vera vita ci precede mostrandoci il cammino, e, per una via stretta e aspra, ci guida lassù, verso la vita.

Dice: Affrettatevi a entrare per la porta stretta. Stretta e aspra è la via che conduce alla vita, ampia e facile quella che conduce a perdizione; e, altrove, più chiaramente, allontanandoci dalla via della perdizione, dice: Guai ai ricchi, guai a coloro che sono sazi, guai quando tutti gli uomini diranno bene di voi, inveendo con queste parole contro gli amanti della gloria, dei piaceri e del denaro. E ancora: Non accumulate per voi tesori sulla terra, e: Badate che mai i vostri cuori siano appesantiti nella crapula, nell'ubriachezza e nelle cure della vita e: Come potete aver fede, voi che ricevete gloria dagli uomini, e non cercate la gloria che viene da Dio solo? Con tali parole egli vi strappa dalla via che conduce alla morte; e in un altro passo di nuovo fa manifesta la via che conduce alla vita con le beatitudini: Beati i poveri. Beati i misericordiosi. Beati i perseguitati per causa della giustizia, e: Vendi quello che hai e dallo ai poveri, e avrai un tesoro in cielo, e: Chiunque avrà lasciato casa o campi, o qualche altro bene di questa terra a causa mia e dell'evangelo, riceverà il centuplo, ed erediterà la vita eterna.

E si raccolse su questo pensiero, così da dichiarare l'ira pari all'assassinio, sottoponendola alla medesima condanna, e dicendo che colui che passava dall'ira all'insulto meritava il fuoco della geenna. E la mitezza, non solo la considerò causa di beatitudine, ma la ritenne degna di grandissimi premi. Condannò l'intemperanza al punto di chiamare adulterio anche lo sguardo voglioso e troppo attento . E colui che cerca la purezza, non solo lo disse beato, ma assicurò che avrebbe avuto la visione di Dio. E non disse forse esecrabile lo spergiuro, così da proibire anche il giuramento e da affermare che, oltre al "sì" e al "no", tutto proviene dal maligno? Dice: Il vostro parlare sia sì, sì, no, no; il di più viene dal maligno.

Qual è lo scopo di questa ripetizione? Quello che a parole diciamo, "sì" o "no", concordi con quello che facciamo; e così il "sì" sarà "sì", e il "no", "no". Altrimenti il "sì" sarà "no", e il "no" "sì", cosa che è manifestamente propria del diavolo; questi infatti, quando dice il falso, parla del suo e non vi è verità in lui. Ma quanto da noi è detto e fatto, Dio lo ha riunito e circondato nella verità, ponendo intorno alla nostra vita una barriera di giustizia, purezza, mansuetudine. E come ci ammonisce di comportarci nei confronti di coloro che si adirano contro di noi, e con parole e opere ci contrastano e ci aggrediscono? Dice: Vinci con il bene il male e lascia fare all'ira. Non opporti al malvagio, non contraccambiare il male col male o insulto con insulto, ma amate i vostri nemici, benedite coloro che vi maledicono, fate del bene a quanti vi odiano, e pregate per coloro che vi oltraggiano e vi perseguitano. Qual è il fine di questa vita che si conquista con la violenza, e qual è il premio di queste lotte? Che diventiate - dice - figli del Padre vostro che è nei cieli, eredi di Dio, coeredi di Cristo, e possiate avere una vita immortale, conquistare un regno ineffabile, un regno di quiete eterna, e possiate vivere regnando insieme con Dio nei secoli senza fine. Vedete che cosa è la via stretta e aspra? E per quale motivo ci sia richiesta, e a quale gloria e guadagno conduce colui che ha scelto di camminare su di essa?

Se qualcuno ti promettesse una lunga vita, purché tu gli obbedissi, non ti sottometteresti volentieri alla sua obbedienza, a meno che non ti richiedesse cose impossibili? E se aggiungesse alle sue promesse anche salute, gioia e piacere, lunghi quanto la vita, a che cosa non ti sottoporresti per questo? E se aggiungesse anche un regno, un regno senza guerre e senza offese, insieme a una vita lunga e libera da malattie, non metteresti le ali, e non riterresti leggero ogni peso che conduce a quel regno, nutrendoti di speranze e godendo del bene sperato come se fosse presente, se pensassi che dice la verità? E noi, che desideriamo una lunga vita, non terremo conto della vita eterna? E un regno che, anche se grande, tuttavia ha un termine, una fama e una letizia che, anche se grandi, tuttavia sfioriranno, e una ricchezza che con questa vita si dissolverà, noi questo brameremo e per questo ci logoreremo, e non ci metteremo invece alla ricerca dei beni eccelsi e non commisti e senza fine, e non sopporteremo neppure una piccola violenza per avere quelli in eredità? Eppure ci siamo proposti un regno senza guerre, che non può realizzarsi sulla terra, e una vita senza dolori, che non si può trovare, se non nei cieli. Chi dunque ha questo desiderio, corra verso il cielo; e, facile o aspra che sia la strada che ad esso conduce, su di quella cammini, rallegrandosi nella speranza e sopportando la sofferenza.

Voi tutti conoscete gli scopi per i quali gli uomini affrontano fatiche e morte. Il soldato, non si espone forse, per un magro stipendio, a rischi irrimediabili e a stragi? Non forse per un modesto guadagno il mercante non tiene conto dei pericoli del mare, dei venti e delle aggressioni di uomini selvaggi, per terra e per mare? Non forse per un tozzo di pane spesso molti uomini diventano schiavi di padroni disumani? E noi non vorremo servire al Signore la cui natura è l'amore per gli uomini? Non ci esporremo al rischio della vita? Non abbandoneremo il superfluo dei nostri averi, per acquistare la ricchezza celeste? Non sopporteremo il disprezzo degli uomini, uomini per lo più dappoco, per ottenere la gloria divina, scambiando la gloria mortale con la gloria immortale? Non saremo disposti a soffrire per un po' la fame e la sete, per poter mangiare il pane di vita disceso dal cielo e bere dell'acqua viva, di cui chi è degno non avrà più fame né sete in eterno. Non purificheremo l'occhio della nostra anima, astenendoci da ogni sozzura della carne e del pensiero, per vedere quello splendore che supera il sole e per diventare figli di quello splendore e luce noi stessi" attraverso la partecipazione, noi che possediamo il Verbo della vita?

Non anteponiamo, o fratelli, vi prego, la tenebra alla luce, il diavolo a Dio, il piacere, servitore della morte e della geenna, e il guadagno ricco di morte alla ricchezza dell'amore; la materia della fiamma che eternamente brucia coloro che malamente si arricchirono, come ci insegnò il Signore con la parabola del ricco, alla gioia divina e perpetua, ma viviamo come lui visse, spiegò e insegnò, fatto simile a noi. Prendiamo la nostra croce e seguiamolo, crocifiggendo la carne con le sue passioni e i suoi desideri, per essere con lui glorificati e con lui risorgere, e, dopo la risurrezione, essere fatti salire presso di lui, come egli stesso è asceso. Oggi è stato assunto presso il Padre, mentre stava in mezzo ai discepoli, come dice Luca, o piuttosto manifestandosi, come scrive Marco; infatti non si presentava allora, quando apparve, ma sempre era in mezzo a loro, e si manifestava chiaramente, quando voleva. Stando dunque oggi in mezzo ai suoi discepoli, diede loro il mandato di diffondere l'annuncio, e donò la promessa dello Spirito e quella di essere con loro fino al compimento dei tempi; dopo queste parole alzò le mani, li benedisse, e sotto i loro occhi fu elevato in alto, dimostrando che anche coloro che gli obbediscono, dopo la risurrezione, saranno elevati in alto, presso Dio.

Si separò dunque da loro con il corpo, ma con la divinità era in mezzo a loro. Secondo quanto aveva loro annunciato, sedette alla destra del Padre con il nostro corpo. Come dunque Cristo visse e uscì dalla vita, risuscitò e ascese al cielo, così anche noi seguiamo una vicenda di vita e di morte, e risorgeremo tutti; non tutti otterremo di essere assunti in cielo, ma quelli per i quali la vita è Cristo e il morire per lui un guadagno. Essi, prima di morire, crocifissero il peccato attraverso la conversione e la vita secondo l'evangelo; questi soli infatti dopo la risurrezione, che sarà di tutti, saranno assunti, tra le nubi, nel cielo, per incontrare Cristo.

Anche lui, mentre veniva assunto in cielo, fu nascosto da una nube, come raccontò Luca negli Atti degli apostoli. E noi, come gli apostoli, che dopo l'ascensione lo vedevano non sensibilmente, ma con gli occhi dell'anima, prostrandoci davanti a lui, possiamo trovare pace, pace nutrendo in noi e tra di noi. "Gerusalemme" infatti viene interpretato come "pace"; e raccogliendoci nella parte più alta della nostra mente, qui rimanendo e pregando, purifichiamoci dei pensieri dettati dalla passione e dalla terra. Così otterremo anche la venuta del Paraclito, e in spirito e verità adoreremo il Padre e il Figlio e il Santo Spirito, ora e sempre, nei secoli dei secoli. Amen.

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