La tradizione vuole che questa icona sia stata
dipinta direttamente dall'evangelista Luca. Nel IX sec. l'icona era di proprietà
di una vedova che viveva a Nicea, città dell'Asia minore, attualmente scomparsa,
ma all'epoca molto famosa perché sede dei due noti concili ecumenici, nel primo
dei quali (325) fu composto il Credo di Nicea. Durante il regno dell'imperatore
iconoclasta bizantino Teofilo i soldati irruppero nella casa della vedova, dove
in una piccola cappella l'icona della Madre di Dio occupava il posto d'onore.
L'ordine dei soldati era quello di sequestrare e distruggere tutte le immagini
sacre trovate sia presso le case dei sudditi, quanto presso i luoghi sacri. In
segno di disprezzo, uno dei soldati sfregiò l'icona con la sua spada e subito
del sangue cominciò a sgorgare dalle guance della Vergine, proprio nel punto ove
la spada aveva colpito.
Sconvolto da questo miracolo, il soldato
rinunciò subito all'eresia iconoclasta e profondamente pentito entrò
immediatamente in un monastero. Su consiglio dello stesso soldato la vedova
nascose l'icona in modo da preservarla dalla follia devastatrice che
imperversava in quel periodo. Nessun posto però pareva sicuro alla donna e dopo
aver lungamente pregato di fronte all'icona, per chiedere consiglio alla Vergine
sul da farsi, la vedova decise di consegnare il capolavoro alle onde del mare.
Nottetempo si recò sulla spiaggia, fece scendere in mare una piccola
imbarcazione e vi adagiò sopra l'icona. Con sua immensa meraviglia e sorpresa,
la barca cominciò lentamente a muoversi, come se a bordo vi fosse un valente
rematore e lentamente iniziò la sua navigazione dirigendosi verso occidente.
La notizia della sottrazione dell'icona giunse
però alle orecchie dei soldati imperiali, cosa che costrinse il figlio della
vedova a fuggire dalla persecuzione iconoclasta, scappando sul monte Athos, ove
come monaco condusse una vita santa fino alla fine dei suoi giorni. Nel
monastero il giovane raccontò di come sua madre avesse consegnato l'icona ai
flutti e di come quest'ultima si fosse pian piano allontanata verso occidente.
Questo racconto si tramandò nei secoli da una generazione di monaci
all'altra.
Molti anni dopo, intorno al 1004, questa icona
apparve vicino al monastero di Iviron, "su un pilastro di fuoco" come la
tradizione Athonita racconta. In quel tempo, il santo monaco Gabriele era uno
dei monaci del monastero. La Madre di Dio apparve in sogno al monaco
chiedendogli di riunire l'abate e tutti i fratelli per riferire loro che era suo
desiderio che l'icona fosse recuperata dal mare e che proprio quell'icona
sarebbe stata per loro, origine di Grazia e di salvezza. Dopo molto scetticismo,
finalmente i monaci discesero sulla spiaggia e videro la colonna di luce su cui
poggiava la sacra icona. Provarono ad avvicinarsi ma, man mano che tentavano di
recuperarla, l'icona si allontanava nuovamente verso il mare. La Santa Vergine
apparve allora di nuovo in sogno a Gabriele dicendogli: "Entra nel mare, cammina
sulle onde con fede, e testimonia al mondo intero il mio amore e la mia
misericordia verso il monastero". La Vergine aggiunse poi a Gabriele, di
prendere l'icona con se, fra le sue mani e portarla a riva.
Obbediente alle parole della Theotokos,
Gabriele "camminò sulle acque come se fosse stata terra asciutta" - racconta la
cronaca del tempo - prese l'icona e la portò indietro con se fino alla spiaggia.
L'icona fu subito portata in processione nel monastero e deposta sull'altare.
Durante la notte, però la tavola sparì dal santuario. Grande fu il dolore dei
fratelli nel non trovarla più la mattina successiva. Iniziarono allora
febbricitanti ricerche per tutto il monastero, fintanto che, fra la meraviglia
di tutti, l'Icona fu ritrovata appesa ad una parete, di fianco alla porta del
monastero.
I monaci credettero a uno scherzo di qualche
confratello e si disposero a fare indagini in modo da poter individuare il
colpevole. L'icona fu intanto portata dentro il monastero sopra l'altare
principale. Il giorno successivo si ripete lo stesso fenomeno: l'icona fu
ritrovata di nuovo alla porta del monastero. Questo fatto si ripete ancora
diverse volte, malgrado fosse stata presa ogni misura di sicurezza opportuna.
Dopo diverse scomparse e ritrovamenti, la Santa Vergine apparve finalmente in
sogno a Gabriele, dicendo: "Annuncia ai tuoi fratelli, che da questo giorno in
poi non devono più spostare la mia Icona, perché io non desidero che la mia
icona sia protetta da voi, ma piuttosto che essa vi protegga sia in questa vita,
sia nella vita che verrà. Fin tanto che voi vedrete la mia icona nel monastero,
la Grazia e la misericordia di mio Figlio non vi abbandoneranno mai!".
Così i monaci decisero di seguire la volontà
della Madre di Dio, costruirono una chiesetta proprio vicino la porta del
monastero, ove posero l'Icona e dove si trova ancora fino a giorni d'oggi.
L'icona fu chiamata Icona della Madre di Dio di Iviron, ma, per via della sua
collocazione, anche la "Portaitissa" o la "Portiera". La protezione della santa
Vergine fu evidente non solo dai molti miracoli per i quali intercedette, ma
anche dalla totale immunità del monastero dagli attacchi di pirati e saraceni
molto frequenti all'epoca. La fama di questa Icona e dei suoi tanti miracoli
raggiunse anche la Russia attraverso i pellegrini che con fede visitavano il
monte Athos.
Nel XVII secolo il patriarca di Mosca Nikon,
chiese al monastero di spedirgli una copia dell'immagine. La santa immagine
giunta in Russia divenne ben presto una copiosa sorgente di miracoli, al punto
da richiedere la costruzione di una cappella speciale vicino le mura del
Kremlino. Grande fu la devozione del popolo russo verso l'icona in specie al
tempo della rivoluzione del 1917. La cappella fu distrutta dai bolscevichi e
dell'icona non se ne seppe più nulla.
È una delle più antiche immagini della Madre di
Dio, si pensa che sia forse la prima Odighitria (colei che indica la via),
"scritta" dal primo iconografo della storia: San Luca evangelista. Il Bambino è
sostenuto dalla mano sinistra della Vergine, mentre la mano destra indica il
Figlio, invitando alla sua adorazione.
La prospettiva della Madre di Dio è
rappresentata in 3/4 con la testa leggermente chinata verso il Bambino. L'intera
composizione può racchiudersi nel classico schema a croce, che vede la tavola
divisa in 9 rettangoli della medesima proporzione dell'icona. Nella parte alta
al centro dell'icona campeggia la Santissima Trinità (i tre Angeli). Esattamente
sulla linea di centro, la figura dell’Angelo centrale (il Padre) si congiunge
con l'occhio destro della madre (linea blu); volendo indicare la totale adesione
della volontà di Maria ai disegni di Dio. Il punto di centro esatto dell'icona è
indicato dalla cuspide bianca del chitone indossato da Maria, indicante, a mo’
di freccia, il gesto benedicente di Gesù e simboleggiante la benedizione di Dio
stesso. Gli assi mediani dei due volti sacri sono perfettamente paralleli.
Ancora parallele sono le linee che congiungono
entrambi gli occhi. L'intrecciarsi delle quattro linee parallele (linee rosse)
determina una croce obliqua orientata verso sinistra e completamente poggiante
sulle due figure volendo indicare la missione del Figlio e la compresenza in
essa della Madre. Gesù è fra le braccia della Madre, dalla posizione delle sue
gambe, che non seguono cioè il corpo della Madre, ma perfettamente piegate, si
nota il suo gesto di essere assiso in trono.
La particolarità dell'icona di Iviron è "la
cicatrice" sulla parte destra del viso della Madre di Dio a memoria della ferita
inferta dal soldato. Esattamente sotto la cicatrice alla base della "Croce"
ideale, formata dalle linee principali dell'icona, il gesto benedicente di Gesù
è chiaro simbolo della divina misericordia, malgrado il peccato inflitto
dall'uomo con lo sfregio sul volto della Madre. La storia stessa dell'icona si
rifà alla misericordia di Dio: il soldato una volta compreso l'errore si fa
subito monaco e conduce una santa vita. E' interessante ancora notare lo stretto
parallelismo fra la cicatrice sul volto dalla Madre, con il sangue che sgorga, e
la ferita al costato del Crocifisso. Se si immagina Gesù posto in croce sulla
forma ideale tracciata con le quattro linee parallele, risulta evidente come la
ferita di Maria si trovi poco più indietro di quella di Gesù (un passo
indietro), immaginando come punto di osservazione lo spettatore posto ai piedi
della croce.
Nessun commento:
Posta un commento