Fate ogni cosa per la gloria di Dio (1Cor. 10, 31)

Lo scopo finale della musica non deve essere altro che la gloria di Dio e il sollievo dell'anima (Johann Sebastian Bach)

lunedì 23 dicembre 2013

Lettera Pastorale di Natale dell’Arcivescovo Job di Telmesso

LETTERA PASTORALE DI NATALE
dell’Arcivescovo Job di Telmesso, Esarca del Patriarca ecumenico,
al clero, ai monaci e ai fedeli
dell’Arcivescovado delle chiese ortodosse russe in Europa occidentale

«Ti sei conformato, o Cristo , a ciò che era inferiore, fatto di argilla, Tu che con la tua partecipazione a una carne misera, gli hai comunicato qualcosa della natura divina, divenendo uomo, pur rimanendo Dio, Tu che hai sollevato la nostra fronte, Signore, Tu sei santo» (3° ode del primo canone della festa).

Cari Padri, Fratelli e Sorelle amati in Cristo !

E in questi termini che san Cosma di Maiuma, autore del primo canone cantato al Mattutino della luminosa festa di oggi, ci ricorda che l’evento celebrato è profondamente legato alla creazione dell’uomo e allo scopo della nostra esistenza secondo quanto era stato previsto dalla Divina Provvidenza da tutta l’eternità. Infatti, fin da principio, Dio ha creato l’essere umano affinché partecipasse alla vita divina. Secondo il libro della Genesi, l’uomo è stato creato a immagine e somiglianza di Dio (Gn 1, 26-27). Commentando questo passaggio dal primo libro dell’Antico Testamento, sant’Ireneo di Lione ci spiega che «l’immagine di Dio è il Figlio (Col 1, 15), a immagine del quale l’uomo è stato fatto. Per questo motivo, negli ultimi tempi, si è manifestato per far comprendere che l’immagine era simile a lui» (Predicazione degli apostoli 22). Tuttavia, Cristo ha impresso sulla nostra persona non solo l’immagine di Dio, ma anche la capacità di divenire a vera somiglianza di Dio, capacità che ci permette di raggiungere il fine ultimo della vita umana, che non è solo l’affrancarsi dal peccato, ma anche la partecipazione alla vita divina.

Così, il desiderio di comunicare con la vita divina e di «diventare dio» non è in sé né una follia, né un peccato, dacché voluto dal Creatore stesso, a condizione che questo si realizzi «per grazia» e che si compia secondo la volontà di Dio e non secondo la volontà egoista ed orgogliosa dell’uomo. Secondo san Simeone di Salonicco, il peccato dell’uomo non ha tradito lo scopo della nostra esistenza, ma il modo in cui doveva essere realizzato, per il fatto che siamo stati «sedotti dal desiderio di essere uguali a Dio, aspirando a diventare immortali e dèi prima del tempo», vale a dire prematuramente, prima dell’Incarnazione del Verbo di Dio, tramite il quale «noi siamo ora risollevati e viviamo, e partecipiamo ai doni di Dio e siamo dèi». Dunque «il nostro desiderio di diventare dèi trasgredendo il comandamento fu una follia, perché era impossibile per noi, creature, diventare degli dèi», ma grazie all’Incarnazione del Verbo di Dio, che noi celebriamo in questo giorno, la nostra salvezza e lo scopo della nostra esistenza si sono realizzati, questo perché «Lui si è intimamente unito a noi attraverso colei nella quale Egli fu fatto per noi ed è morto per noi nella carne, cosa che costituì l’apice della sua bontà, e tramite la sua morte, ci ha donato l’immortalità e la gloria della divinità» (De sacra Liturgia 99, PG 155, 297D - 300A).

La festa di oggi reclama la sua importanza e mantiene tutta la sua attualità. Non è solo la memoria di un evento storico del passato, ma la celebrazione ininterrotta dell’economia divina volta alla salvezza di ciascuno di noi. Ora, come scrive san Nicola Cabasilas, «il piano dell’economia è stato disposto proprio per gli uomini. In questo caso Dio non si è accontentato di comunicare un qualsiasi bene alla natura umana, mantenendo per sé la parte migliore, ma Egli ha infuso in essa tutta la pienezza della divinità stessa (Col 2 , 9), tutta la ricchezza della sua stessa natura» (La vita in Cristo, I , 28-29).

Festeggiare la Natività di Cristo implica per noi oggi una risposta e un atteggiamento responsabile da parte nostra a respingere il male, il peccato e ogni spirito di divisione, al fine di unirci intorno al Cristo, nella sua Chiesa che è il suo Corpo, attraverso la celebrazione dei santi misteri. Come ci ricorda Cabasilas, «essere uniti al Cristo è possibile a tutti coloro che passano attraverso tutto ciò per cui è passato il Salvatore, provando tutto ciò che ha provato e divenendo tutto ciò che egli è divenuto. Egli, quindi, ha unito a sé una carne e un sangue puro da ogni peccato, essendo egli stesso Dio per natura fin dal principio, ha deificato ciò che è divenuto in seguito, ossia la natura umana. Infine è anche morto a causa della sua carne ed è risuscitato. Chi vuole unirsi a Lui deve dunque prendere parte della sua carne, partecipare alla sua divinizzazione e condividere la sua sepoltura e risurrezione» (La vita in Cristo, II, 2).

Tutto questo è divenuto possibile grazie all’Incarnazione di Dio e ai sacramenti della Chiesa che la continuano ed attualizzano. È grazie a Colui che è nato a Betlemme per la nostra salvezza che noi possiamo elevarci dalla nostra bassezza umana, colmare le lacune della nostra piccolezza, al fine di ereditare grandi promesse e realizzare pienamente lo scopo della nostra esistenza. Perché, come ci esorta e ci ricorda il santo apostolo Pietro: «La sua potenza divina ci ha donato tutto ciò che riguarda la vita e la pietà: ci ha fatto conoscere Colui che ci ha chiamati attraverso la sua propria gloria e virtù. Tramite queste, le più preziose, le più grandi promesse ci sono state date, affinché voi diveniate partecipanti alla natura divina, dopo avervi strappato alla corruzione che è nel mondo, nella concupiscenza. Per lo stesso motivo, applicate tutto il vostro zelo per aggiungere alla vostra fede la virtù, alla virtù la conoscenza, alla conoscenza la temperanza, alla temperanza la costanza, alla costanza la pietà, alla pietà l’amore fraterno, all’amore fraterno la carità» (2 Pt 1, 3-7).

Cari Padri, Fratelli e Sorelle amati in Cristo, è per questo motivo che in questo giorno di festa vi esorto, a mia volta, a salvaguardare l’unità del corpo ecclesiale e a coltivare nel vostro cuore l’amore di Dio e del prossimo. In questa stessa occasione Vi porgo i miei migliori auguri per la Natività di Cristo e il nuovo anno, implorando su voi tutti le benedizioni di Dio, nel desiderio che «il Dio della pace vi santifichi interamente, e il vostro intero essere, mente, anima e corpo, si conservi irreprensibile per la venuta del Signore nostro Gesù Cristo» (1 Tess 5, 23).

+ Job, Arcivescovo di Telmesso, Esarca del Patriarca ecumenico
Parigi, Cattedrale di Sant’Alessandro della Neva
25 dicembre 2013 / 7 gennaio 2014.

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