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venerdì 6 maggio 2016

L’icona di Maria “Sorgente di Vita” (Zoodòchos Pighì) la cui festa si celebra il venerdì di Pasqua

“In quel tempo, Gesù levatosi in piedi esclamò ad alta voce: «Chi ha sete venga a me e beva, chi crede in me. Come dice la Scrittura, fiumi di acqua viva sgorgheranno dal suo seno». Questo egli disse riferendosi allo Spirito che avrebbero ricevuto i credenti in lui: infatti non c'era ancora lo Spirito perché Gesù non era stato ancora glorificato.” (Gv 7, 37-39)

"Tu che hai generato la Pioggia sovraceleste, ti sei dimostrata Fonte che fa scorrere la vita, o Vergine, e sempre tu fai sgorgare per noi dalla tua fonte il nettare dell'immortalità, l'acqua zampillante verso la vita con flussi melliflui. Bevendone, noi ti acclamiamo: Salve, o Fonte della Vita!". (tropario della festa liturgica, Niceforo Callisto Xantopulo).

FonteVita

La storia

La storia dell’icona “Sorgente di Vita” è intimamente legata a quella ancora più singolare dell’unico santuario mariano sopravvissuto fino ai giorni nostri a Costantinopoli (Istanbul). Il Santuario sorge ancora nel suo vecchio sito originario, davanti ai bastioni di Costantinopoli, a duecento metri dalla Porta d'oro, attualmente chiamata “di Silivri”, nel quartiere di "Balilkli". La struttura del luogo sacro è molto semplice: consiste di una chiesa, della fonte sottostante e di un camposanto che raccoglie le spoglie di un gran numero di Patriarchi di Costantinopoli.

Esistono due storie sull’origine del santuario, la più accreditata è quella scritta da Niceforo Callisto, grande storico del santuario. Niceforo narra di una fonte d’acqua miracolosa, scoperta quando il futuro imperatore Leone I (457-474) era ancora semplice soldato trace al servizio del potente magister militum in praesentis Aspare. Un cieco si era imbattuto presso la Porta d’oro a Costantinopoli ed aveva smarrito la strada; Leone Marcello, il futuro imperatore, si accorse dell’uomo perché, in preda alla sete, gemeva.

Malgrado Leone volesse aiutarlo, nei dintorni non vi era alcuna fonte d’acqua. Ad un tratto apparve al soldato la Madonna che gli indicò lì vicino il luogo ove, sotto un sottile strato di fango, affiorava una polla d'acqua; Leone chiese poi alla Vergine che, una volta divenuto imperatore, potesse costruire una chiesa ove tutti i fedeli pregassero per la conversione dei peccatori e bevessero di quell’acqua per guarire dai loro mali. Il cieco si dissetò e lavandosi il volto, miracolosamente riacquistò la vista. Salito sul trono imperiale, Leone si rammentò dell’accaduto e fece costruire una chiesetta in onore della Madonna, dandole il nome di "Zoodòchos Pighì" ("Sorgente di Vita").

La seconda versione attribuisce il santuario direttamente all’Imperatore Giustiniano (527-565), che in ogni caso ingrandì la chiesetta edificando una grande Basilica con annesso un monastero. Da allora la celebrità del Santuario crebbe di anno in anno fino a divenire la meta fissa di pellegrinaggi per gli Imperatori. I miracoli e le continue guarigioni, fino ai giorni nostri, non sono mai cessati.

Nella festa dell'Ascensione, l'imperatore e i suoi dignitari vi si recavano col clero in processione, durante la festa le fazioni in cui era divisa la città formavano dei cori che celebravano alternativamente le lodi della Vergine; è rimasto fino ai nostri giorni, perché conservatosi nel Libro delle cerimonie di Costantino Porfirogenito il canto con cui la fazione dei Blu celebrava la Madonna: “O fiume dove corre la vita senza fine, Fonte santa, noi cristiani abbiamo trovato te, te sola, Madre santissima del nostro Dio. Noi ti veneriamo come Theotokos, noi t'imploriamo con una bocca mai muta. Coprici fino alla fine, o Madonna Fonte di vita, con le ali della tua protezione”.

Nel secolo XIV il Santuario era divenuto uno dei luoghi sacri più importanti di tutto l’Oriente; Niceforo Callisto, autore dell'Ufficio della festa, elenca sessantatré miracoli, quindici dei quali avvenuti mentre egli era ancora in vita.

Nel 1453 i Turchi musulmani, dopo un lungo assedio alla capitale bizantina, conquistarono Costantinopoli e saccheggiarono chiese, monasteri e conventi. Le chiese che non furono demolite vennero trasformate in moschee. Presto il Sultano diede l’ordine di demolire anche il Santuario per usare il materiale per la costruzione di una moschea, ma i pochi cristiani rimasti ottennero il permesso di poter edificare sul luogo della fonte una chiesetta, anche questa distrutta nel 1821; successivamente essa fu ricostruita con il permesso del sultano Mahmoud II (1808-1839). Il 30 dicembre 1834 fu ultimata la ricostruzione del Santuario ed il patriarca Costantino II poté presiedere la cerimonia della Dedicazione alla presenza di dodici Arcivescovi e di una grande folla di sacerdoti e laici. Per il continuo grande afflusso di malati, Balilkli è stata chiamata anche la "Lourdes dei Bizantini". L’infermo che vi giunge viene immerso in una specie di piscina alimentata dall’acqua della fonte; si versa poi per tre volte l’acqua miracolosa sulle membra dolenti, e se ne fa bere al malato che viene poi avvolto da un telo bagnato che si lascia ad asciugare sul corpo.

L'icona

Il Santuario e la festa liturgica della Madonna "Sorgente di Vita" hanno da sempre toccato il cuore dei fedeli divenendo una fonte inesauribile di ispirazioni per una vasta gamma di raffigurazioni sia su tavola, sia musive, sia affrescate. Il modello di questa icona ha avuto le sue prime espressioni nei tipi iconografici più tradizionali (Odigitria, Elousa) per poi stabilizzarsi, intorno al XIV secolo, con la versione creata per il monastero annesso: Maria viene rappresentata seduta in una maestosa vasca simile ad un fonte battesimale, mentre tiene in grembo il Bambino. Le iscrizioni liturgiche richiamano sempre alla Zoodòchos Pighì (sorgente di vita).

Secondo la descrizione data dallo stesso Niceforo, nell’antico Santuario, in mezzo alla chiesa c'era una cavità al livello della sorgente, dalla quale si elevava una vasca da cui scorreva l'acqua. Sopra la sorgente, su quattro portici, si innalzava una cupola decorata con un mosaico appartenente al tipo della Vergine orante, ove era raffigurata la Madonna con le braccia levate e Gesù nel suo grembo. Quando veniva interrotto il flusso di acqua che dalla sorgente scaturiva nella vasca l’immagine del mosaico si rifletteva splendidamente nella grande vasca marmorea, producendo esattamente l’effetto dell’icona. Con buona probabilità la Madre di Dio deve essere apparsa a Leone Marcello proprio con le braccia sollevate in preghiera.

Prestissimo il modello iconografico divenne celebre al punto da spingere Dionigi da Furna a scrivere nel suo manuale dell’iconografo: "Una piscina tutta d'oro e la Madre di Dio nel mezzo, con le mani tese in su e, dinanzi a lei, Cristo che benedice con ambo le mani e tiene sul petto l'Evangelo con la scritta: "Io sono l'acqua viva", e due Angeli che tengono con una mano la corona al di sopra della testa della Vergine e, con l'altra, cartigli che dicono, uno: "Salve, fonte immacolata e vivificante", e l'altro: "Salve, sorgente immacolata, che hai ricevuto Dio". Sotto il fonte battesimale una cisterna con acqua e tre pesci dentro e, dall’una all’altra parte di essa: Patriarchi, prelati, sacerdoti, diaconi, Re e Regine, Principi e gran dame che si lavano e bevono con coppe e bicchieri, e molti infermi e paralitici che fanno lo stesso. Infine, sono raffigurati un sacerdote con una Croce che benedice un indemoniato, portatogli dinanzi per essere liberato dalla possessione diabolica, ed un capitano di vascello che versa l'acqua sul tessalo risuscitato" (cfr. Dionisio da Furnà, Ermeneutica della pittura).
La presenza dei pesci nella vasca è un chiaro richiamo geografico al quartiere ove sorge il Santuario: "Balilkli", che in turco significa "dei pesci".

Nell’icona qui in alto, la Madre di Dio è attorniata da due angeli che portano le insegne celesti (il bastone, merillo, misura ed il disco detto zercalo, specchio). La Theotokos si innalza dalla vasca offrendo all’adorazione il Divino Figlio, l’Agnello Immolato. Sulla cornice sinistra sono raffigurati San Basilio il Grande e San Giovanni Crisostomo, a destra San Gregorio e San Trifone.

La mariologia e la cristologia dell'icona

“Nel contesto mariologico, come suggeriscono i testi liturgici, il simbolo della sorgente si può interpretare in due sensi. Maria stessa è l’acqua o, al contrario, l’acqua è Cristo, Maria è la Fontana, la terra da dove l’acqua scaturisce, che da essa è resa fertile e fatta germogliare con ogni erba per abbellire e dare nutrimento ad ogni vivente” (T. Spidlik, M. I. Rupnik, “La fede secondo le icone”).

L’icona celebra quindi la molteplice funzione mediatrice di Maria in favore della Chiesa e dei fedeli. Molti padri della Chiesa si sono rivolti a Maria come a Colei dalle cui mani fruisce una fonte di grazie. A partire dal Cantico dei Cantici:

Prima che spiri la brezza del giorno e si allunghino le ombre,
me ne andrò al monte della mirra e alla collina dell'incenso.
Tutta bella tu sei, amica mia, in te nessuna macchia.
Tu mi hai rapito il cuore, sorella mia, sposa,
tu mi hai rapito il cuore con un solo tuo sguardo,
con una perla sola della tua collana!
Giardino chiuso tu sei, sorella mia, sposa, giardino chiuso, fontana sigillata. I tuoi germogli
sono un giardino di melagrane, con i frutti più squisiti,
alberi di Cipro con nardo, nardo e zafferano, cannella e cinnamomo
con ogni specie d'alberi da incenso; mirra e aloe
con tutti i migliori aromi. Fontana che irrora i giardini, pozzo d'acque vive
e ruscelli sgorganti dal Libano.
Ct 4,6-7.9.12-15)

per arrivare ad Albercio: "La fede ovunque mi guidava, e ovunque essa mi forniva in cibo un pesce di sorgente, grandissimo, puro, che la casta Vergine ha pescato, e distribuiva agli amici, tanto da cibarsene in perpetuo. Essa possiede un vino delizioso e lo dà con il pane". (Albercio, Vescovo di Gerapoli). Sant’Efrem Siro scrive: "Ave, Madre di tutti; ave, Sorgente di grazie e di consolazione per tutti". San Giovanni Damasceno, da grande innamorato di Maria qual era, replica: “Chi può dubitare che Maria sia la Sorgente della benedizione, la Fontana di tutti i beni?”.

Si arriva al V secolo, quando nel celebre Akathistos la Tutta-santa Vergine viene celebrata con questo titolo: "Roccia dalla quale sgorgano le acque di vita", "Sorgente di latte e di miele" (stanza XI), "Fonte dei sacri misteri", "Sorgente di acque abbondanti", "figura dell'antica piscina", "Fonte che monda le anime", "Coppa che versa letizia" (stanza XXI).


La concezione di Maria sorgente era assai diffusa anche nella tradizione popolare: esiste un noto romanzo cristiano scritto intorno al IV secolo (Exégesis tôn prachténton en Persìdi) nel quale si fa più volte riferimento alla somiglianza del nome di Maria con il mare e con l’acqua dalla quale tutta la terra trae nutrimento. Nel testo si sostiene che il vero nome di Maria sia Myria, perché nel suo seno Ella porta una enorme vasca, che contiene un solo Pesce (ictios), che con la sua carne nutre l’umanità intera, pur continuando a vivere come in un mare.

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