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Lo scopo finale della musica non deve essere altro che la gloria di Dio e il sollievo dell'anima (Johann Sebastian Bach)

mercoledì 10 dicembre 2014

San Germano I Patriarca di Costantinopoli (715 - 730)

di Peter Plank, “Der Christliche Osten” 1985 / 1

Quando verso l’anno 725 si scatenò il terribile iconoclasmo nell’Impero bizantino - che doveva durare più di un secolo senza concedere tregua alla Chiesa, al governo, alla nazione e ai cittadini - sedeva sulla cattedra della capitale un uomo che all’inizio di questa lotta fu costretto a cedere dovendo arrendersi davanti al potere dei suoi vigorosi avversari, ma che alla fine vinse grazie al suo comportamento giusto e pio e alla sua fede incrollabile. Le sue potenti preghiere, i suoi pensieri e i suoi lavori non hanno perso fino ad oggi la loro efficacia.

San Germano era un distinto teologo che nelle sue opere si dedicava particolarmente alla venerazione della Santissima Vergine e Madre di Dio. Le sue allocuzioni ai suoi fedeli di quel lontano periodo hanno ancora oggi la forza di edificare colui che le ascolta. I suoi commenti della Divina Liturgia - come egli e la sua Chiesa la celebravano e celebrano ancora oggi - sono rimasti la base delle opere di quasi tutti i teologi ortodossi fino al tempo presente e spiegano ai loro fratelli nella fede il mistero sacro della Divina Liturgia e come avvicinarsi ad esso.
Molti inni, composti da San Germano alla gloria di Dio e delle sue opere di salvezza, sono per la Chiesa così preziosi che essa li canta ancora oggi nelle preghiere ufficiali durante l’anno liturgico.  I suoi contemporanei, magari, ammirano in lui il grande gerarca - responsabile della politica della Chiesa che ha osato resistere anche all’Imperatore con forza, ma senza fanatismo cieco quando egli (l’imperatore) cominciò a aggredire la vera fede e la giusta venerazione di Dio trasmessa dai santi Padri. Secondo il parere della moderna antropologia, San Germano doveva essere già in giovane età un uomo finito esausto fisicamente e psichicamente.

La vita di San Germano

San Germano dev’essere nato fra il 650 e il 660, rampollo di una delle più importanti famiglie di Costantinopoli che annoverava fra i suoi antenati anche degli imperatori. Proprio questo doveva essergli fatale. Il giovane Germano era forse giunto alla pubertà quando l’imperatore Costantino IV, nel suo timore di perdere il potere e il prestigio, fece assassinare il padre di Germano, il patrizio Giustiniano ed evirare il povero Germano, per allontanare questa famiglia una volta per sempre dall’accesso al trono.

Come poteva un uomo giovane superare queste esperienze terribili senza danni per l’anima e per il corpo? Sembrava un primo intervento di Dio nella vita di Germano che le sue forze non crollassero, che egli non disperasse, recuperando la forza di vincere in se stesso ogni sentimento di rancore e di odio per rendere la sua vita piacevole a Dio e di grande utilità per gli uomini.

Diventò membro del clero della Aghia Sofia. In questo stato, che egli non scelse, riuscì a condurre una vita pia, rinforzando il suo spirito attraverso gli studi. Rispettato ed ammirato da tutti percorse tutte le tappe della carriera ecclesiastica. Due avvenimenti furono per lui certamente di grande esperienza ed importanza: il sesto concilio ecumenico nel 680 e il cosiddetto Concilium Trullanum nel 692, i cui canoni hanno caratterizzato il diritto canonico dell’Ortodossia di tradizione bizantina. Certamente infatti era tra il clero quando il suo parente, l’Imperatore Giustiniano V apriva il concilio.

Se e come egli abbia eventualmente partecipato alle discussioni, non lo sappiamo. Del resto, nonostante la sua nobile origine, Germano non fece una carriera lampo. Era chierico da circa 35 anni quando, verso l’anno 705, fu nominato metropolita di Kizykos e consacrato. Kizykos in Asia Minore era la quinta sede nella lista delle eparchie del patriarcato.

In questa qualità partecipò nel 712 a un sinodo di vescovi di Costantinopoli. L’imperatore Philippikos esercitava allora una dura pressione sui padri sinodali, obbligandoli a sottoscrivere una dichiarazione che non corrispondeva con la vera fede. Vi si sosteneva che Cristo avrebbe avuto una unica volontà. La volontà divina in Lui non avrebbe lasciato spazio al volere umano. Questa teoria eretica, in ultima analisi nega la perfetta incarnazione di Dio in Gesù e si chiama monotelismo. Il fatto che Germano cedette alle pressioni e sottoscritto tale dichiarazione, getta un’ombra sulla sua personalità Ma non fu l’unico santo che allora mostrò questa debolezza.

Anche il vescovo Andrea di Creta, autore del celeberrimo canone penitenziale, col quale ancora oggi i fedeli ortodossi esprimono il loro dolore e il loro pentimento per i loro peccati nel periodo della Grande Quaresima, non trovò la forza di resistere all’imperatore.  A Philippikos la sua durezza eretica fu fatale: fu presto accecato e deposto nel 713. Del resto, né imperatori né alti funzionari dell’impero rimanevano molto tempo nelle loro cariche e dignità, una instabilità pericolosa che teneva anche la Chiesa in stato di agitazione e di insicurezza. Così probabilmente Germano non accettò con gioia la notizia secondo la quale si desiderava lui come Patriarca. In effetti, appena terminati i festeggiamenti per la sua intronizzazione; rivolte, guerre ed intrighi per conquistare il trono facevano cadere di nuovo l’impero nell’anarchia.

Il nuovo patriarca riuscì in modo miracoloso a convincere le parti in lotta - grazie ai suoi intelligenti suggerimenti e consigli - a desistere da posizioni insostenibili ed ottenne grazie alla sua saggezza il ripristino della pace. Riuscì a superare l’insicurezza nelle questioni della fede con un sinodo di vescovi ben frequentato nel 716, che di nuovo rifiutò categoricamente il monotelismo. Il 25 marzo 717, festa della Santissima Annunciazione, in occasione dell’incoronazione dell’imperatore Leone III, San Germano mise fine alle lotte per il trono che duravano da più di due decenni. Appena terminata la grande confusione interna, ecco che nemici dall’esterno minacciavano Costantinopoli seminando paura e panico. Dal 15 agosto 717 fino al 15 agosto 718 una potente flotta araba minacciava dal mare la città di Costantinopoli.

Quando gli Arabi, esattamente dopo un anno, proprio alla festa della Dormizione della Madre di Dio, tolsero il blocco, per il vescovo e per il popolo questa salvezza sembrò una fatto miracoloso dovuto all’intervento della Santa Vergine. Per ringraziare e ricordare l’avvenimento, San Germano ordinò che ogni anno alla festa della Santissima Annunciazione il 25 marzo, il giorno dell’incoronazione dell’imperatore Leone, si cantasse il famoso inno Akathistos, al quale egli faceva precedere il seguente Tropario che ancora oggi lo ricorda:

“Alla conduttrice dell’esercito, che combatté per noi, io, tua città, dedico questo canto di ringraziamento come premio della vittoria; Tua è la forza che tutto vince, liberami da ogni pericolo affinché acclami verso di Te: sii salutata O Vergine Sposa”.

Alla festa di Natale dello stesso anno San Germano battezza il figlio e successore di Leone. Il cronista Teofane ricordava che il bambino fece i suoi bisogni nel battistero durante la funzione del battesimo e in questo modo già faceva intendere ciò che la Chiesa doveva aspettarsi da lui. Poco dopo si scatenò l’iconoclasmo, che proprio sotto Costantino V doveva raggiungere il suo apice. I primi bagliori si manifestarono all’orizzonte quando il califfo Yazid II (720 - 724) nell’anno 721 impose l’interdizione alla venerazione delle immagini - che ha potuto introdursi tra la fine del 7° secolo e l’inizio dell’8° nel mondo islamico - anche ai cristiani che vivevano nel suo regno.

Poco dopo due vescovi, Costantino di Nakoleia e Tommaso di Claudiupolis, facevano parlare di loro perché si esprimevano contro la venerazione delle sacre immagini. Si è sempre sospettato che dietro l’iconoclasmo bizantino vi fosse un influsso giudaico e arabo - mussulmano. Anche il fatto che la sede vescovile di Tommaso era in Isauria, nel patriarcato d’Antiochia - che allora apparteneva già al dominio arabo - indicava in questa possibilità. Germano conosceva bene Tommaso che durante un certo periodo soggiornò a Costantinopoli discutendo con lui sull’interpretazione delle Sacre Scritture.

Germano inviò ai suoi confratelli lettere di ammonizione. Ma dato il fatto che l’imperatore Leone si manifestava dello stesso parere dei due vescovi nemici delle immagini sacre, Germano non ebbe successo. La serietà della situazione diventò palese in un batter d’occhio quando soldati, a nome di Leone, distrussero l’icona di Cristo sulla porte di Chalke del palazzo imperiale scatenando così una rivolta sanguinosa. La popolazione di Hellas e delle isole Cicladi, affatto d’accordo con la politica religiosa, arrivò al punto di proclamare un contro-imperatore, un certo Kosmas, che con un esercito proprio marciò verso la capitale davanti alla quale la rivolta fallì miseramente.

Molto presto si doveva constatare che l’imperatore Leone non era solamente nemico delle immagini sacre, ma si manifestò anche nemico della venerazione dei santi e delle sante reliquie. Né lui né i suoi compagni comprendevano che nella rappresentazione iconografica si manifesta l’immagine-prototipo e che la venerazione verso l’immagine viene attribuita al prototipo. Ugualmente non volevano capire che Dio stesso è meraviglioso nei suoi santi (Salmo 67, 36 - LXX) e che Dio, incarnato in Cristo, è del tutto descrivibile e rappresentabile. In questo conflitto iconoclastico si rivelava una crisi profonda di fede biblica e di pensiero platonico che in questo punto convergevano del tutto.

L’aperta frattura fra imperatore e patriarca diventò ormai inevitabile. Non trovando veri motivi, l’imperatore cercava di ricorrere a metodi disonesti tentando di far figurare il nostro santo come traditore e cospiratore. Per raggiungere i suoi scopi l’imperatore cercò di isolare il patriarca dal proprio ambiente. Se si deve credere al cronista Teofane, uno dei più stretti collaboratori del patriarca, il protosincello Anastasios, si prestava come strumento di una vergognosa cospirazione senza scrupoli contro il patriarca. Per i suoi servizi ignobili gli fu promessa la successione sulla cattedra di Costantinopoli. Al patriarca tutte queste cospirazioni non sfuggirono, ma questa volta né la veneranda età né la pressione o il terrore piegarono il santo.

Quando il 17 gennaio 730 si cercò di nuovo di obbligarlo a mettere la sua firma sotto un testo eretico e il santo vide chiaramente che ogni argomentazione o preghiera erano rimaste vane, egli scosse decisamente la polvere dai suoi piedi per non finire una seconda volta in una situazione ambigua, creando in questo modo confusione nel gregge di Cristo. Il patriarca abdicò e si ritirò nella casa paterna, a Platanion per finire lì la sua vita in pace.

Le conseguenze per la Bisanzio cristiana furono tremende. Già il 22 gennaio Atanasio, devota creatura di Leone, fu consacrato vescovo ed intronizzato. Papa Gregorio II di Roma non gli concesse la comunione. (Era una antichissima pratica fra i 5 patriarcati che componevano la Chiesa di Cristo che ogni volta che un nuovo patriarca era eletto su una delle 5 sedi primaziali - Roma, Costantinopoli, Alessandria, Antiochia e Gerusalemme - il neo eletto scrivesse le lettere ireniche agli altri 4 patriarcati. In questa missiva il neo eletto confessava la vera fede ortodossa e in base a questa gli altri 4 patriarchi gli concedevano la loro comunione ecclesiale. Se la lettera non rispecchiava in tutto la vera fede cattolica e apostolica, i patriarcati erano liberi di non ammetterlo alla comunione di fede. Ugualmente il riconoscimento poteva essere negato se l’elezione del nuovo patriarca non si fosse svolta in modo regolare come nel caso di Atanasio, e per questo Roma non diede il suo placet.

Questa antichissima tradizione dello scambio delle “lettere ireniche”, che tutti i titolari delle 5 sedi primaziali dovevano scrivere chiedendo la comunione delle altre 4 sedi, è ancora una volta una prova lampante che la Chiesa di Cristo, una, santa, cattolica ed apostolica, si governava fin dall’inizio in modo sinodale, e che questo antico governo della Chiesa è del tutto contrario a quella forma dittatoriale che la Chiesa di Roma impose alla Chiesa d’Occidente dalla fine dell’ottavo secolo, quando fra Roma e il nascente Impero dei Franchi si stabilì una specie di matrimonio politico in cui i Papi di Roma consolidarono il nascente potere della Chiesa di Roma nei confronti del nuovo Impero e delle altre Chiese.

Questa politica riuscì perfettamente in Occidente, mentre la Chiesa orientale, culla del cristianesimo, ha saputo mantenere le dovute distanze da queste tendenze egemonistiche sia per la fedele custodia della tradizione apostolica e post-apostolica, sia per il suo impegno a resistere al potere islamico). L’episcopato dell’Impero rimase muto. Furono commesse delle azioni di una barbarie inaudita verso gli abitanti, le chiese, i santuari e tutti i beni culturali e queste onde di persecuzioni devastarono l’intero paese fino all’anno 843.

L’anno della morte di Germano rimane sconosciuto, mentre la data della sua nascita al Cielo, il 12 maggio, rimane la stessa in tutta la tradizione bizantina fino ad oggi. Il suo corpo fu sepolto nel monastero di Chora (il suo nome turco di oggi è Karye Camii). Nel 1204 i crociati latini ne rubarono il corpo e lo portarono nel sud della Francia a Bort-Les-Orgues.

Uomini barbari, accecati dal fanatismo, uguali alla gente di Leone e di Costantino dell’8° secolo, bruciarono il corpo del santo durante la rivoluzione francese sulla piazza del paese. I resti che sono rimasti si trovano ancora nel tesoro della chiesa di questa cittadina di 6.000 anime che ancora oggi celebrano il patrono del loro paese, San Germano; ogni anno il 6 luglio.  Un certo sinodo di iconoclasti, riunitosi a Costantinopoli nel 754, dichiarò San Germano “eretico”. Il secondo concilio ecumenico di Nicea dell’anno 787, un concilio che come ultimo vide Occidente ed Oriente ancora uniti  riabilitò pienamente San Germano a “perpetua memoria”!

Dalle opere letterarie di San Germano

La personalità e la squisita spiritualità di San Germano rimangono vive in questo mondo attraverso la sua eredità letteraria. Purtroppo fino ad oggi mancano le traduzioni di tante sue opere. Vorremmo perciò presentarne alcuni estratti che rappresentato i contenuti più importanti delle sue opere teologiche e le forme letterarie in cui esse sono state concepite.

Dal commento della Divina Liturgia

L’introito del vangelo indica l’apparizione e l'entrata del Figlio di Dio nel mondo. Quando Egli, Dio-Padre, introduce il primogenito del mondo, egli dice: “Tutti gli angeli di Dio L’adorino” (Eb. 1,6)

Il vescovo allude col suo paramento al vestito rosso e macchiato di sangue della carne di Cristo (Isaia, 63, 1), che l’Immateriale portava, di color purpureo dal sangue immacolato della Madre di Dio e sempre Vergine, colui che prese sulle spalle la pecorella smarrita (Lc. l5, 15), l’antico vello dell’Adamo-argilla, il buon pastore (Gv. 10, 11) che pascola Israele con la verga della sua croce. È avvolto in fasce, ma non posto nel presepe di animali senza ragione, ma sulla tavola di uomini dotati di ragione. A Lui cantano gli eserciti degli angeli e gridano: Gloria a Dio nell’alto dei cieli e pace sulla terra fra gli uomini che Egli ama”.

E tutta la terra lo adora (Ps. 65, 4). E tutti risposero: Venite adoriamo e prosterniamoci davanti a Lui (Ps 95, 1). Salvaci, Figlio di Dio. E noi annunciamo la sua apparizione che ci fu rivelata nella grazia di Gesù Cristo, nostro Dio.

Della lettura dell’Apostolo

L’apostolo è testimone e servo di Cristo, esclama ed annuncia il regno di Cristo, dicendo: Cristo, che è venuto come Gran Sacerdote dei beni futuri (Eb. 9, 11), è Lui il nostro Gran Sacerdote che ha attraversato i cieli, rimaniamo fedeli alla confessione di Lui (Ebr 4,1) Con Lui chiama anche San Giovanni Battista (Gv. 1, 27) Chi viene dopo di me è l’Agnello di Dio che toglie i peccati del mondo (Gv. 1, 29). Lui stesso ci santificherà nello spirito e nel fuoco. (Mt. 3, 11) ed egli sarà in mezzo a voi (Gv. 1, 26).

Cosa significa l’Alleluia

È Davide che proclama l’Alleluia e dice: “Dio pubblicamente viene, Dio nostro” e altrove: “Apparvero i raggi di splendore (degli evangelisti) sulla terra. Perché nella lingua ebraica l’AL significa: egli viene, egli appare. L’EL significa DIO, l’UIA vuole dire, lodate il Dio Vivente

Dell’incenso

Il turibolo significa l’umanità di Cristo, il fuoco la divinità, il fumo il profumo di buon odore che precede lo Spirito Santo.

Del Vangelo

Il Vangelo è l’apparizione del Figlio di Dio, secondo la quale Egli diventò visibile perché non ci parlava più attraverso le nubi in enigmi, come una volta a Mosè attraverso voci, lampi e tuoni nel buio e nel fuoco sulla montagna (Es. 19, 16 e Eb. 12, 18), o come una volta parlando ai profeti nei sogni e nelle visioni, ma rivelato come uomo vero appariva visibile a noi come il re mite e pacifico (Mt. 21,5 e Zac. 10, 9), che silenziosamente viene giù come la pioggia sulla lana tosata (Ps. 71, 6) e noi abbiamo visto la sua gloria come la gloria dell’Unigenito venuto dal Padre pieno di grazia e di verità (Gv. 1, 14), attraverso Lui ci ha parlato Dio Padre da bocca a bocca e non in enigmi (Num. 12, 18). Di Lui rende testimonianza il Padre dicendo: Questo è mio figlio diletto (Mt. 3, 17) che è la sapienza (Sofia) il Verbo (Logos) e la forza (dynamis) (1 Cor. 1, 24. Gv. 1,1).

Nei profeti Egli ci è preannunciato, nel vangelo rivelato affinché tutti coloro che lo accettano e credono nel suo nome diventino figli di Dio (Gv. 1, 1). Noi tutti crediamo che questo sia la verità e il verbo e proclamiamo: Gloria a te, o Signore. Poi chiamò lo Spirito Santo che dona ombra attraverso la nuvola luminosa: Costui dovete ascoltare.

Inni della festa della Nascita di Cristo

Venite, rallegriamoci nel Signore, annunciamo il presente mistero. Il muro di separazione è stato abbattuto... Ed io ricevo una parte del paradiso della gioia dal quale fui allontanato a causa della disubbidienza. Perché l’immagine immutata del Padre è l'espressione della sua eternità, accetta la forma di un servo, procede da una madre che ignora la carne senza cambiare... Ciò che egli era, è rimasto, Dio, Colui che è. E ciò che non era, lo ha accettato, diventando uomo per amore del genere umano.

O Dio, nato dalla Vergine, abbi pietà di noi. Tutti gli angeli nel cielo danzano in giubilo, esulta di gioia tutta la creazione a causa del Nato a Betlemme, nostro Redentore e Signore. La follia degli idoli è finita, il re Gesù Cristo regna in eterno.

Contro ogni apparenza oggi il grande miracolo si è realizzato. La Vergine partorisce e la Madre rimane intemerata. Il Logos si veste di carne e il Padre rimane senza cambiamento. Gli angeli lodano Dio con i pastori e noi proclamiamo con loro: Gloria a Dio nell’alto dei cieli e pace sulla terra. Oggi partorisce la Vergine il creatore del Kosmos. L’Eden offre una grotta e la stella indica il Cristo, il sole per coloro che sono nelle tenebre.

I Magi adorano con le loro offerte, illuminati dalla fede. E i pastori vedono il miracolo. Gli angeli esultano cantando: Gloria a Dio nel più alto dei cieli. Quando all’epoca della sua apparizione sulla terra si fece la registrazione del mondo abitato, tu volevi che fossero registrati i nomi degli uomini che credevano alla tua nascita. Così fu proclamato l’ordine dell'imperatore.

Il tuo impero eterno senza principio fu rinnovato. Per questo offriamo noi stessi invece che le tasse in denaro, la ricchezza della dottrina divina ortodossa al Dio e redentore delle nostre anime.

Da una omelia sulla Santissima Annunciazione della Vergine Maria

Ti saluto, o piena di grazia, o benedetta (Lc. 1, 28) o brocca della Manna di puro oro (Es. 16, 33); tu tenda fatta di porpora. Sii salutata, o piena di grazia, o nuvola della presenza di Dio che diffonde una luce purpurea. O fontana dell’eternità. Sii salutata, o piena di Grazia, trono altissimo ed eccelso del creatore e redentore di tutto, che tiene nella sua mano tutto ciò che è in cielo e in terra. Salve, o tempio animato della gloria eccelsa, che si è incarnato per noi uomini accettando la carne per la nostra salvezza.

Salve, o piena di Grazia, che porta la vita e nutre il Datore di vita e che nutre col latte colui che fece sortire il miele dalla roccia (Dt. 32, 13). Salve, o piena di Grazia, montagna di Dio, o monte fertile, tu montagna protetta dall’ombra, montagna grezza, montagna rivelata da Dio. Salve, o piena di Grazia, gioia delle anime, venerabile e adornato santuario del mondo, buona ed efficace mediatrice dei peccatori. Salve, o piena di Grazia, porta degli afflitti, venerabile protezione di coloro che ti confessano col cuore puro, o Madre di Dio. Salve, o piena di Grazia, che hai partorito il Signore di filantropia per la salvezza dell’intero genere umano.

Salve, o piena di Grazia, rifugio compassionevole e miracoloso, al di sopra in bellezza di ogni spettacolo. Noi umili, ammoniti dalla scrittura ispirata da Dio, cantiamo così alla Sposa celeste, regina e Madre di Dio con le nostre labbra indegne.

La giustificazione delle immagini sacre

Da una lettera al vescovo Tommaso di Claudioupolis

Il ritratto dell’immagine del Signore secondo la carne serve come dottrina contro gli eretici che stupidamente blaterano che Egli si fosse incarnato nella immaginazione e non in verità.

Esso è anche un certo aiuto per coloro che non hanno la forza di salire le alte cime dalla visione spirituale, ma hanno bisogno di una certa contemplazione materiale al consolidamento dell’udito, il che dopo crea una maggiore utilità e uno zelo più intenso.

Perché il mistero che nel suo splendore era velato anche ai cieli, nascosto dalle eternità e dall’origine in Dio, creatore dell’universo, non é contenuto solamente nella fede dell’udito - perché la fede viene dall’udire, come dice l’apostolo (Rm. 10, 17) - ma viene anche impresso nel vedere nei pensieri dei vedenti.

Così viene annunciato con forza che Dio si è rivelato nella carne ed è stato creduto nel mondo (1 Tim. 3,16). Questo aveva delle conseguenze più sante e più salvifiche che tutto il resto e in questo modo si impresse nella memoria dei popoli in maniera indelebile tutto ciò che in seguito all’annunciazione dalla buona novella, fu scritto della sua vita in terra per essere annunciato il suo eccelso splendore con più efficacia, come altrettanto la sua bontà verso di noi. Non la mescolanza di legno e di colori viene venerata ma il Dio invisibile, Colui che è nel seno del Padre, Colui che è adorato nello spirito e nella verità (Gv. 4, 23).

Attraverso se stesso ci concede con grazia l’accesso al Padre, e con Lui insieme viene adorato. Perché anche Giacobbe a quanto pare si è inchinato davanti alla punta del bastone di Giuseppe (Gen. 47, 31. Ebr. 11, 22), attribuendo la sua venerazione non al legno ma rendendo gloria a colui che l’aveva in mano. Nello stesso modo anche l’immagine della Santissima e Veneratissima Madre del Signore viene contemplata e venerata.

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