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venerdì 14 ottobre 2016

1 / 14 ottobre: La Vergine della cintura e del manto protettore (in russo «Pokrov»)

da: Egon Sendler, Le icone bizantine della Madre di Dio, ed. S. Paolo.

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Il santuario di Blacherne è stato in ogni tempo luogo privilegiato della devozione mariana di Bisanzio. Lì erano venerate le celebri icone miracolose della Madre di Dio, lì era conservata una delle più preziose reliquie, il velo della Madre di Dio. Esso attirava le folle e i pellegrini del mondo cristiano intero. Questo velo, omofórion (o maforion), era un lungo pezzo di tessuto che copriva la testa e il corpo delle donne come un mantello, fino alle ginocchia. In Oriente era la veste propria delle diaconesse e delle vergini consacrate. In Occidente diventa la veste tipica della Madre di Dio e delle sante donne.

Bisanzio doveva il maforion a un pio furto di due patrizi che l'avevano portato da Gerusalemme sotto il regno di Leone I (457-474). Da quel tempo il velo era custodito in una cassa trasparente nella chiesa di Blacherne. Per questo fatto la chiesa era spesso chiamata «chiesa della Santa Cassa». La cintura della Vergine sarebbe stata portata più tardi e deposta nella chiesa di Chalkoprateia, che divenne anch'essa «chiesa della Santa Cassa».

Senza discutere qui sull'autenticità delle due reliquie, è certo che i bizantini le consideravano le reliquie più preziose di tutte quelle conservate a Costantinopoli. La loro venerazione è attestata verso l'anno 1204, epoca in cui caddero in oblio, in seguito alla profanazione e demolizione del santuario da parte dei crociati. La Chiesa greca commemora la deposizione del velo il 2 luglio e quella della cintura il 31 agosto. Le due date erano senza dubbio quelle della dedicazione dei due santuari.

Durante le ufficiature l'espressione della fiducia nella protezione della Vergine, nella Vergine-Soccorso (Skèpi) , si ripete continuamente; «Tu ci hai dato, o Dio di misericordia, la tua Madre come soccorso». La presenza del velo preserva la città «contro i barbari senza fede né legge, contro la peste, contro i terremoti, contro la guerra civile». La veste sacra serve da rifugio sicuro, da recinto e da manto protettore. Allargando la metafora, 1'innografo aggiunge: «Col tuo velo venerato, o Tuttapura, tu copri l'intera distesa dei cieli rivestita di nubi. Quindi venerandolo con fede, noi ti glorifichiamo, o rifugio delle nostre anime».

La festa del Velo e quella della Cintura sono in verità la festa della Vergine-Skèpi, della Vergine-Soccorso. Del resto ella era invocata a Blacherne sotto il titolo di Epískepsis, che vuol dire «colei che porta soccorso». Questo titolo era inciso su un gran numero di monete e di sigilli bizantini a partire dal secolo X. Nei testi liturgici delle due feste, la venerazione delle preziose reliquie della Vergine passa in secondo piano e lascia posto all'idea da esse simbolizzata, cioè la protezione:

"A tutti i fedeli, come presidio d'incorruttibilità, tu hai dato la santa veste che ha protetto il tuo corpo, o santa protettrice degli uomini".

In altri testi l'innografo ha cura di spiegare le ragioni per cui i cristiani mettono la loro fiducia nella protezione di Maria: la causa prima del suo potere è il mistero della maternità divina e dell'incarnazione:

"Theotokos sempre vergine, rifugio degli uomini, tu hai dato alla nostra città, come possente difesa, la tua veste e la cintura"...

In Russia si canta: "coprici, o Regina con l'omoforio della tua misericordia..., o Pokrov e difesa degli uomini, Pokrov e potenza dei credenti... col tuo soccorso i re ortodossi sono coronati. Grazie a te ottengono vittoria contro i pagani, perché tu li copri con l'omoforio della misericordia... Soccorso nelle lotte degli zar credenti, salvaguardia nelle guerre... Pokrov del mondo"...

Da secoli Bisanzio metteva la sua fiducia nella protezione della Vergine: i bizantini celebravano questa protezione secolare nelle due feste del 2 luglio e del 31 ottobre, che divenivano anche feste nazionali. In Russia si concentrarono nella festa detta "Pokrov". Le origini debbono essere ricercate nel Nord della Russia. Si può supporre che questa devozione venne favorita dai vescovi di Novgorod dopo il secolo XII. Il culto della Vergine protettrice era molto diffuso fra la popolazione di questa città, che doveva difendere la sua indipendenza. I vescovi dell'epoca, desiderosi di dare alla vita religiosa un aspetto originale e locale, trovarono nel racconto della visione di sant'Andrea il Folle un tema corrispondente alle loro aspirazioni. E poiché i popoli slavi non avevano una tradizione di devozioni a gloria della Vergine, e le reliquie di Blacherne e Chalkopratia erano per loro oggetti molto lontani, è nella festa del Pokrov che la Russia esprime la sua fiducia nella protezione della Madre di Dio.

L'icona

Nella composizione dell'icona russo-bizantina, chiara e ben strutturata col suo sfondo costituito da edifici sacri (il santuario delle Blacherne altamente stilizzato), possiamo scoprirvi i tre elementi storici la cui interpretazione pone dei problemi. Questi elementi sono diversi per la loro cronologia, ma unificati dall'idea che esprimono: la protezione della Madre di Dio. Li esamineremo seguendo il loro ordine d'importanza.

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La visione di sant'Andrea il Folle

Sant'Andrea il Folle (seminudo sulla destra dell'immagine) brillò per l'innocenza dei costumi, lo spirito di preghiera e di penitenza in mezzo alla Bisanzio del secolo X. Il racconto della sua vita, scritto poco tempo dopo la morte, presenta garanzie certe di autenticità. Di origine scita e di nazionalità slava, era schiavo presso la casa di un uomo ricco, imparò il greco e fu elevato all'incarico di notaio.

Presto diede segni di demenza. Il suo padrone lo fece rinchiudere nella chiesa di Sant'Anastasia. Dopo tre mesi, non essendo migliorato, venne abbandonato alla vita errante. Ebbe momenti di amnesia involontaria o simulata per il desiderio di umiliazione, si consacrò alla preghiera e alle opere di carità, prodigò i suoi consigli ai piccoli e ai grandi.

Una notte, mentre stava per terminare la dossologia a Blacherne, all'improvviso Andrea fu rapito in estasi in mezzo alla folla. Vide chiaramente coi suoi occhi una Signora, di statura molto alta, avanzare dalle porte regali, circondata da un corteo armonioso. A destra e a sinistra, il venerabile Prodromo (il Precursore Giovanni Battista) e il Figlio del tuono (Giovanni l'evangelista) la sostenevano con le loro mani; una processione numerosa di santi, vestiti di bianco, l'accompagnava... Quando il corteo raggiunse l'ambone, Andrea si rivolse al suo discepolo Epifanio domandandogli: «Vedi la Padrona e Signora dell'universo?». Questi rispose: «Sì, vedo, padre mio spirituale». E davanti ai loro occhi, piegando a lungo le ginocchia, la Signora pregò, lasciando scorrere lacrime sul suo viso d'aspetto divino e immacolato. Terminata la preghiera, si avvicinò al santuario, cominciando di nuovo a pregare per il popolo che la circondava. Allora si tolse il velo scintillante e, allargandolo con imponente maestà, lo mantenne steso con le sue mani pure e ne coprì tutto il popolo che stava al di sotto. Durante un tempo considerevole, quei veggenti straordinari lo contemplarono steso sopra la folla e irradiante tutt'intorno una gloria divina.

Il «miracolo abituale» di Blacherne

Un secolo dopo la visione di sant'Andrea il Folle, le cronache bizantine riferiscono la storia di un altro velo che attirava le folle a Blacherne. Nel 1061, regnante l'imperatore Romano II, fu scoperta una icona della Vergine, differente dalla Blachernitissa: era stata nascosta sotto l'intonaco di un muro per sottrarla agli iconoclasti. Ogni settimana, il venerdì sera, il ricco velo di seta che la ricopriva abitualmente si alzava da solo e da solo si abbassava all'ora nona del sabato (nell'immagine il compito è svolto dagli angeli). La Theotokos con le mani elevate appariva allora nel bagliore proiettato su di lei da una luce copiosa. La cassa trasparente in cui era rinchiusa la reliquia del velo scintillava di mille luci. Non sembra esagerato vedere in questo fenomeno non un miracolo, nel senso etimologico della parola, ma un semplice spettacolo, che meravigliava la folla e i cui preparativi sfuggivano al pubblico. Anche in Occidente nel Medioevo si utilizzavano delle macchine per gli spettacoli non liturgici, i «misteri». Ciò non impediva che fossero un ammaestramento per la devozione. A Costantinopoli, l'imperatore come il popolo prevedevano avvenimenti felici o funesti a seconda della frequenza o assenza del miracolo. Il prodigio si sarebbe rinnovato fino al 1204, epoca in cui cadde nell'oblio in seguito alla profanazione e distruzione della chiesa di Blacherne.

San Romano il Melode

Sotto la scena del Pokrov, l'icona mostra il miracolo di san Romano il Melode (al centro in basso). Esso non ha alcun rapporto con la visione di sant'Andrea, perché avvenne nel secolo VI, al tempo dell'imperatore Giustiniano, e non nella chiesa di Blacherne, ma a Santa Sofia di Costantinopoli. L'aggiunta di san Romano, a cui sono attribuiti numerosi canti liturgici e anche l'inno Acatisto, è motivato innanzi tutto per la funzione di diacono da lui esercitata, si dice, nella chiesa di Blacherne, e poi per il fatto che la sua festa ricorre nello stesso giorno della celebrazione del Pokrov, il 1° ottobre. I menologi raccontano che Romano aveva perso l'uso della voce; ma durante l'ufficiatura di Natale, davanti ai sovrani e al patriarca, ricevette l'ordine di cantare. Tra la grande sorpresa e ammirazione dell'uditorio, intonò per la prima volta il suo celebre Kondakion della Natività: «In questo giorno la Vergine dà alla luce l'Eterno...». La tradizione bizantina riconosce in questo fatto il meraviglioso intervento della Madre di Dio e la consacrazione di questo poeta liturgista che è venerato nelle Chiese d'Oriente come un santo.

Vi sono dunque quattro elementi che si riflettono nell'icona del Pokrov: la reliquia del velo della Vergine, la visione di sant'Andrea il Folle, il «miracolo abituale» e il miracolo di san Romano. Essi formano uno sfondo teologico da cui emerge l'idea centrale del Pokrov. Ma qual è la loro importanza e il loro ruolo nell'insieme? Parecchie questioni si pongono e parecchie soluzioni sono state proposte senza raggiungere l'unanimità fra gli esperti; possono però contribuire a una migliore comprensione sull'origine e sull'evoluzione del tema del Pokrov. A partire dal 1600 circa in Russia appare il soggetto nella sua forma più completa. Lo sfondo della chiesa è separato in sette navate. Sopra i cori dei santi, con al centro la Vergine, due angeli stendono il velo. La parte inferiore rappresenta una vera iconostasi con colonne e veli. Davanti alle porte regali chiuse sta in piedi san Romano tenendo in mano un cartiglio su cui sono scritte le parole del kondakion di Natale.

Il significato

Qualunque sia stata l'origine dell'icona del Pokrov, il suo interesse non è soltanto storico ma anche teologico. La sovrapposizione di due temi distinti - del Pokrov e del miracolo di san Romano il Melode - può anche essere interpretata come una subordinazione del tema del Pokrov a quello dell'incarnazione, perché, trasferita l'icona da Blacherne a Santa Sofia, in questa chiesa fa parte della celebrazione della vigilia di Natale. Qual è dunque il significato di questo fenomeno?
Si sa che nell'iconografia le scene composte fanno la loro apparizione verso la fine del Medioevo. Qual è la «realtà» rappresentata in questo modo? Nelle icone la «realtà» prende l'aspetto di scene di culto, che celebrano nello stesso tempo le immagini della Theotokos, le reliquie delle sue vesti e anche qualche miracolo accaduto nei santuari di Costantinopoli. Si tratta, in altri termini, di aspetti sacralizzati della realtà.

Così l'icona del Pokrov supera, per la sua composizione «sinottica», la dimensione storica delle scene rappresentate, per esprimere l'idea della permanente protezione che Maria esercita su Bisanzio. Infatti, i quattro elementi - la venerazione del velo della Theotokos, il «miracolo abituale», la visione di sant'Andrea il Folle e il miracolo di san Romano il Melode - riflettono una sola idea, cioè l'esperienza secolare della protezione della Vergine. Questa realtà appare sull'icona nella cornice della liturgia, come una celebrazione solenne. Per questo fatto il messaggio del Pokrov supera i limiti di una semplice devozione locale per raggiungere una dimensione universale. La soppressione delle dimensioni dello spazio e del tempo, come anche la prospettiva inversa, non sono più semplici mezzi artistici, ma divengono l'espressione di questa realtà sacra. Il problema circa l'origine del tema del Pokrov diventa allora secondario.

«Il velo immenso e temibile»...

Le icone del Pokrov danno due interpretazioni diverse del velo: secondo la prima interpretazione il velo, molto grande, è steso dagli arcangeli Michele e Gabriele. Così è rappresentato nelle icone di Novgorod. L'altra interpretazione, seguita dalla scuola di Mosca, mostra la Vergine in preghiera, che tiene lei stessa il velo sospeso con le sue braccia alzate sopra l'assemblea dei fedeli. Qual è il significato del velo steso? E’ il maforion protettore, è la tenda pronta a sottrarre agli sguardi la visione furtiva del «miracolo abituale»?

Dal concilio di Efeso (431) in poi la Chiesa non ha cessato di proclamare la stretta relazione esistente tra la maternità divina di Maria e il suo ruolo di aiuto come madre dei cristiani. Il tema del Pokrov si fonda dunque su una lunga tradizione cristiana. Vedere nel velo dell'icona una semplice allusione al «miracolo abituale» sembra quindi del tutto insufficiente. Si può del resto notare che il velo si abbassa ma non risale, che gli angeli con le loro mani abbozzano il gesto di stenderlo ma non di trattenerlo. Il velo appare come un tetto; attraversa i cieli e protegge l'assemblea. Raffigura la potenza e la protezione della Vergine, è a un tempo simbolo e realtà.

Il gesto di coprire qualcuno col proprio vestito, in Oriente come in Occidente, era un segno naturale di protezione, indipendentemente da ogni convenzione sociale. L'adozione avveniva, a Bisanzio e in Russia, coprendo l'adottato col mantello. … Maria è il rifugio del mondo, tectum mundi. È possibile che la fama della reliquia di Blacherne abbia potuto trasformare il maforion bizantino in un ampio mantello solenne. La stessa idea di protezione è così espressa da simboli appena differenti: skèpi, pokrov, pallium, simboli profondamente umani che rendono presente una realtà propriamente cristiana, perché sorge dal cuore di ogni popolo battezzato.

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